La storia universale raccontata al mondo da Carlo Collodi nel 1883 è una di quelle che non perdono mai senso e valore riuscendo sempre a rinnovarsi nel corso delle generazioni.
Il romanzo di Pinocchio è una delle storie che ha avuto più adattamenti negli anni, come ad esempio il più recente di Guillermo Del Toro del 2022.
Personalmente ho un rapporto molto speciale con questa figura. Ancor prima del libro il mio primo ricordo è legato alla serie TV del 1972, che ho guardato per la prima volta con mio padre negli anni ’90. Successivamente sono sempre andata alla ricerca di nuove rappresentazioni, giungendo infine alla storia protagonista di questo articolo.
Il Pinocchio di Winshluss è diverso da qualsiasi altro burattino che voi abbiate mai potuto leggere o vedere. L’autore non ci propone un racconto educativo e confortevole, ma una storia fatta di crudeltà. Qui non ci si trasforma in asini ma in lupi feroci e sanguinari.
Un’interpretazione controversa e visionaria
“Dita telescopiche, naso a cannone, scocca di metallo indistruttibile”: è così che Geppetto descrive la sua creazione.
Pinocchio è stato progettato come macchina da guerra, un’arma con cui il suo inventore pensa di arricchirsi vendendola all’esercito.
Ma non tutto va come previsto: il robot va in tilt quando un insetto, lo scarafaggio Jimmy (qui alter ego del Grillo Parlante) si insinua nella sua testa, causando un cortocircuito.
A differenza della sua base originaria, questo burattino non ha volontà né identità. Lo stesso protagonista, che nell’originale voleva essere umano, in questa nuova versione si muove nel mondo ,totalmente alienato, senza mostrare nemmeno un accenno di emozione, scollegato dalle molteplici tragedie che accadono intorno. Più che come protagonista attivo viene utilizzato come pretesto per mostrare il marciume che lo circonda.
In questa storia tutti i personaggi vengono riscritti in modo tale da simboleggiare l’immoralità della nostra società. Il capitalismo sfrenato, lo sfruttamento, l’abuso, la depressione, il militarismo esibito come forza. La follia prende il posto della realtà, mentre l’inquinamento travolge ogni cosa. Il mondo si surriscalda, bruciandosi i piedi come fece il burattino di Collodi.
A differenza della versione classica, la creatività di Geppetto non nasce dal desiderio di avere un figlio. Anche la sua successiva ricerca non è mossa da un istinto paterno, bensì da un impulso diverso, meno emotivo e più opportunista.
Uno degli elementi più sorprendenti di questa rivisitazione è il pescecane, che non è solo una creatura mostruosa, ma il risultato di una mutazione radioattiva. Un tempo piccolo pesce innocuo, ha subito una trasformazione radicale dopo aver ingerito sostanze radioattive.
Winshluss è implacabile e il tono non è mai ottimista, nemmeno per un momento.
Pinocchio di Winshluss: la potenza delle immagini
Pur essendo quasi completamente privo di dialoghi (fanno eccezione le pagine dedicate a Jimmy), l’autore si affida alla potenza della narrazione per immagini. Costruisce il racconto con grande maestria, rendendo le emozioni e gli eventi perfettamente comprensibili, anche in assenza di parole.
Le immagini sono così espressive che non c’è mai un momento di dubbio su ciò che sta accadendo.
Una delle cose più importanti da sottolineare di questo fumetto è l’arte. Winshluss impiega una serie di stili e tecniche radicalmente diversi: da splash page completamente dipinte a sezioni in uno stile underground molto grezzo e in bianco e nero. Le immagini si adattano sempre perfettamente alla storia e ogni singola pagina è superba.
Credo che Pinocchio di Winshluss mi piaccia così tanto perché si spinge fino in fondo. È ambizioso sia dal punto di vista narrativo che da quello estetico.
Le tematiche trattate sono molto forti, ma necessarie. Durante la lettura potreste avvertire un senso di inadeguatezza, disgusto e tristezza. Ma anche questo è necessario.
Alla fine di tutto, una riflessione è emersa in modo chiaro e inevitabile: anche in mezzo al caos, alla brutalità e al cinismo, resta uno spiraglio, sottile ma presente: quello della consapevolezza.
Perché, come il burattino di Collodi impara dai suoi errori, anche noi possiamo ancora scegliere di svegliarci, guardarci intorno e rifiutare l’indifferenza. E forse, in questo mondo contorto, è proprio la capacità che ci rende ancora umani.
di Federica Curcio