Con l’avvicinarsi dell’uscita del film sulla bambola più famosa al mondo – diretto da Greta Gerwig, con Margot Robbie e Ryan Gosling – è scoppiata la Barbie Mania.
Barbie è una delle bambole più conosciute e longeve nel panorama della produzione di giocattoli e ciò l’ha inevitabilmente fatta fuoriuscire dal suo status di “semplice” giocattolo. Barbie è molto di più: una vera e propria icona. Questo suo “cambio di stato” ha portato ad un forte interesse nei confronti della bambola. Ancora una volta, l’ambiente delle arti figurative non si è lasciato sfuggire questo input. L’arte ha reso la bambola il soggetto di numerose opere.
Per comprenderne appieno la portata è necessario fare un passo indietro: come è nata Barbie?
Barbie: la nascita e la scalata verso il successo
Barbie è una bambola che fa parte della categoria delle cosiddette fashion dolls. Queste nascono principalmente per essere vestite. La mamma della bambola più famosa al mondo è Ruth Marianne Handler. La Handler era un’imprenditrice, co-fondatrice della Mattel, assieme al marito Elliot. Ruth ha ideato Barbie verso la fine degli anni Cinquanta. La produzione in serie della bambola è iniziata nel 1959. Il 9 Marzo dello stesso anno è stata ufficialmente messa in commercio.
Dato l’enorme successo di vendite – che ha portato Barbie a diventare uno dei giocattoli più venduti – a partire dagli anni Ottanta, la bambola è arrivata ad essere un vero e proprio brand. Barbie è diventata un personaggio crossmediale. Su di lei e sul suo mondo sono stati sviluppati videogiochi, film e serie. E nemmeno l’ambiente dell’arte contemporanea ha saputo resistere al suo fascino.
Barbie e lo status di icona
Dopo aver ottenuto uno strepitoso successo in breve tempo, Barbie è diventata per definizione un’Icona. La prima accezione a cui riconduciamo questa parola è quella di “Figura o personaggio emblematici di un’epoca, di un genere, di un ambiente”.
Se scavassimo a fondo, potremmo arrivare al significato primo della parola, quello più antico. Dal verbo greco eikénai, che significa essere simile, apparire, tramutatosi nella parola greco-bizantina eikòna, ossia immagine. La parola icona è stata utilizzata per la prima volta a indicare l’immagine sacra. In particolare, quella dipinta su tavoletta di legno o lastra di metallo, adornata con oro e pietre preziose. Allo stesso tempo, sempre in ambito religioso, indica in generale qualsiasi tipo di immagine sacra, dipinta o scolpita. A prescindere dall’essere un emblema, è insita nella parola stessa un’accezione sacrale.
A tal proposito, una riflessione interessante è stata proposta dal professor Dean J. DeFino. DeFino è direttore del dipartimento di studi di cinema e televisione presso la Iona University di New York. Nonostante il focus fosse su HBO, il professore scrive in generale sul concetto di icona culturale:
“La vera misura di un’icona culturale è se può essere completamente separata dal suo significato e dal suo contesto originale. la strana giustapposizione di oggetto e immagine indica semplicemente quanto sia diventato astratto il nostro rapporto con queste icone. Sappiamo come ci sentiamo nei loro confronti, ma da tempo abbiamo smesso di cercare di capire perché.”
Questa tesi è applicabile anche al caso Barbie: oramai un simbolo – che ritroviamo anche in contesti lontani dalla bambola in sé. DeFino aggiunge che una delle ragioni per cui non arriviamo al perché, è il fatto di confondere quest’ultimo con il cosa. Dunque, il fruitore arriva a confondere l’oggetto con le motivazioni che gli fanno da base.
Barbie come soggetto e feticcio degli artisti: alcuni esempi
Questo quesito è proprio uno dei numerosi stimoli che hanno portato così tanti artisti contemporanei – a partire dagli anni Ottanta – ad interessarsi alla bambola e a trasformarla nel soggetto di un’opera o, in alcuni casi, nell’opera stessa. Barbie si divide così tra tre differenti ruoli: quelli di soggetto, oggetto e feticcio. L’importante rivista americana Forbes ha stilato – oramai più di 10 anni fa – una lista di opere legate alla bambola più famosa del mondo, di cui riportiamo le più importanti.
Andy Warhol , “Barbie” (pittura a polimeri sintetici e inchiostro serigrafico su tela, 1985)
Andy Warhol, famoso per la creazione di opere d’arte ispirate alla cultura pop, non si è lasciato scappare l’opportunità di produrre una raffigurazione femminile così iconica, che fonde insieme il suo interesse per le creazioni in serie e il suo amore per le dive alla Marylin Monroe. Warhol ha infatti dipinto il ritratto di Barbie con il medesimo stile con cui ha ritratto le attrici Marilyn Monroe e Jane Fonda.
Chris Jordan, “Barbie Dolls” (fotografia, 2008)
Il lavoro del fotografo americano Chris Jordan può essere definito come una vera e propria critica al consumismo americano. Da lontano, “Barbie Dolls” sembra presentare all’osservatore l’immagine di due seni.
Ad un’analisi più attenta, ci si rende però conto che l’immagine è stata creata con diverse Barbie sistemate a creare le forme femminili. Le bambole utilizzate sono state precisamente 32.000. Il numero di Barbie utilizzate non è stata una scelta casuale: 32.000 sono infatti il numero di interventi di mastoplastica additiva eseguiti ogni mese negli Stati Uniti durante il 2006, anno in cui è entrata in gestazione l’opera.
Robert A. M. Stern “Colossus of Barbie” (bambola in gesso, sabbia e legno, 1998)
Stern è un’istituzione dell’architettura americana di questo secolo. Questa scultura di sabbia faceva parte di una mostra tenutasi presso la Kirstein Kiser Gallery di Los Angeles, in cui 13 studi di architettura sono stati invitati a riesaminare e ridefinire la torre del bagnino come tipo di edificio.
L’opera di Stern si ispira all’antichità – il grande tempio di Abu-Simbel in Egitto e il Colosso di Rodi – e lo sovrappone a due statue monumentali raffiguranti Ken e Barbie, parodiando la narcisistica cultura balneare della California meridionale.
Cècile Plaisance “Nurqua et Champagne” (Stampa lenticolare incorniciata, 2016)
Ispirandosi ai grandi maestri della fotografia come Avedon e Toscani, Cécile Plaisance utilizza la stampa lenticolare per consentire allo spettatore di vestire o svestire le modelle, donne reali e barbie, i maggiori simboli della bellezza idealizzata.
Nella visione dell’artista, però, le modelle hanno un modo inequivocabile di guardare dritto nell’obbiettivo, per rivendicare il diritto di mostrare il proprio corpo e vivere in maniera edonistica. Cécile collega Barbie alle donne di oggi, giocando in particolare con la sua femminilità.
articolo di Dorian