Musica e Fake News: le 5 bufale più diffuse

Si potrebbe pensare che il fenomeno delle fake news sia nato insieme alla grandissima diffusione di Internet. In realtà, questo mezzo di comunicazione e informazione non è poi così colpevole. Senza dubbio, come tutti gli strumenti, se usato bene, può essere capace di cose straordinarie. Così come se usato male può essere un buco nero che risucchia tutto e ce lo risputa alterato e mistificato. Le bufale e le leggende metropolitane, però, soprattutto quelle che ruotano intorno alla musica e ai personaggi misteriosi e bislacchi del rock e del pop, hanno origini ben antecedenti alla nascita del Web. E spesso i protagonisti stessi, forse anche per ragioni di marketing, non hanno fatto molto per “debunkarle” ma, anzi, in alcuni casi le hanno persino alimentate. Certo è che, prima di internet, rimanevano “chiacchiere da bar” tra appassionati.

La colpa della Rete è più che altro quella di far tornare in giro leggende già “sbufalate” da tempo e di estenderle a macchia d’olio, rendendole sempre più difficili da sradicare. Ma si sa, la smentita non fa mai notizia.

Tenterò di contrastare questo fenomeno raccontandovi qualcosa sulle cinque fake news a tema musica più diffuse:

1. Gli occhi di David Bowie

È opinione diffusa che David Bowie fosse caratterizzato da eterocromia, vale a dire che possedesse le iridi degli occhi di due colori differenti, uno chiaro e uno scuro. In realtà il Duca Bianco aveva entrambi gli occhi azzurri, ma da ragazzo un incidente durante una rissa gli causò una paralisi a una delle due pupille, che risultava permanentemente dilatata. Questa dilatazione della pupilla dava l’impressione che uno dei due occhi fosse scuro, risultando solo in apparenza un caso di eterocromia.

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2. L’assolo di Innuendo

Il 14 gennaio del 1991 usciva Innuendo dei Queen. Il singolo anticipava l’uscita dell’album omonimo, l’ultimo pubblicato con Freddie Mercury ancora in vita, che vide la luce il 4 febbraio. Nei credits del brano riportati all’interno del booklet disco è indicata una “additional spanish guitar – somewhere in the middle” (chitarra spagnola addizionale – da qualche parte nel mucchio), attribuita a Steve Howe. Questo ha fatto in modo che si diffondesse l’errata convinzione che il famoso assolo di chitarra fosse stato eseguito interamente dal chitarrista degli Yes e non da Brian May. In realtà Howe ha collaborato, secondo la dicitura e recenti interviste, aggiungendo “solo” ulteriori “svolazzi” e abbellimenti improvvisati che impreziosiscono l’arrangiamento già completo di chitarre classiche di Brian May. Possiamo dire dunque che la celebre sezione di flamenco di Innuendo sia frutto di un “duetto” da parte dei due chitarristi.

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3. Al Bano VS Michael Jackson

Per quanto possa sembrare surreale, sì, Al Bano, al secolo Albano Carrisi, ha veramente portato in tribunale il Re del Pop. Leggenda vuole anche che il cantante pugliese abbia addirittura vinto la causa contro Michael Jackson, ma questo non corrisponde al vero.

Andiamo con ordine: è il 1991 e Jackson pubblica il suo ottavo album in studio, Dangerous. In questo disco è contenuta la traccia Will you be there, che Carrisi riconosce come estremamente simile alla sua I cigni di Balaka del 1987. Decide di presentare una denuncia per plagio e riesce perfino a far ritirare le copie del disco di MJ dai negozi italiani.

Dai rilievi risulta che, per quanto assurdo, Carrisi ha ragione: la somiglianza tra i due brani è innegabile. Jackson si difende dicendo di non aver mai sentito prima né la canzone di Al Bano, né Carrisi stesso. E allora com’è che Al Bano non ha vinto la causa?

Colpo di scena: salta fuori un brano del 1937, intitolato Bless You For Being An Angel, da cui sia Jackson che Carrisi risultano aver “copiato”. I detentori dei diritti di Bless You, tra cui la Sony, citano in giudizio entrambi i cantanti che si dividono le spese legali di tutto questo carrozzone. Lo scontro epico finisce in parità. Ah, e ovviamente Dangerous venne rimesso in commercio in Italia, con buona pace di Al Bano.

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4. Cantanti morti che invece sarebbero vivi

Le motivazioni della diffusione di queste fake news possono essere tante. A volte queste bufale partono dai fan che non si vogliono arrendere alla scomparsa della loro icona preferita, oppure si tratta di puro e semplice complottismo. Fatto sta che la lista di celebrità che avrebbero inscenato la propria morte per tornare all’anonimato su un’isola dove fare la bella vita in santa pace è piuttosto lunga. Alcuni esempi sono: Elvis Presley (che ormai avrebbe comunque novant’anni) e lo stesso Michael Jackson. Al di fuori del mondo musicale invece si elencano la principessa Diana Spencer e persino Moana Pozzi. Insomma, quest’isola segreta sembrerebbe essere un pochino affollata.

Parrebbe aver scelto invece un altro “nascondiglio” Jim Morrison. Secondo il documentario Before the End: Searching for Jim Morrison uscito a gennaio 2025, il celebre frontman dei Doors sarebbe stato identificato in un uomo barbuto di 81 anni di Syracuse, nello Stato di New York. Ai posteri l’ardua sentenza.

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5. Cantanti vivi che invece sarebbero morti

Anche la teoria del complotto dello scambio di persona è molto quotata. Secondo queste trame, quando una celebrità muore e il pubblico o il business non sono pronti ad affrontarne la perdita, essa verrebbe sostituita da uno o più sosia. Oppure, addirittura, da un clone o un essere di origine aliena (vedi rettiliani & company).

Questa sarebbe la sorte toccata per esempio a Avril Lavigne. In realtà, la cantautrice canadese si è allontanata dalle scene per un po’ dopo aver contratto, a causa del morso di una zecca, la malattia di Lyme. Questo morbo l’ha colpita nel 2013 ma lei è riuscita a rivelarlo ai suoi fan solo nel 2015. Non è chiaro se è stato proprio questo evento ad alimentare la leggenda metropolitana della sua morte. Alcune versioni della bufala, infatti, la vedrebbero deceduta già nel 2003, all’apice della sua irruzione nella scena musicale mondiale.

Ad Avril, icona del punk pop, auguriamo una lunga carriera e una vita felice, a dispetto delle fake news.

Paul is Dead

paul is live

Ma la fake news sulla musica più celebre e diffusa è senza alcun dubbio quella che prende il nome di Paul Is Dead.

Paul McCartney e un’autostoppista di nome Rita sarebbero morti in un incidente stradale mercoledì 9 novembre del 1966 e il bassista sarebbe stato sostituito da tale William Stuart Campbell. Complice forse la quasi totale assenza di esibizioni dal vivo dei Beatles tra il ’66 e il ’68, già nel 1969 iniziarono a diffondersi voci sulla presunta morte di McCartney e del suo conseguente rimpiazzo.

E i Beatles, vecchi volponi, consapevoli di quanto questa storia misteriosa potesse giocare a loro favore, se da un lato smentivano ufficialmente la vicenda, dall’altro iniziarono a disseminare le copertine dei dischi e i testi delle canzoni di vari “indizi” che alimentavano la convinzione dei fan di “avvicinarsi alla verità”.

La cosa divertente è che a molti ascoltatori la cosa è sfuggita di mano. Alcuni trovavano simbologie, riferimenti alla vicenda e “confessioni” anche nei lavori precedenti alla presunta morte di Paul!

Tra frasi al contrario nascoste in testi già criptici (sul discorso backmasking torneremo in un articolo apposito) e scritte visualizzabili solo grazie al posizionamento di uno specchietto in precisi punti di una fotografia, i Fab Four e il loro staff devono essersi proprio divertiti.

Lo stesso McCartney, nel suo disco dal vivo Paul Is Live del 1993, già dal titolo ha scherzato sulla faccenda. La copertina richiama quella di Abbey Road, tra le più “dense” di indizi secondo i complottisti. Nel disco del 1969 appare un’auto con la targa che dice “28 if”. I fan interpretano questa dicitura come l’età che Paul avrebbe avuto se fosse stato vivo. In Paul Is Live, la stessa auto riporta la targa “51 is”, come per dire “ho 51 anni e sono vivo”.

Personalmente mi rifiuto di credere che canzoni come Hey Jude o Let It Be, scritte dopo la fatidica data del 9 novembre 1966, siano state composte da un impostore. Sarebbe stata una botta di culo troppo grande per il pianeta Terra avere non uno ma ben due Paul McCartney.

E, onestamente, forse non ce lo meritiamo.

di Marta “Minako” Pedoni

Marta Pedoni
Marta Pedoni

Marta Pedoni è una cantante, attrice e performer. Ha inoltre studiato doppiaggio cantato a Roma presso la Scuola Ermavilo fondata da Ernesto Brancucci.
In arte Minako, sceglie questo nome in onore di Sailor Venus. Classe 1990, la sua vita (nonchè la sua personalità) si divide tra arte e scienza, in equilibrio tra razionalità e sensibilità. Tutto ciò si traduce, per farla breve, in una Principessa Disney laureata in Tecniche di Laboratorio Biomedico.

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