Suzume no tojimari: sbirciamo oltre la porta chiusa

Uscito in Italia da poco, Suzume no Tojimari, è l’ultimo film del regista salito alla ribalta con Your name. Nonostante il fatto che mi abbia strappato altre lacrime, ho a lungo riflettuto sulla bellezza effettiva di questo lungometraggio animato. E piano piano vedremo insieme il perché.

Da 5 cm al secondo a Suzume

Sono passati anni da quando mi sono imbattuta per caso in “5 cm al secondo” il primo film di Shinkai Makoto che ho visto. La delicatezza con cui viene raccontato quanto possa essere spietata la realtà mi aveva immediatamente conquistata.
Aveva accompagnato ad un’ambientazione e una colonna sonora molto poetica, una narrazione che andava dritta al punto: “La vita va avanti, per quanto si possa essere stati importanti l’uno per l’altra, finiremo per allontanarci, andare alla deriva”.
C’è lieto fine, ma non quello che ci si aspetta.
Rispetto alle opere seguenti, in cui è diventato un po’ più furbo, “5 cm al secondo”, è un pugno nello stomaco impacchettato come una caramella dolcissima e, sebbene duri a malapena un’ora, ha tempistiche molto dilatate, una grande quantità di silenzi e istanti che paiono eterni.
Come la vita, ma con la musica di sottofondo.
Inutile dire che l’ho amato profondamente e ancora adesso, ogni tanto, torno a guardarlo, giusto per farmi un po’ male.

Dopo un po’ di silenzio, c’è stato “Il giardino delle parole”, che è piaciuto ma in maniera pacata, sollevando polemiche sussurrate a mezza voce sulla storia d’amore un po’ controversa tra l’insegnante e lo studente. Il fatto che Shinkai fosse ancora poco conosciuto penso l’abbia schermato da discussioni più infuocate riguardo a questo tema.
Sono tuttavia tanti quelli che quando passano per Tōkyō  vogliono fare una foto seduti nel portico da cui il film prende ispirazione, allo Shinjuku Gyoen.

E poi Your name, che ha fatto esplodere il suo nome sulla bocca del mondo.
Weathering with you che ha goduto della sua scia.
Infine Suzume, che si è accodato.

La forza di Shinkai

Makoto Shinkai, come regista, ha un punto di forza innegabile: la sua capacità di ritrarre la realtà facendotela toccare.
Al di là della trama, al di là dei personaggi, al di là di tutto, è la luce che si riflette nell’angolo di quell’edificio, il treno che scivola sui binari, il vociare del telegiornale in sottofondo, il fuoco che si accende sotto un fornello. Vedi un ponte in mezzo alla città e senti di poterci camminare sopra, scorre un fiume nel bosco e stai già attraversandolo mentre tutto scorre.
Ti fa viaggiare nei posti che vuoi vedere.
Ti fa sentire un cittadino delle città che vorresti chiamare “casa”.
Con la potenza delle immagini ti fa dimenticare tutto il resto e ti tiene incollata alla poltrona, alla sedia, allo sgabello da cui stai guardando, come spiando la vita che potresti avere.
Tenendo conto che ci aggiunge anche una colonna sonora creata a pennello, è in grado di generare una sensazione di nostalgia potentissima, per qualcosa che non sapevi neanche di desiderare.
Questa è la forza di Shinkai.

Suzume no tojimari

Con questi presupposti arriviamo a Suzume.
I soliti schemi funzionano, la musica e l’estetica, il character design ci piace, le animazioni sono splendide.

Ma se dobbiamo parlare della trama, delle fila, delle motivazioni, le scelte… bè allora è forse una massa di azioni casuali che servono per raccontare un’altra storia. I personaggi arrivano e se ne vanno all’improvviso, dicono frasi a volte senza senso, in generale sono un po’ un miscuglio di scuse. Insomma non è proprio una trama coerente e forte.

La sotto-trama, tuttavia, coi suoi riferimenti ai terremoti, ai dispersi, alle persone che abbiamo perso… Bè quello strappa il cuore, è sicuramente un omaggio al ricordo, un dare spazio ad un dolore di cui si parla poco. Profondo e diretto, com’è stato in 5cm al secondo, ma su un altro livello.
È la vera anima del film.

Al netto di pregi e difetti credo sia comunque un film che merita di essere visto, che ha qualcosa da raccontare e che ha bisogno di raggiungere molta gente perché possiamo certo chiudere determinate porte per non vivere nel passato, ma comunque ogni tanto vale la pena sbirciare oltre per ricordarci di chi è rimasto indietro.

Stay Kind
Love, Monigiri
💙🍙

Monica Fumagalli
Monica Fumagalli
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