L’Arte Sublime del dire Fandonie, da Confucio a Netflix

La menzogna è un linguaggio universale, parlato fluentemente da studenti impreparati, politici esperti e panda manipolatori di zookeeper. Ma mentre in Asia essa si presenta come un gesto estetico e sociale, in Occidente si manifesta come peccato capitale o trampolino per reality show. Se in Oriente si mente per non disturbare l’armonia, in Occidente si mente per sentirsi speciali. Il risultato? Tutti mentono. Da Confucio a Netflix, l’arte sublime del dire fandonie ha i suoi maestri.

Tè verde o confessione in lacrime?

In Giappone, dire la verità nuda è come presentarsi nudi al funerale del proprio capo, magari non ti conosce nessuno ma comunque qualcuno chiamerà la polizia. La società distingue tra tatemae (ciò che si mostra) e honne (ciò che si pensa): mentire è quasi una forma d’arte floreale, usata per decorare conversazioni imbarazzanti.

In Cina, Confucio suggeriva che la verità va detta solo se mantiene l’ordine cosmico. Meglio una bugia elegante che un’onesta catastrofe.

In Occidente, invece, la verità è un idolo burbero. Kant dichiara che mentire è sempre sbagliato, anche se il killer è alla porta. Il che fa pensare che Kant abbia passato pochi sabati sera con amici ubriachi. Dall’altra parte, il mito di George Washington che ammette di aver abbattuto un ciliegio è probabilmente una balla educativa: ironia suprema, mentire per insegnare a non mentire. Chapeau.

Mentitore Zen o Bugiardo da Bar?

Nel pensiero orientale, la menzogna è uno strumento di equilibrio: il Buddha avrebbe detto che l’importante non è la bugia, ma l’intenzione. In pratica: menti pure, ma fallo per armonia. Per Laozi mentire è inaccettabile e, come in ogni buona apparente contraddizione taoista, è al contempo un fragile equilibrio di pace.

Nel pensiero occidentale, invece, la bugia è dramma puro. Platone sdogana la “nobile menzogna” per mantenere l’ordine sociale nella Repubblica, ma poi arriva Nietzsche a dire che la verità è solo una metafora logora. Dunque, chi ha ragione? Probabilmente nessuno. Ma intanto Kafka scrive pagine e pagine dove tutti mentono e nessuno capisce perché, e Dostoevskij costruisce interi romanzi su bugie dette con tanta ansia che fanno venire voglia di confessarsi anche se si è innocenti.

Anime, sitcom e mutande nel deserto

Nel Giappone animato, Doraemon ci insegna che mentire è come inciampare: inevitabile, ma fa parte della giornata. Light Yagami in Death Note mente per “salvare il mondo”, dimostrando che tra sociopatia e divinità il confine è sottile e discretamente sexy.

In Occidente, invece, abbiamo Pinocchio, la bugia con le gambe di legno e un naso che cresce a ogni “non è come sembra”. Breaking Bad ci porta nell’abisso: Walter White mente per la famiglia e finisce in mutande nel deserto a spacciare chimica e disperazione. E poi c’è The Office, dove Michael Scott mente così male da trasformarsi in maestro zen del disagio sociale.

In Rashomon di Kurosawa, quattro verità diverse convivono nella stessa storia. Nessuna è completamente falsa, nessuna completamente vera. In The Truman Show, l’intera realtà è una bugia impacchettata con luci e sponsor. E in Matrix, se vuoi la verità, devi ingoiare una pillola che nessuno prenderebbe a stomaco vuoto.

In Asia, la bugia è un’arte sociale, quasi calligrafia morale. In Occidente, è un thriller psicologico con colonna sonora di violini ansiogeni. E mentre il Giappone ti insegna a mentire senza perdere la faccia, Hollywood ti insegna che mentire bene ti fa vincere un Emmy.

E chi ha ragione allora?

Mentire è umano. Ma il modo in cui lo facciamo è profondamente culturale. In Asia, la bugia è un ikebana verbale, cesellata per non turbare l’universo. In Occidente è una confessione con effetti speciali. Non c’è una vera ragione o un torto, mentire è sbagliato, omettere è criminoso, ma al contempo la brutale sincerità, è davvero sempre necessaria?
La verità e i modi stanno sempre nel mezzo, e se vogliamo essere onesti, lo possiamo essere senza mentire e senza arare i sentimenti altrui.

di Alessandra “Furibionda” Zanetti

Alessandra Zanetti
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