“Ho ammazzato la mia fidanzata” – Riflessioni sul femminicidio

“Ho ammazzato la mia fidanzata” – Una riflessione, a mente fredda, sul femminicidio di Giulia Cecchettin e sulla confessione del suo carnefice, Filippo Turetta.

 

Oggi, a distanza di tempo dalla vicenda, ho letto un post – uno dei tanti su Instagram – che riprendeva la notizia della confessione di Filippo Turetta. Vorrei averlo salvato, perché mi ha portato a riflettere su alcune cose. Cercherò di riprenderne almeno il senso.

Nel post si faceva insistenza sull’espressione “la mia fidanzata” nella confessione di Turetta, sottolineando il pronome “mia” inteso come possessione, proprietà dell’altra persona. Giulia, invece, non era proprietà di nessuno.

Io credo però che non dovremmo soffermarci tanto sul “mia”. Praticamente tutti almeno una volta abbiamo fatto riferimento ai nostri partner definendoli, appunto, “nostri”.

C’è anche da dire che non utilizziamo il pronome possessivo solo con i partner, giusto? Il termine “mio/mia” viene usato per amici, fratelli e sorelle, genitori e così via. Ha un suo utilizzo specifico, non significa che noi o gli altri siano una proprietà. Credo che sia sempre il contesto a fare la differenza.

Quindi penso che dovremmo focalizzare di più l’attenzione sulla frase intera: “la mia fidanzata”.

Giulia non era più la sua fidanzata. Tutti lo sanno, ormai: questa vicenda ci ha fatto conoscere molti dettagli della sua vita. Eppure Turetta la definisce ancora così durante la confessione. Perché? Quando Giulia lo ha lasciato, si è dimostrato dispiaciuto, “depresso” e via dicendo.

Si potrebbe dire che avesse capito che la storia fra di loro fosse conclusa. Eppure, eccolo qui a definirla “la sua fidanzata” dopo averle tolto per sempre ogni futuro, ogni speranza, tutto.

È facile definirlo malato, pazzo, mostro. In tanti lo stanno facendo. È facile immaginare cosa possa aver pensato mentre organizzava e metteva in atto l’omicidio. In tanti, io compresa, sarebbero curiosi di sapere, di capire.

Ma la verità è che, finché anche noi non ci troveremo a compiere lo stesso atto, non lo potremo mai sapere. O peggio, finché anche noi non ci troveremo dall’altra parte del pugnale, della pistola, o sotto le mani che si stringono attorno al nostro collo.

La vicenda di Giulia mi ha fatto ripensare a quando anche io ho frequentato un “Filippo Turetta”. Al tempo avevo 19 anni, lui molti di più. Controllava i miei accessi su WhatsApp, su Facebook, mi chiedeva gli screenshot delle conversazioni per avere prova che gli stessi dicendo la verità.

L’ho frequentato solo per 4 mesi, ma mi sono sembrati anni e ne sono uscita solo per puro caso. Io ero vulnerabile e lui un abile manipolatore, mi diceva che si sarebbe ammazzato se ci fossimo lasciati. Ovviamente, non lo ha mai fatto, come del resto non lo ha fatto Turetta e come non lo hanno fatto in tanti. La minaccia però intanto l’hanno lanciata e reagire non è semplice.

Io non avevo la forza di chiudere, è stata solo la fortuna a tirarmi fuori. Giulia è stata molto più forte di me, invece, ma molto più sfortunata. Si meritava di meglio, si meritava un po’ di fortuna anche lei, magari. Adesso merita giustizia, almeno quella.

Giulia è stata la centocinquesima vittima del 2023, per quanto ne sappiamo. Quante ancora ce ne dovranno essere? Quante ancora non potranno avere la mia stessa fortuna?

“Se domani sono io, se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”

 

Iris

Redazione
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