Cosa succede quando un bambino terrestre (armato di una benda fichissima sull’occhio), per scappare dalla solitudine, arriva nello spazio e diventa ambasciatore intergalattico? Elio, l’ultima magia della Pixar, è un viaggio in due tipologie di infinito: da una parte il cosmo, dall’altra il vuoto interiore.
Un binomio che viene raccontato anche grazie alla colonna sonora.
Il cuore dell’universo
Piccola premessa: la Pixar è molto attenta al ruolo delle sue colonne sonore, ben lontane da essere meri sottofondi. Ogni lungometraggio ha il suo suono, la sua musica, cucito su misura e iconico.
Molti compositori – soprattutto quelli della vecchia guardia, tipo John Williams – scelgono di creare dei themes che aiutano lo spettatore a definire i contorni dei personaggi.
Un metodo che le nuove generazioni stanno abbandonando per dedicarsi ad approfondire musicalmente gli ambienti in cui camminano i protagonisti della storia.
Un po’ come camminare attraverso mille stanze, arredate ognuna in modo diverso: il soggetto è uguale, cambiano solo gli scenari.
La musica di Elio: un mix di pop, disco e orchestra
Ed è questo che farà Rob Simonsen, papà della colonna sonora di Elio, che confeziona una piccola meraviglia nostalgica e fantascientifica di pop, space disco e musica orchestrale.
I dettagli dell’universo di Elio sono strepitosi, musicando ogni pianeta e contesto. Dall’austero Hylurg, caratterizzato da cori maschili e fiati bassi, al Communiverse, la cui coralità di personaggi provenienti da ogni dove viene espressa tramite un linguaggio, ottenuto tramite l’assemblamento di parole e consonanti che scimmiottano bonariamente la parlata degli esseri umani.
Altre tracce hanno un’andatura simile a onde gravitazionali, come se la musica imitasse lo sguardo di Elio rivolto insistentemente al cielo.
Ed infine i semplici accordi di pianoforte, delicati e teneri, che custodiscono la paura di essere soli, di sentirsi fuori posto. Che tu sia un Maggiore, un bambino o un soffice alieno che rifiuta la cultura della sua famiglia.
È un continuo dualismo tra su e giù, dentro e fuori, extra e in, ma che ci insegna che anche nella solitudine più profonda (letterale o metaforica) bastano la giusta mano e la nota corretta a riportarci a casa.
di Martina Vidreep