Pioggerella di primavera

L’ennesima volta che qualcosa non va e accade ciò che accade, è un iter che non riesco a infrangere. Un loop infernale dove succede qualcosa all’interno di un contesto positivo e io mi concentro su quel dettaglio tralasciando tutto il resto.

Mi concentro e mi deprimo, arriva la malinconia, e mi sento in colpa perché non dovrei essere triste per qualche robetta, e il loop ricomincia.

Ogni volta che mi sento così, c’è una strana calma nell’aria, come se il mondo stesse trattenendo il fiato insieme a me. Stasera non fa eccezione. Mi siedo sul materasso, guardando il vuoto della stanza in penombra. Le lenzuola sono ammucchiate in un angolo, fredde al tatto, come se anche loro volessero mantenere le distanze. Non dormo più da solo da tempo, ma non basta.

Durante la notte si è sempre soli.

Respiro piano, cercando di mettere ordine nei pensieri, ma tutto si accavalla e si confonde. C’è quel nodo in gola che non riesco a sciogliere, quella sensazione pesante sul petto. Come la pubblicità del tizio che si sveglia con il cinghiale sullo stomaco. Fuori, il silenzio è assordante. E poi, come se lo avessi previsto – come se lo aspettassi da sempre – comincia a piovere.

Ripenso alla canzoncina di Bambi con “la pioggerella di primavera”.

Amo la pioggia. Sempre, anche se sono fuori sotto la pioggia. Le prime gocce battono contro il vetro della finestra. Le guardo tipo staring contest. Da piccolo pensavo che fosse una coincidenza, ma poi è successo troppo spesso per esserlo davvero. Ogni volta che la malinconia arriva, inizia a piovere. Non ha senso, non funziona così il mondo, ma succede e ormai non mi stupisce più.

Il suono della pioggia riempie la stanza e per un attimo mi sento meno solo, come se il cielo capisse. Ridacchio nel buio e sussurro “lo so”, con il tono di Han Solo.

Se di nubi si oscura il cielo

Apro gli occhi e guardo oltre il vetro: la via grigia, i lampioni che piangono, le auto che arrugginiscono.

Piove malinconia. Resto lì, immobile, a sentire la pioggia che cade. E capisco che ogni volta che il peso dentro di me cresce, il cielo lo condivide. Piove perché deve. Piove per me.

Forse piove egocentrismo, ma è ciò che sento. Ogni tanto alcune cose accadono e noi le leggiamo come segni inequivocabili dell’entropia universale, quindi non giudicatemi se penso, almeno questa notte, che piova per me.

Mi dispiace per i disagi, l’umidità e tutto quanto, ma piove ogni volta che sono malinconico. Ora l’ho capito e con questa nuova sicurezza che non so ancora come digerire, metto le mani sulle ginocchia, arriccio le dita dei piedi che spuntano sotto i pantaloni del pigiama e mi alzo. Avvolgo la copertina viola abbandonata sulla poltrona sulle spalle e mi trascino nel mio studio attraversando il corridoio buio.

Accendo il PC, ma lui non riesce ad accendere me. Vorrei scrivere con la pioggia di sottofondo ma riesco solo a far partire Diablo 4: lo tengo silenzioso e mi abbandono allo scrosciare mentre teste di demoni saltano sul mio schermo.

Ascolto la mia malinconia che viene lenita e portata a valle dalle gocce che ormai dal cielo sono diventate un fiume.

La pioggia mi vuole bene.

di Daniele “Il Rinoceronte” Daccò

Daniele Dacco
Daniele Dacco
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