Qualche tempo fa vi ho parlato di alcuni esempi di collaborazioni musicali che sembravano scritte nel destino. Da quella storia rimase tagliato fuori uno dei sodalizi artistici più affascinanti ed enigmatici del rock, almeno a mio parere. L’unica ragione di quella “esclusione” fu che un episodio così memorabile meritava di essere raccontato in un articolo a parte. È finalmente giunto il momento di prendermi tutto il tempo e lo spazio necessari per narrarvi la genesi di Under Pressure, il celebre brano firmato dai Queen e David Bowie.
L’incontro ai Mountain Studios di Montreux
A fare da sfondo a questa storia ci sono i Mountain Studios, acquistati dai Queen nel 1979. Gli studi di registrazione si trovano a Montreux, in Svizzera, sul lago Lemano. Sì, la stessa località dell’incendio del Casinò, causato da un razzo segnaletico sparato da uno spettatore a un concerto di Frank Zappa nel 1971. E sì, è lo stesso episodio di cui parlano i Deep Purple in Smoke on the water (Machine Head, 1972), ma questa è un’altra storia.
David Bowie nel 1981 si trovava ai Mountain per registrare le voci di Cat People (Putting Out Fire), brano scritto con Giorgio Moroder per la colonna sonora del remake del film horror Il bacio della pantera. I Queen invece avevano appena iniziato a lavorare al nuovo disco, quello che poi sarebbe diventato il famigerato Hot Space (anche di questo vi parlerò più approfonditamente in futuro… Forse!). Tra le bozze per la nuova fatica discografica, vi era una demo incompiuta, attribuita al batterista Roger Taylor, che aveva come titolo provvisorio Feel Like. Tuttavia, la canzone non convinse la band e venne accantonata.
L’esperimento Cool Cat
Quando David Bowie passò a salutare i Queen, proprietari degli Studios, la band gli propose di partecipare ai cori di una delle tracce che entrò a far parte di Hot Space, Cool Cat. In seguito, il Duca Bianco comunicò ai Queen di non essere soddisfatto del suo contributo al pezzo e di desiderare l’eliminazione delle sue parti vocali. Sfortunatamente questa sua volontà venne esternata alla band solo a ridosso dell’uscita del disco, causando un ritardo nella pubblicazione. Per i curiosi, segnalo che esiste comunque in circolazione una demo di Cool Cat in cui è possibile ascoltare ancora la voce di Bowie (per esempio qui). L’esperimento Cool Cat non ebbe fortuna e non diventò una collaborazione ufficiale tra i Queen e il Duca Bianco. La canzone che invece vide la luce consegnandosi alla Storia fu proprio Under Pressure.
Ma com’è nata, dunque?
La genesi di Under Pressure
In un momento di pausa, i Queen e David Bowie, per puro divertimento, si ritrovarono a suonare canzoni dalle loro discografie e di quelle di altre band, come i Cream. Presto le cover si trasformarono spontaneamente in una jam session in cui gli artisti si resero conto che stava nascendo qualcosa di nuovo. Ma soprattutto, si accorsero che l’occasione andava presa al volo.
Alcune idee che venivano fuori erano influenzate e direttamente recuperate dalla scartata Feel Like di cui vi accennavo poco sopra, ma a un certo punto avvenne la magia: John Deacon se ne uscì con l’ormai mitica linea di basso che caratterizza e sorregge tutta Under Pressure. Quella fu l’intuizione che realmente diede il via alla canzone. Stava ufficialmente nascendo una versione embrionale della prima collaborazione dei Queen con un altro grande artista.
Più avanti, lo stesso Deacy non riuscì ad attribuire a sé stesso la paternità di quel riff, probabilmente perché si rese protagonista di un episodio che rischiò di mandare tutto alle ortiche. Si racconta che i cinque posarono gli strumenti per andare a mangiare una pizza. Al loro ritorno, quando Deacon imbracciò nuovamente il basso, si era completamente dimenticato ciò che aveva tirato fuori poco prima. Andando a tentativi, Bowie riuscì ad aiutarlo a ricostruire la linea giusta. Forse per questo il bassista non rivendica la proprietà intellettuale del giro di basso, attribuendola a Bowie. Tuttavia, Brian May e Roger Taylor sostengono che fosse totalmente farina del sacco di John Deacon.
Fu Freddie Mercury, a quel punto, a spingere affinché continuassero a lavorare, praticamente per ventiquattro ore consecutive, affinché non perdessero il momento di creatività e non rischiassero di vedere a mente fredda ciò che stavano realizzando in maniera diversa e magari lasciar perdere tutto.
Le tensioni e gli equilibri
Non sono state ventiquattro ore serene e pacate, in ogni caso. Già tra i quattro Queen in quel periodo c’era un’atmosfera piuttosto tesa. Tanto che in seguito, durante le registrazioni di Hot Space, il placido John Deacon, senza preavviso e per evitare ulteriori discussioni, semplicemente non si presentò in studio lasciando un post-it con su scritto solo “Went to Bali” (episodio che verrà poi citato più avanti in Was it all worth it, tratta da The Miracle). Figuriamoci quanto poteva essere difficile conciliare la personalità ingombrante di David Bowie con i quattro ego delle Regine.
Era necessario, per stabilire un equilibrio, che qualcuno si assumesse la responsabilità delle decisioni riguardo la direzione che la canzone dovesse prendere e che gli altri facessero un passo indietro, lasciandosi guidare. Brian May in particolare dichiarò di aver sofferto questo passaggio, ritenendo anche che le sue parti di chitarra fossero state troppo sacrificate, così come un po’ in tutto Hot Space.
Pare che sia stato David Bowie, infatti, a prendere in mano le redini della situazione, soprattutto una volta deciso lo scheletro della base musicale, anche se John Deacon sostiene che l’apporto di Freddie fosse molto più incisivo di quanto si racconta. Secondo il bassista, il nucleo centrale del brano era essenzialmente scaturito da Mercury, e poi tutti gli altri hanno contribuito per creare l’arrangiamento.
Il testo e la melodia
Quello che Bowie propose principalmente a Freddie Mercury però fu il suo metodo di lavoro per tirare fuori la parte vocale del brano. Sostanzialmente si trattava di entrare in sala e cantare una melodia così come veniva in mente al momento, con delle parole improvvisate sulla base musicale, senza pensarci troppo. E soprattutto senza ascoltare ciò che l’altro aveva registrato precedentemente.
La leggenda narra che Mercury, nella fase di “taglia e cuci” delle voci, rimase particolarmente colpito da come le parti vocali di Bowie si incastrassero perfettamente con le sue linee melodiche. Solo dopo il fonico David Richards gli rivelò che il Duca Bianco aveva barato un po’, spiando da dietro la porta le registrazioni di Freddie.
Il missaggio
Anche il missaggio del brano creò qualche problema di divergenza di vedute, mettendone a rischio persino la pubblicazione. Brian May disse che il brano si era allontanato troppo da come lo intendeva inizialmente. David Bowie addirittura lo avrebbe voluto rifare interamente da capo, criticando anche alcuni frammenti del testo ritenendoli “imbarazzanti”.
Mercury, Bowie e Taylor (in veste di mediatore tra i due cantanti) parteciparono alla lunga giornata di editing a New York per la versione finale del brano. Alla fine, tutti concordarono sul risultato che conosciamo. Ne furono contenti considerando il poco tempo in cui fu realizzato, seppur affermando che si potesse fare di meglio. La casa discografica EMI, all’idea di poter pubblicare qualcosa di un’accoppiata simile, era certamente di un altro avviso, così come poi ha confermato la risposta del pubblico.
Il videoclip
La realizzazione del videoclip fu un’altra gatta da pelare, perché né i Queen, né David Bowie erano disponibili per girarlo. Il regista David Mallet si inventò dunque un video che raccontasse l’idea di essere sotto pressione. Montò tra loro immagini catastrofiche di disordini e esplosioni ricavate dai telegiornali, riprese di palazzi che crollano (e che in reverse ritornano magicamente integri) e spezzoni di film muti d’epoca, tra cui Nosferatu il vampiro del 1922.
Il lascito di Under Pressure
Under Pressure venne suonata praticamente in tutti i concerti seguenti dei Queen mentre David Bowie non la eseguì mai dal vivo prima del Freddie Mercury Tribute Concert del 1992, in duetto con Annie Lennox. Dal 1995, il Duca Bianco l’ha inserita nella scaletta dei suoi live, cantandola insieme alla bassista Gail Ann Dorsey.
Il processo creativo che ha portato alla nascita di Under Pressure (che inizialmente doveva intitolarsi People on streets) è sicuramente il principale responsabile della bizzarria delle sue liriche.
Tra scat, improvvisazioni e deliri che pennellano immagini – a tutti noi così familiari – di persone schiacciate dal peso dello stress della vita, alla fine del testo di Under Pressure arriva in nostro soccorso l’amore. Una parola che a volte sembra così fuori moda ma che ancora rappresenta la nostra via di uscita, la nostra speranza.
di Marta “Minako” Pedoni