Il Giappone è una nazione che, generalmente, è associata a un’incredibile etica del lavoro, una cultura che valorizza la disciplina, la perseveranza, la tenacia e la precisione. Tuttavia ha anche un lato oscuro (più di uno in realtà ma per ora ci focalizziamo solo su questo), quello dello stress, che ha un impatto significativo sulla vita quotidiana della maggior parte dei suoi cittadini. In un contesto di forti aspettative sociali e professionali, il Giappone è spesso al centro del dibattito riguardo le sfide legate al benessere psicologico, dove la pressione di performare a livelli elevati può diventare insostenibile.
Lo Stress in Giappone
Lo stress è un argomento che non può essere ignorato, né in Giappone né in nessuna altra parte del mondo. La cultura del lavoro giapponese è famosa per le lunghe ore, l’impegno totale verso il proprio superiore e una continua ricerca della perfezione.
Sebbene la nazione abbia compiuto enormi progressi nel miglioramento delle condizioni lavorative, il “karoshi” (la morte per eccessivo lavoro) è un fenomeno tragicamente noto, simbolo della pressione eccessiva che può derivare dall’ambiente lavorativo. Il termine è stato coniato negli anni ’70 e si riferisce a decessi causati da malattie legate allo stress e al sovraccarico di lavoro, come infarti o ictus. Il fatto stesso che sia stato necessario creare una parola apposita per un fenomeno che non poteva essere contenuto, denota la gravità e l’enormità del problema.
La cultura giapponese, che enfatizza il dovere e l’obbligo verso la collettività, può portare a una situazione in cui le persone non si sentono autorizzate a prendersi una pausa o a chiedere aiuto, alimentando ulteriormente il circolo vizioso dello stress.
Cho Chabudai Gaeshi: il ribaltamento del tavolo
“Cho Chabudai Gaeshi” è un videogioco cabinato sviluppato e distribuito da Taito nel 2009. Il termine “chabudai” si riferisce a un tavolo basso, tipico delle case giapponesi, mentre “gaeshi” significa “ribaltare” o “capovolgere”. Quindi, letteralmente, “cho chabudai gaeshi” significa “ribaltare un tavolo (di brutto)”.
Si tratta di un gioco in cui il giocatore deve, appunto, ribaltare un tavolo al momento giusto e con la forza appropriata in quattro differenti scenari.
Il cabinato è dotato di un arredo di plastica tridimensionale collegato a ciò che avviene sullo schermo.
In quanti anime, manga o film è capitato di vedere un personaggio, sopraffatto dall’ira o dalla delusione, che si accanisce contro l’arredamento?
Il gesto in sé simboleggia una liberazione improvvisa di frustrazione, rabbia o stress. Rappresenta soprattutto una rottura simbolica con le norme sociali e una manifestazione di un disagio che non può più essere contenuto, una spaccatura improvvisa dei rigidi standard comportamentali giapponesi, dove la calma e la compostezza sono fondamentali.
Il ribaltamento del tavolo diventa un atto estremo di ribellione.
In un certo senso è una manifestazione di una difficoltà emotiva che non può essere espressa in modo tradizionale, e questa difficoltà deriva da insegnamenti instillati sin dalla tenera età e non processati correttamente.
In un certo senso simboleggia il desiderio di liberarsi dai vincoli imposti dalla società e dal lavoro. La “normalizzazione” dello stress e la negazione della vulnerabilità emotiva possono condurre a un accumulo di disagio psicologico che, quando raggiunge il limite, si manifesta in modo esplosivo.
Cho Chabudai Gaeshi come cambiamento necessario
Il fatto stesso che esista tutto questo dovrebbe farci riflettere sulla necessità di un cambiamento, e non solo per i giapponesi, perché mi chiedo quanti di noi vorrebbero provare questo cabinato, e quanta soddisfazione proverebbero a ogni livello.
In un mondo che richiede sempre di più dai suoi cittadini, è fondamentale che si riconosca il valore di prendersi una pausa, esprimere le proprie emozioni in modo sano e, soprattutto, promuovere una cultura che non stigmatizzi la vulnerabilità.
Nessun individuo può sopportare una pressione illimitata senza conseguenze.
Stay Kind! Love,
Monigiri