È un pomeriggio buio e freddo di febbraio e io sono sul divano di casa mia, con una di quelle copertine elettriche riscaldanti sulle gambe, come un’anzianotta pigra che si sente anche un po’ malinconica. Non amo ripetermi, vi ho già raccontato qui quanto io non sopporti l’inverno.
In questo momento, preferirei di gran lunga crogiolarmi al sole d’agosto piuttosto che tremolare sotto questa termocoperta.
L’estate… È ancora così lontana! La spiaggia, i parchi acquatici, i gelati, i vestiti colorati e leggeri, le uscite serali, le giornate lunghe piene di luce e vitalità, sono solo alcune delle cose che amo della vita durante la bella stagione.
Ma è tutto rose e fiori? Zanzare a parte, che non piacciono a nessuno, se c’è una cosa che probabilmente cancellerei dalla faccia della Terra per ciò che concerne l’immaginario legato all’estate sono i… Rullo di tamburi… Tormentoni estivi!
L’origine dell’espressione “Tormentone Estivo”
L’espressione “tormentone estivo” iniziò a diffondersi in Italia negli anni ‘60. Il cantautore italiano Nico Fidenco, all’anagrafe Domenico Colarossi, vide rifiutato al Festival di Sanremo 1961 il suo brano Legata a un granello di sabbia: tuttavia ebbe un grande successo durante la stagione estiva (tanto da meritarsi il suddetto appellativo), insieme alle canzoni del “re dei tormentoni” di quel decennio: Edoardo Vianello (ricordiamo ancora tutti Abbronzatissima, I Watussi e Guarda come dondolo).
Un tormentone estivo è quindi una canzone, dalla melodia semplice e orecchiabile e dal testo di facile memorizzazione, con cui tipicamente si viene martellati per tre mesi all’anno da parte di ogni tipo di media: in primis dalle radio, ma anche dai programmi televisivi (qualcuno ha detto Festivalbar?) e i canali tematici (vi ricordate i videoclip a rotazione su MTV?). Talvolta ci si mettono persino il cinema e il teatro.
Negli ultimi anni poi hanno un ruolo fondamentale internet e i social network. In particolare, i meme sul web condividono con le canzonette estive le caratteristiche di ripetitività e di diffusione virale, e la combo tra i due elementi (vedi video con balletti et similia) risulta essere particolarmente letale, per le nostre orecchie, ma soprattutto per la nostra pazienza. Bar, supermercati, discoteche, villaggi turistici, case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale… Ovunque andiamo, siamo letteralmente ossessionati dal brano eletto a “spaccamaroni” di turno.
Un viaggetto nel “trash”
Normalmente, nel mio Jukebox vi parlo solo di canzoni che significano qualcosa per me, o che apprezzo in particolar modo. Oggi voglio fare una cosa alternativa, di cui probabilmente mi pentirò, ma ormai ci sono dentro fino al collo. Voglio portarvi con me in un bel viaggione tra i cinque peggiori tormentoni estivi, uno per decennio, dagli anni ‘80 fino ai giorni nostri. Un bel giretto a sguazzare nel trash, cosa potrà mai andare storto? Male che vada, ci facciamo una risata. Indossate la vostra miglior camicia hawaiiana, inforcate gli occhiali da sole fluo e let’s go!
1. ANNI ‘80: Gioca Jouer, Claudio Cecchetto
Più che una canzone, le istruzioni per un ballo di gruppo. È ad opera di uno dei più grandi talent scout e produttori discografici italiani questo tormentone, nato inizialmente come sigla di Sanremo 1981 e che ancora oggi riempie le piste da ballo ai matrimoni, il brano con cui solo gli irriducibili delle tre di notte riescono ad avere ancora il coraggio di dimenarsi, spesso confondendo il movimento abbinato all’indicazione “camminare” con quello di “nuotare”. E dire che il Claudione nazionale si raccomanda pure di non sbagliare, tra un ritornello e l’altro.
Il successo fu tale che Gioca Jouer venne tradotta in 5 lingue (tedesco, francese, inglese, spagnolo e persino cinese). Il riff di chitarra che cita più o meno esplicitamente Whatever you want degli Status Quo e i suoni di sintetizzatori tipici di quegli anni, seppure a me tanto cari, non salvano la situazione.
2. ANNI ‘90: Sì o No, Fiorello
Bambini, sedetevi un attimo che Minako Castoro vi racconta una storia. Ci fu un tempo in cui il buon Rosario Fiorello ancora non scassava le scatole ad Amadeus a Sanremo, ma si limitava a farlo agitando il suo storico codino sulle piazze di tutta Italia con il programma Mediaset Karaoke. Erano i favolosi anni ‘90, fratellini malconci degli ‘80.
Il nostro amico Fiorello, nel 1993, decise di fare una cover in salsa italodance, arrangiata male e adattata in italiano peggio, di Please don’t go di KC & The Sunshine Band (brano del 1979). L’arrangiamento, a onor del vero, è ripreso dalla reinterpretazione dello stesso pezzo proposta un anno prima dalla band italiana Double You. Ma per gli agghiaccianti versi “Hey io già lo so / Che matto diventerò” possiamo tranquillamente prendercela tutta con l’ex-codino più logorroico d’Italia.
3. ANNI 2000: Tre parole, Valeria Rossi
Il tormentone italiano per eccellenza. La quintessenza della canzonetta estiva. Tre parole è il pezzo orecchiabile per antonomasia. Sfido chiunque a dire di non averlo mai canticchiato, anche (e soprattutto) suo malgrado.
Il trinomio “sole-cuore-amore” è diventato sinonimo stesso del brano pop dal testo poco impegnato e dalla melodia ripetitiva. E, onestamente, è un peccato, perché Valeria Rossi ha dimostrato in altre occasioni di possedere una penna non male, capace di qualcosa di più pregevole, vedi la buona Dove non ci sono ore presentata a Sanremo nel 2010 dalla giovanissima interprete Jessica Brando.
Tre parole ha comunque venduto oltre 100.000 copie nel 2001, quindi non si può dire che non abbia avuto ragione lei.
4. ANNI 2010: Despacito, Luis Fonsi
Agli anni ‘10 del Terzo Millennio piace il pop latino. E, in particolare, gli piace il reggaeton. Eccome, se gli piace. Gli piace talmente tanto che Despacito, uscita ormai nel 2017, continua a tormentarci tutt’oggi.
Sono passati 7 anni e sembra uscita ieri. Ma non nel senso che è invecchiata bene, come gli immortali evergreen della storia della musica. Il punto è che non riusciamo proprio a levarcela dai piedi. Entra in un qualsiasi locale, vai ad una qualsiasi festa e stai pur certo che Despacito sarà presente e fastidiosa, esattamente come lo zio che ti domanda “Quando troverai un lavoro vero?”.
Luis Fonsi, tuttavia, non è l’unico colpevole. Nella lista nera dei tormentoni latin pop, infatti, ci sono anche Lucenzo e Don Omar (Danza Kuduro, 2010), Michel Teló (Ai se eu te pego, 2011), Gusttavo Lima (Balada, 2012), Enrique Iglesias (Bailando, 2014; El perdón, 2015; Duele el corazón, 2016) e Álvaro Soler (El mismo sol, 2015; Sofia, 2016). Sono certa che almeno qualcuno di loro ha popolato i vostri incubi estivi.
5. ANNI 2020: Non mi basta più, Baby K
Gli anni 2020 verranno sicuramente ricordati per la pandemia di Covid-19, ma anche per un’altra piaga: i tormentoni estivi che spesso mischiano influenze rap e trap con i rimasugli dell’infatuazione latin pop del decennio precedente.
Questa canzone in particolare, uscita proprio nell’estate 2020, l’ho scelta perché, oltre a rispettare questa inquietante descrizione da “mostro di Frankenstein musicale”, rappresenta un caso mediatico: al fianco di Baby K – che evidentemente soffre di una forma di amnesia che la porta a urlare il suo nome d’arte all’inizio di ogni sua canzone, non si sa mai che se lo dimentichi – vediamo la partecipazione straordinaria (si fa per dire) dell’imprenditrice digitale Chiara Ferragni, al suo esordio discografico.
Nemmeno suo marito Fedez aveva mai osato portarsela dietro in una sua produzione, ma tant’è. Tra un tampone e una zona rossa, quando pensavamo che le cose non potessero andare peggio, la voce sgraziata della bionda influencer ci urlava nelle orecchie “Questo è il pezzo mio preferitooo”. Per fortuna, la sua carriera da cantante è finita prima di cominciare.
Era una parentesi “tranquilla”, prima di Sanremo…
Osservandola dalla prospettiva di queste canzoni, l’idea di essere ancora a febbraio non mi risulta poi così spiacevole, in effetti. E no, se ve lo state chiedendo, per ovvi motivi questa “fantastica” cinquina non verrà inclusa nella mia playlist “Minako’s Jukebox”. Se nelle prossime ore avrete delle canzoni trash a martellarvi il cervello con diversi mesi di anticipo, sapete con chi prendervela. Ma tranquilli, verranno rimpiazzate prestissimo da quelle del Sanremo appena concluso. Sigh. Alla fine, non si stava poi così male sotto quella termocoperta.
di Marta “Minako” Pedoni