Da sempre si lega l’immaginario del mondo del rock ad un vortice peccaminoso di perdizione. Quanto ci possa essere di vero o di leggendario in tale convinzione non ci importa, in questa sede.
Mi sono divertita però ad abbinare i sette peccati capitali a rispettive sette canzoni, provenienti dal rock e dal pop.
I sette peccati capitali sono quei vizi, identificati dalla tradizione religiosa, dei quali chi ci si macchia finisce imperdonabilmente all’inferno. E gli inferi sono sicuramente pieni fino all’orlo di musicisti famosi. Pensate un po’ che posto divertente, se si esclude la tortura perpetua.
Facciamoci quindi un bel giretto tra i sette gironi danteschi dell’oltretomba, accompagnati dalla musica del mio Jukebox!
Superbia: You’re so vain, Carly Simon
La superbia è la convinzione (fondata o meno non è importante) di essere superiori agli altri, derivante spesso da una profonda vanità, che porta ad “auto-idolatrarsi” e che sfocia nel disprezzo di tutti e di tutto ciò che sta intorno.
Non potevo quindi che scegliere You’re so vain di Carly Simon come canzone abbinata alla superbia. L’uomo (probabilmente un ex della protagonista) a cui è dedicata, infatti, viene descritto come il tipico vanesio che si atteggia come se fosse desiderato da tutte le persone presenti in ogni stanza in cui entra.
Il ritornello del brano addirittura punzecchia in modo piccato (ma sempre elegante) il frivolo vanaglorioso, cantando “Scommetto che pensi che questa canzone parli di te”!
Accidia: The Lazy Song, Bruno Mars
L’accidioso è colui che vive passivamente, non prende decisioni di nessun tipo e passa la sua esistenza andando avanti per inerzia, in preda a un perenne torpore. È talmente pigro e svogliato da non comportarsi propriamente male, ma nemmeno porta avanti niente di buono.
L’apatia, l’abulia e l’indolenza caratterizzano il suo stile di vita: in pratica tutto ciò che canta Bruno Mars in The Lazy Song, canzone dalle forti influenze reggae che ben si sposano con l’atmosfera “rilassata” che il cantante vuole trasmettere.
L’artista hawaiiano racconta nel suo brano di voler stare tutto il giorno a letto, col telefono spento, a guardare la TV con “le mani nelle mutande”. Non ha intenzione né di vestirsi, né di pettinarsi, perché tanto non deve andare da nessuna parte. Domani (forse) tornerà ai suoi impegni, ma per oggi non ha voglia di fare niente, punto.
Ira: Death on two legs, Queen
L’ira è un’avversione profonda verso qualcosa o qualcuno, un sentimento intenso di acceso risentimento. È una forma di rabbia violenta che spesso si tende a sfogare con offese rivolte a chi l’ha provocata. E qui me li hanno decisamente fatti arrabbiare i Queen.
Death on two legs è una vera e propria “lettera d’odio” nei confronti del loro primo manager, Norman Sheffield, ritenuto colpevole di aver sfruttato e raggirato la band quando era ancora agli inizi.
Una sequela irripetibile di insulti, ma che qui (per dovere di cronaca, si intende) riportiamo molto volentieri (perché, diciamolo, è divertente): sanguisuga, cane malato, asino, pallone gonfiato, squalo, pazzo, topo di fogna, il tutto condito da “Kiss my ass” come ciliegina sulla torta. Freddie Mercury presentava il brano dal vivo affermando che fosse dedicato ad un “figlio di puttana” che conosceva un tempo.
Una curiosità: nonostante i Queen non abbiano mai fatto il nome del diretto interessato, il signor Sheffield intentò una causa per diffamazione contro di loro (risolta con un accordo fuori dal tribunale) e provò anche a discolparsi nella sua autobiografia: questo non fece altro che confermare la sua identità come destinatario della canzone-invettiva, se mai ci fossero stati dei dubbi.
Avarizia: Money, Pink Floyd
L’avaro è colui che prova un egoistico legame verso le cose che gli appartengono, evitando in ogni modo di spendere, condividere o donare. L’avarizia è spesso accompagnata dall’avidità: infatti, l’avaro è perennemente insoddisfatto di ciò che ha e desidera averne sempre di più.
Il brano perfetto per il peccato dell’avarizia è Money, dei Pink Floyd, tratto da The Dark Side Of The Moon che tra le sue tematiche ha proprio l’esplorazione dei lati oscuri dell’animo umano.
Money parla in modo critico proprio della cupidigia, dell’attaccamento morboso al denaro che contraddistingue la cultura moderna. Come se l’accumulare soldi e beni di lusso sia l’unico fulcro della vita di ogni individuo. Tutto ciò viene identificato come una delle cause di disagio, contrasti e sofferenza nella nostra società.
La canzone è caratterizzata da effetti sonori che richiamano i rumori di un registratore di cassa (ad opera di Alan Parsons) e da un inusuale tempo dispari di 7/4.
Gola: Honey Pie, The Beatles
È goloso non chi mangia per placare la propria fame, ma chi continua a ingurgitare cibo per il puro piacere del palato o per ingordigia.
Per estensione, pecca di gola chiunque abusi di una determinata cosa per bramosia, andando oltre il limite imposto dalla natura umana.
Se penso alla golosità, mi viene subito in mente una torta ricoperta di panna. Non la mangerei per “necessità”: per soddisfare l’appetito andrei di più verso un panino o una pizza. I dolci non servono a “nutrirci” in senso stretto: sono per lo più, appunto, peccati di gola.
Ecco, se dovessi trasformare tutto questo discorso in una canzone, quella sarebbe senza dubbio Honey Pie dei Beatles.
Honey Pie, tratta da The White Album è tutta un zuccheroso omaggio ai generi music hall e vaudeville, in cui la dolcezza di una ragazza viene appunto paragonata ad una torta al miele. “Sono innamorato ma sono pigro”, cantano i Fab Four. Eh, no, caro il mio Paul McCartney… Non sei innamorato, sei solo tentato da un peccato di gola.
Lussuria: Sledgehammer, Peter Gabriel
Per definizione “da vocabolario”, la lussuria è l’abbandono ai piaceri carnali ma anche il desiderio irrefrenabile, ossessivo e smodato di soddisfarli.
Ci sono tante canzoni, più o meno esplicite, a sfondo sessuale: il mondo della musica ne è ovviamente pieno. La mia scelta, tuttavia, è ricaduta su uno dei miei brani preferiti in assoluto.
Sledgehammer di Peter Gabriel parla inequivocabilmente di sesso (davvero vi devo spiegare a cosa si riferisce il titolo?), ma lo fa in maniera per niente volgare ed estremamente divertente e autoironica.
Il testo è cosparso interamente di doppi sensi e di allusioni (a treni e binari, o cesti di frutta dolcissima e api) che lasciano ben poco spazio alla libera interpretazione.
E poi, dai, se la sensualità si potesse trasformare in uno strumento musicale suonerebbe sicuramente come il basso di Tony Levin.
Invidia: Jealous Guy, John Lennon
L’invidia è quel fastidio che si prova in relazione a un bene, una qualità o uno status posseduto da altri e che vorremmo invece avere noi: a volte, in casi estremi, può arrivare a sfociare in un astio tale da desiderare il male di coloro che hanno ciò che noi desidereremmo.
Anche la gelosia, analogamente, può consistere in una sorta di risentimento o di senso di inadeguatezza legati a una relativa mancanza di qualcosa.
Sia l’invidia che la gelosia derivano da pensieri di insicurezza, paura e preoccupazione che girano attorno al timore che un rivale possa ottenere ciò che vorremmo noi o magari addirittura “rubare” l’affetto di qualcuno a noi caro.
Sentimenti come la gelosia, soprattutto in ambito amoroso, possono diventare dei veri e propri tormenti (per chi li prova e per chi li subisce) provocati dal sospetto di perdere la persona amata, magari ad opera di altri, fino a trasformarsi in atteggiamenti tossici e pericolosi.
Il buon John Lennon ha pensato bene, infatti, di chiedere ufficialmente scusa a sua moglie Yoko Ono e a tutto il genere femminile per le sue mancanze e per essere un “ragazzo geloso”.
Jealous Guy, tratta dall’album Imagine, parla proprio della sensazione di perdere il controllo pensando alle relazioni passate della persona amata o dell’insicurezza derivata dal travisare alcuni gesti o certi sguardi, vedendo minacce anche dove non ci sono. “Potevi non amarmi più”, canta Lennon, scusandosi poi per aver causato sofferenze e lacrime con il suo comportamento.
Riemergiamo dall’abisso
Il nostro viaggio tra i peccati capitali finisce qui, e finalmente riemergiamo dalla voragine infernale. Se mai vi doveste macchiare di uno di questi vizi senza perdono, ora sapete di essere in buona compagnia. Da questi peccati, almeno, qualcosa di buono è venuto fuori: guardate un po’ che playlist! A proposito: la trovate proprio qui, insieme agli altri brani del mio Jukebox.
di Marta “Minako” Pedoni