I’m blue dabudidabuda è forse la prima cosa che un millennial pensa collegato alla malinconia del colore blu. To be blue è un’espressione inglese che indica uno stato d’animo collegandolo a un colore. Ormai è diventato di cultura pop anche il “Blue Monday” che di solito cade il terzo lunedì di gennaio, in quanto si ritiene sia il giorno più deprimente dell’anno. Insomma quasi quasi anche per noi il blu è diventato un sinonimo di tristezza.
Però non è così per tutti.
Se ci spostiamo in Asia per esempio il blu non è associato a qualcosa di triste. Il bianco invece è il colore del lutto e della malinconia, mentre per noi è collegato alla purezza. Il grigio invece è abbastanza collegato alla mestizia e contando che anche per noi non è felicissimo, può essere un punto di contatto tra le diverse culture. Ma esistono altre espressioni che evocano questo “colore blu?”
Sicuramente dobbiamo spostarci dalla metafora del colore per un attimo perché per dare lo stesso significato in cinese la tristezza si può esprimere con “心酸” (xīn suān), che letteralmente significa “cuore acido” ossia “cuore inasprito”, indicando un dolore che si sente nel profondo.
In Giappone
Colori come blu/verde (青, ao) e indaco (藍色, aiiro) evocano malinconia, mentre il grigio suggerisce tristezza e monotonia, specialmente in giorni di pioggia o in paesaggi cupi. La filosofia giapponese usa il concetto di mono no aware per descrivere una dolce tristezza legata alla transitorietà, rappresentata da colori naturali come il rosa dei fiori di ciliegio o i toni autunnali.
In Cina, la tristezza è spesso associata al bianco, colore del lutto e della morte, e al grigio(灰色, huī sè), che indica oscurità e monotonia. Esistono sicuramente espressioni che utilizzano i colori per dipingere metafore drammatiche come questa che mi piace particolarmente 乌云密布 (wū yún mì bù)
Cielo fitto di nuvole nere
È facile immaginarsi che un cielo carico di nuvole nere rappresenti uno stato d’animo molto triste o una situazione difficile. Il nero e il grigio scuro delle nuvole richiamano emozioni di oppressione e tristezza imminente. Questi colori e termini non sono direttamente collegati alla tristezza come idiomi, ma sono spesso usati in letteratura e nella vita quotidiana per descrivere emozioni malinconiche o situazioni tristi, arricchendo l’immaginario cinese con immagini naturali ed evocative.
Se andiamo avanti ad analizzare la cosa scopriremo che in realtà è proprio la nostra propensione momentanea a dare un’inflessione ai colori che vediamo.
Il giallo è triste?
Certo che no, ma se io lo collego a qualcosa in un dato momento?
Il rosa può essere triste se io sono triste?
Certo, se lo collego a qualcosa di malinconico, come possono essere le striature del cielo talvolta durante il tramonto, di un rosa raro e lontano, che ammorbidisce il cuore da una parte ma ti fa anche pensare che in tutte quelle sfumature, quelle variabili, quelle allusioni… Io dove sono? Io cosa sono?
Ecco, basta un po’ di introspezione e ogni colore può racchiudere tutte le sfumature che sentiamo.
Qual è la morale di questo articolo dunque?
Possiamo essere tristi in ogni momento e in ogni colore che desideriamo?
Sì, certo, anche questo.
Ma proprio per questa ragione, anche se si avvicina quel periodo dell’anno di grigiore per molti, non dobbiamo pensare per forza che il grigio ci deve rendere tristi. Possiamo vedere delle sfumature che ci possono rallegrare, possiamo inserirle noi, possiamo colorare il grigio oppure abbracciarlo e accettarlo. L’importante, e lo dico a me che sono una creatura che andrebbe in letargo ma morirebbe di sensi di colpa nel farlo e non si risveglierebbe a primavera, è non lasciarsi colorare dal “grigio” o da qualsiasi colore che non ci piace.
Se voglio essere triste un po’, va bene, ma poi, i colori ci sono sempre, se sappiamo e se vogliamo guardare.
di Alessandra “Furibionda” Zanetti