Calcolare lo stress nei dinosauri

Ma veramente si può calcolare lo stress nei dinosauri?

Beh, sì.

Ma non lo stress che pensate voi. No, no. Quello lo lasciamo a noi umani, a noi che non riusciamo ad arrivare a fine mese, a noi che abbiamo il mondo che sta andando in rovina, a noi che non troviamo un lavoro, a noi che la vita “mamma mia, signora mia, che stress!”.

Tra le discipline più importanti per lo studio di vari aspetti biologici dei dinosauri vi è la biomeccanica, ovvero lo studio del comportamento delle strutture fisiologiche quando sono sottoposte a sollecitazioni statiche o dinamiche.

Nei dinosauri, tali analisi aiutano a comprendere meglio il movimento, la postura e l’andamento. La biomeccanica si associa anche all’anatomia funzionale, a come funzionano i muscoli, etc…

Il problema dei dinosauri – e di molte altre specie estinte – è che noi abbiamo solo e (quasi) esclusivamente le loro ossa e denti. Oggetti che hanno le loro caratteristiche fisiche, come durezza, tensione, rigidità e via dicendo. E lo studio di come le ossa si comportano in relazione a eventi esterni ci può indicare molto della vita perduta dei dinosauri.

Lo stress nelle ossa

Quando un animale compie un’azione, provoca dello stress nel proprio corpo.

Pensate a quando camminate. Il piede poggia a terra, la forza di gravità agisce verso il basso, il piede scarica la forza sul terreno e per effetto della Terza Legge di Newton…

“Se un corpo esercita una forza (azione) su un secondo corpo, il secondo corpo esercita sul primo una forza (reazione) che è uguale e contraria e lungo la stessa retta di applicazione”

…riceviamo una forza in risposta verso il nostro piede. E quello provoca dello stress, che viene scaricato poi dai muscoli, dalle cartilagini, dalle ossa, e così via.

Ovviamente, quando una forza supera un certo limite, lo stress accumulato provoca rotture, fratture, compressioni e deformazioni. Effetti che vengono molte volte registrate durante la fossilizzazione, indicandoci come quell’osso ha subito un certo grado di stress.

E, per effetto contrario, lo studio della distribuzione dello stress nelle ossa non deformate ci indica gli adattamenti evolutivi per ridurre quanto più efficacemente possibile lo stress nelle ossa.

Studio degli Elementi Finiti

Tutto troppo complicato?

Allora ve lo illustro tramite uno dei primissimi studi mai fatti di biomeccanica sui dinosauri che hanno utilizzato una delle tecniche ingegneristiche principali per la distribuzione dello stress: la FEA, o Finite Element Analysis.

Questa analisi, ampliamente usata dai designer industriali, permette di stimare la risposta di strutture artificiali o dello scheletro umano a vari regimi di stress e tensione. Lo studio viene fatto su modelli tridimensionali poligonali, dove ogni poligono ha un determinato set di caratteristiche e proprietà fisiche definite che interagisce con le forze in gioco.

La risultante verrà calcolata dal computer e generata in un modello visivo con le forze applicate.

Nel 2001, Emily Rayfield pubblica il primo articolo di FEA con i dinosauri sulla nota rivista Nature, e successivamente, nel 2005, un’altra ricerca sull’Anatomical Record con l’obiettivo di studiare la distribuzione dello stress tra le giunture ossee nel cranio dei dinosauri carnivori durante il morso.

Le forze generanti lo stress sono calcolate in base alla dimensione ipotizzata dei muscoli, e alla forza che generano.

Questo studio ha rivelato come Allosaurus – il famoso carnivoro del Giurassico Superiore – avesse un morso relativamente debole, quindi probabilmente cacciava usando anche gli artigli degli arti posteriori.

dinosauri-stress-morso

Risultati ecologicamente importanti

Successivamente, la FEA è stata usata in molteplici studi (e non solo riguardanti i dinosauri!).

Per esempio, grazie a questa analisi, nel 2009 Manning e colleghi hanno scoperto come l’artiglio a falcetto di Velociraptor non servisse a squarciare le prede come suggerito da Jurassic Park, ma fosse più adatto a perforare la pelle delle prede, permettendo al predatore di aggrapparsi alla stessa per morderla.

Velociraptor-stress

Oppure, sempre nel 2009, Arbour e Snively hanno applicato l’analisi alla mazza caudale degli ankylosauri, suggerendo come impatti violenti potrebbero causare fratture alle mazze più grandi (come in Euoplocephalus), ma la presenza di articolazioni e spine neurali allungate aiutino a distribuire lo stress lungo il “manico” della mazza, ovvero la parte centrale della coda.

stress-ankylosauro

Una risposta facile?

Ovviamente no.

La FEA è un sistema analitico in continua evoluzione, e rappresenta una approssimazione di un sistema biologico complesso come un animale. Soprattutto estinto.

Ma è un ottimo inizio, e un campo di ricerca estremamente affascinante.

E ci sono ulteriori studi in atto che usano la FEA, anche per svelare aspetti più enigmatici della vita perduta dei nostri amati estinti…

di Filippo Bertozzo


Articoli citati:

Arbour, V. M., & Snively, E. (2009). Finite element analyses of ankylosaurid dinosaur tail club impacts. The Anatomical Record: Advances in Integrative Anatomy and Evolutionary Biology: Advances in Integrative Anatomy and Evolutionary Biology292(9), 1412-1426.

Manning, P. L., Margetts, L., Johnson, M. R., Withers, P. J., Sellers, W. I., Falkingham, P. L., … & Raymont, D. R. (2009). Biomechanics of dromaeosaurid dinosaur claws: application of X‐ray microtomography, nanoindentation, and finite element analysis. The Anatomical Record: Advances in Integrative Anatomy and Evolutionary Biology: Advances in Integrative Anatomy and Evolutionary Biology292(9), 1397-1405.

Rayfield, E. J., Norman, D. B., Horner, C. C., Horner, J. R., Smith, P. M., Thomason, J. J., & Upchurch, P. (2001). Cranial design and function in a large theropod dinosaur. Nature409(6823), 1033-1037.

Rayfield, E. J. (2005). Using finite‐element analysis to investigate suture morphology: a case study using large carnivorous dinosaurs. The Anatomical Record Part A: Discoveries in Molecular, Cellular, and Evolutionary Biology: An Official Publication of the American Association of Anatomists283(2), 349-365.

Filippo Bertozzo
Filippo Bertozzo
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