Come altre numerose espressioni della lingua italiana, la parola rivoluzione può assumere più di un significato. Può essere una rivoluzione intesa in senso sociale. Oppure ancora, una rivoluzione nel senso di cambiamento, anche a livello individuale. Ma soprattutto, è un concetto che spazia dai pianeti fisici a quelli artistici e immaginari.
Non in ultimo, rivoluzione può anche avere il senso di moto di rivoluzione dei pianeti, come quello compiuto da questi attorno al Sole.
Il moto di rivoluzione, se si vuole essere più precisi, è il movimento che un pianeta (o un altro corpo celeste) compie attorno a un centro di massa. Di conseguenza si parla di questo tipo di moto anche in relazione al movimento di un satellite attorno alla Terra o quello di una stella attorno ad un centro galattico.
Tale moto è ciclico, perpetuo, circolare.
Nonostante possa sembrare differente o addirittura in antitesi rispetto alle altre concezioni del termine rivoluzione, al contrario queste sono caratteristiche che accomunano tutte le accezioni di questa espressione, nessuna esclusa.
La rivoluzione individuale è ciclica nel senso che ritorna costantemente in determinati ambiti o momenti della vita di una persona ed è ciclica nel senso che ritorna costantemente ogni qualvolta si entra in una nuova fase della vita, in particolare in quelle che riguardano il periodo dello sviluppo.
L’infanzia e l’adolescenza – in particolare – sono due fasi del periodo dello sviluppo che fanno della rivoluzione un aspetto cardine, la quale comprende non solo cambiamenti puramente biologici – come quelli ormonali – ma anche cambiamenti psicologici e di relazione all’ambiente.
Da piccole rivoluzioni individuali si passa a grandi rivoluzioni collettive.
Una delle prime cose che per associazione potrebbe saltare alla mente sentendo questa parola, infatti, è il caso della Rivoluzione Francese. O, magari, la Rivoluzione Americana. Se si vuole andare un po’ più in là nel tempo, forse quella Russa.
In questo caso, è un termine che ha un peso, un peso specifico che sentiamo tutto, anche solo a pronunciarlo: ri – vo – lu – zio – ne. Ogni sillaba è un macigno, il suono di un gong che si espande nel cervello e che crea flash di vite mai vissute, ma che sentiamo nostre, in qualche modo.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo alla rivoluzione dei pianeti.
Come può quest’ultima ricollegarsi alle altre accezioni della parola? E in che modo questa correlazione è stata e viene tuttora sfruttata dalle arti?
I moti di rivoluzione nell’arte: la cosmografia
Il termine cosmografia deriva dall’unione della parola greca kósmos, che ha il triplice significato di cosmo, ordine e mondo, e della parola – sempre greca – grafè, che sta invece per iscrizione.
Quindi, la cosmografia si può affermare abbia il significato di descrizione del mondo.
Si tratta di una vera e propria disciplina che fa parte allo stesso tempo della geografia o dell’astronomia descrittiva.
Nell’ulteriore ambito della rappresentazione artistica, essa si può suddividere in tre categorie: cosmografia imitativa, allegorica, ed escatologica.
Quella imitativa, come si può intuire, è presente se la forma d’arte si pone l’obiettivo di riprodurre le forme dell’universo; quella allegorica, al contrario, è caratterizzata dal fatto che ogni elemento architettonico dell’universo è associato allegoricamente ad un ulteriore elemento terreno.
Infine, per quanto riguarda la cosmografia escatologica, la struttura terrena – solitamente templi o chiese – tende a ricopiare simbolicamente le forme e le regole dell’universo.
Breve excursus del moto di rivoluzione nell’arte
Marco Bersanelli è astrofisico, professore presso L’Università di Milano e scrittore. Tra le sue opere vi è anche un libro intitolato “Il grande spettacolo del cielo” (del 2016, edito da Sperling & Kupfer), un testo all’interno del quale l’autore va alla ricerca delle corrispondenze tra astronomia e arte, trovandole in ogni era storica, fin da quando l’Uomo ha fatto la sua primissima apparizione sul suolo terrestre. Tale ricerca è evidente in ogni singolo capitolo, ognuno dei quali è diviso in una parte più “scientifica”, che riguarda la vera e propria astronomia, ed una seconda parte che esplora le corrispondenze con opere artistiche e letterarie.
Inizialmente, per l’uomo l’universo equivaleva ad un abisso nero, punteggiato da misteriose luci, forse riconoscibili in alcune antiche pitture rupestri. Ciò nonostante, la prima visione considerabile razionale che l’uomo ha avuto dell’universo è quella del filosofo greco Anassimandro, che allo stesso tempo ha ispirato la poesia di Saffo, i miti come quello di Atlante e i poemi epici.
Il periodo del medioevo è stato invece ricco di sorprendenti e inattese anticipazioni di quelle che sono tuttora le teorie più importanti su cui si basa l’astrofisica: Nel De Luce, risalente al 1225, un frate francescano descrive l’origine dell’universo in una maniera che sembra ricordare il Big Bang; Dante, nella sua Commedia, preannuncia le dimensioni plurime del cosmo e, nella Cappella degli Scrovegni, Giotto dipinge per la prima volta una cometa.
Si potrebbero fare altri numerosi esempi, rimanendo sempre all’interno di questi periodi storici, ma è utile anche concentrarsi sull’epoca moderna e sulla contemporaneità: la continuità e la rilevanza di questa tematica all’interno delle arti – non solo figurative-permette di comprendere quanto ancora si sappia poco del nostro universo.
Esempi contemporanei:
Hearts of the revolutionaries e A planets revolution
Hearts of the Revolutionaries: Passage of the Planets of the Future è in realtà il titolo completo di questa opera dell’artista Joseph Beuys, risalente al 1955. Beuys era pittore, scultore e performance artist tedesco, vissuto tra i primi anni Venti e la fine degli anni Ottanta. A lui si deve il concetto di scultura sociale: con questa espressione si indica la visione della società umana come appunto una scultura, in cui le arti giocano un ruolo fondamentale, tra l’antropologia e la cultura.
Quest’opera in particolare è caratterizzata dall’utilizzo di un rosso che rappresenta non solo – come è ovvio pensare – il cuore e il coraggio dei rivoluzionari, ma è allo stesso tempo un’affermazione dello stato del futuro e della vitalità, come si può anche leggere nella descrizione dell’opera, reperibile sul sito del Tate Museum di Londra.
Di più recente creazione è invece A planets revolution: non si tratta di un’unica opera, bensì è il titolo di una personale dell’artista britannico Ryan Mosley, tenutasi presso la Galerie EIGEN + ART di Berlino, tra il Settembre e l’Ottobre del 2017.
La mostra utilizzava il concetto di rivoluzione in relazione al momento odierno di incertezza politica, come ci dimostra lo stesso titolo. La perplessità e l’incertezza si trasformano in immagini, caratterizzate da colori tanto accesi da rimandare al nostro disperato tentativo di essere ottimisti. Anche in questo caso tutte le informazioni e gli approfondimenti sono direttamente reperibili sul sito della Galerie.
Di Martina “Dorian” Leva