Negli ultimi anni i social ci hanno reso sempre più consapevoli di quanto possa essere tossico per la salute mentale e fisica il continuo confronto con modelli irraggiungibili di successo e bellezza. Tra le persone più colpite dal fenomeno troviamo le giovani donne, più predisposte a sviluppare disturbi da dismorfismo corporeo o del comportamento alimentare.
La regina delle bambole, Barbie, è stata spesso sul banco degli imputati, accusata di promuovere un modello di bellezza deleterio. Recentemente la Mattel, per venire incontro alle richieste del pubblico e a una sensibilità collettiva che sta cambiando, ha lanciato bambole più vicine alla realtà, come la Barbie nera o quella in sedia a rotelle.
Tra gli studi che hanno provato a valutare i danni che Barbie poteva provocare, uno particolarmente rilevante è quello pubblicato sulla rivista Developmental Psychology.
Un campione di bambine di età compresa tra i 5 e gli 8 anni è stato diviso in 3 gruppi. Al primo gruppo hanno mostrato delle immagini di Barbie in varie situazioni quotidiane (Barbie al supermercato, Barbie in pigiama, Barbie con un vestito rosa,…). Al secondo gruppo hanno mostrato immagini simili, ma la bambola nelle foto era una Emma Doll, taglia XL. Il terzo gruppo, quello di controllo, ha interagito con immagini neutre: palloncini colorati, vetrine di negozi, fiori, scaffali di supermercati.
Dopo l’esposizione alle immagini, alle bambine è stato consegnato un questionario che includeva una serie di affermazioni sul rapporto col proprio corpo. Dovevano reagire ad affermazioni come “mi piace come appaio”, “alle mie coetanee piacciono i miei look”, “sono a mio agio col mio peso”. I risultati hanno evidenziato che, rispetto al gruppo di controllo, le bambine del primo gruppo presentavano un’autostima più bassa e un maggiore senso di autocritica nei confronti del proprio corpo.
Barbie può dirci quanto stretto debba essere il nostro punto vita o voluminosi i nostri capelli, ma c’è una parte del corpo della bambola con cui non è possibile confrontarci: i genitali, ovviamente assenti.
Playboy e modelli femminili, l’evoluzione negli anni
E a questo punto vediamo al banco degli imputati il secondo accusato: la pornografia, accusata di promuovere un modello irrealistico non solo per quanto riguarda i corpi, ma anche comportamenti tossici nell’ambito sessuale. Il porno ha come target di riferimento quasi esclusivamente l’uomo etero cis, ma condiziona anche le donne che lo guardano, avendo poche o nessuna alternativa.
Uno studio pubblicato sul The Journal of Sex Research nel 2014 analizza una delle fonti più iconiche di corpi femminili per il pubblico adulto: i paginoni centrali di Playboy, nel periodo che va dal 1953 al 2007. Tra il 1953 e il 1979, compaiono esclusivamente donne col pube non depilato, al naturale, che quindi mostrano poco e nulla di ciò che si trova al di sotto del pelo.
A partire dagli anni ‘80, però, i peli pubici iniziano a ridursi fino a sparire del tutto. Rivelando, al di sotto, delle grandi labbra di un colore rosato e omogeneo, che nel 93% dei casi coprono del tutto le piccole labbra. Nei rarissimi casi in cui le piccole labbra sono visibili o sporgono dalle grandi labbra, anche queste sono di un colore rosato e omogeneo, quasi mai scure.
Proprio come succede col corpo delle Barbie, anche l’ideale dei genitali femminili è lontanissimo dalla realtà, che prevede un’enorme varietà nella conformazione dei genitali femminili, ridotta a sole due o tre varianti.
E questi due o tre modelli, con il pube perfettamente depilato, le grandi labbra visibili, rosate e simmetriche e le piccole labbra poco o per nulla visibili, hanno condizionato gli interventi di medicina estetica, con un boom di interventi come la labioplastica, anal bleaching e affini per modellare la zona pubica in modo che assomigli il più possibile a quella delle pornostar.
Pornostar e barbie style
Parlando proprio di pornostar, il fascino della bambola di casa Mattel non si ferma alle bambine che decidono se vestirla da veterinaria o astronauta. Il sito “Lord of porn” (il cui logo realizzato col font in stile Il Signore degli anelli da solo vale una visita) ha stilato una classifica delle migliori 50 pornostar Barbie Style. Incluse alcune che hanno mantenuto il nome della bambola Mattel, come Ashley Barbie o Barbie Sins.
In pratica, crescendo cambia solo il posto dove andiamo a cercarci le bambole con cui giocare.
Chiudo con una riflessione a tema “punti di contatto tra Barbie e il porno”: nei giochi di Barbie, spesso Ken è il giocattolo “dimenticato”. Quante di noi, da bambine, non avendo un Ken disponibile, lo sostituivano con l’Action Man dei fratelli, o si lanciavano in storie saffiche facendo a meno di lui?
Un po’ come accade nel porno, dove il ruolo dell’attore è limitato rispetto a quello della sua controparte femminile, la vera protagonista e star. Spesso il suo volto non viene nemmeno inquadrato: basta che sia ben visibile il pene, unica parte del corpo maschile protagonista nel porno etero.
di Antonella Liverano Moscoviti