Sulla scia della Malinconia: viaggio nella letteratura

La parola Malinconia deriva dal greco, prima che dal latino. Con essa s’intende uno dei quattro umori dalle cui combinazioni dipendono il carattere e gli stati d’animo delle persone.

Questo sentimento è stato analizzato e d’ispirazione, nel corso dei secoli, perché ha un fascino particolare intrigante… Ma, soprattutto, è difficile da definire. Dalla poesia al romanzo, molti autori hanno trovato nella malinconia una musa capace di ispirare capolavori letterari, trasmettendo le profondità dell’animo umano e la sua eterna ricerca di significato.

Da un lato, la Malinconia può essere spesso associata a una riflessione profonda e a un sentimento di perdita o di desiderio insoddisfatto. Non va confusa con la tristezza, è una condizione esistenziale. Una sorta di atmosfera, che l’artista sceglie di vivere o creare.

Essa diventa la lente attraverso cui osservare il mondo, carica di un senso di nostalgia per ciò che è stato o per ciò che non sarà mai.

Petrarca e la sua Laura

Uno dei primi autori a esplorare la malinconia in modo elegante, fu proprio Francesco Petrarca. Con il suo Canzoniere, Petrarca definì la malinconia come un sentimento associato al desiderio amoroso e alla contemplazione della bellezza e della fugacità della vita.

La figura di Laura, musa inarrivabile e volubile, in quanto donna, umana, non più così “angelo” – un concetto legato a Dante Alighieri e alla sua Beatrice -, ma è il simbolo di un amore che alimenta la sofferenza poetica e il bisogno di riflessione interiore.

L’influenza di Petrarca è stata fondamentale perché gli autori successivi hanno trovato nella sua visione malinconica una nuova prospettiva da cui trarre ispirazione e poter ripartire. L’umanesimo, infatti, esplorava la condizione umana in tutta la sua complessità, e la malinconia diventava una parte centrale di tale esplorazione. Non a caso, è il periodo in cui l’uomo attua una lettura cosmopolita di sé stesso.

John Milton e la Malinconia Epica

È il XVII secolo. Un esempio significativo è John Milton con Paradise Lost, dove la malinconia pervade la narrazione della caduta dell’uomo e dell’angelo ribelle, Lucifero.

La malinconia qui assume una dimensione epica: è il risultato della consapevolezza della perdita dell’innocenza e del contatto diretto con il divino e la spiritualità. La grandezza della melanconia di Milton risiede nella sua capacità di esprimere un rimpianto cosmico, un lamento non solo umano, ma che diventa universale.

Il Romanticismo: la Malinconia come Ideale Poetico

Il Romanticismo sceglie la malinconia come tema centrale della sua poetica. Autori come Lord Byron, John Keats e Percy Bysshe Shelley fecero della malinconia non solo un tema, ma uno stato d’animo necessario e fondamentale per comprendere se stessi.

In Keats, in particolare, la malinconia è celebrata e contemplata nella celebre Ode on Melancholy, dove l’autore esplora la bellezza intrinseca della tristezza e come questa sia intimamente connessa alla gioia. Quasi fosse un passaggio obbligato, una connessione necessaria, senza cui non ci sarebbe l’una o l’altra.

La visione di Keats è quella di un’estasi malinconica, in cui la consapevolezza della temporalità della vita e della bellezza conduce a un paradossale apprezzamento più intenso del momento presente. Un po’ l’invidia di cui raccontava l’epica greca: gli Dei invidiano i mortali, in quanto “quel momento non si ripeterà”.

L’unicità dell’istante, rende tutto più vero, intenso e apprezzabile – sia in senso negativo che positivo.

Charles Baudelaire e la Malinconia in chiave “moderna”

Charles Baudelaire, con Les Fleurs du mal, rappresenta una svolta decisamente moderna nella rappresentazione della malinconia.

La malinconia non è più solo un rifugio per la contemplazione, ma un’ombra perenne che avvolge l’esistenza. La sua malinconia è urbana e moderna, frutto del contrasto tra il desiderio di bellezza e l’imperfezione del mondo.

Nelle sue poesie, la malinconia si lega a una ricerca disperata di significato, trasmessa attraverso immagini sensuali e crude. È Spleen la poesia che impersonifica questo sentimento, come un malessere da cui non si può guarire. Ma che vale la pena di provare.

Baudelaire introduce l’idea che la malinconia possa avere una qualità quasi sacra, incarnazione di un ponte tra il divino e il decadente. Rappresentante dell’iconica figura del poeta maledetto, perennemente in bilico tra aspirazioni sublimi e realtà tormentose, è, dopotutto, il padre del Decadentismo

Leopardi e la malinconia come desolazione

In Italia, è Giacomo Leopardi il poeta che più di tutti ha navigato nella malinconia, con una lettura in chiave filosofica.

Ne Le Operette morali e nei suoi Canti, Leopardi esplora la malinconia come espressione del pessimismo cosmico, un riflesso della consapevolezza della natura indifferente e dell’ineluttabile condizione di sofferenza dell’essere umano. L’essere umano è nato per provare malinconia e non c’è modo di non provarla.

La sua poesia L’infinito esprime l’essenza della melanconia romantica: il desiderio di oltrepassare i limiti della finitezza umana, sapendo che questo anelito si scontra inevitabilmente con la realtà.

In Leopardi, la malinconia diventa una forma di conoscenza, un percorso attraverso cui l’uomo comprende la sua impotenza di fronte all’infinito – e a tutte le cose non tangibili o concrete.

Il XX Secolo e oltre

È nel XX secolo che la malinconia trova nuove voci tra poeti come T. S. Eliot, con The Waste Land.

Si intreccia alla perdita di identità e al vuoto spirituale della società moderna. La melanconia diventa allora una reazione alla modernità stessa, espressa in uno stile frammentario e poliedrico.

Anche autrici – da non tralasciare – come Sylvia Plath e Anne Sexton hanno esplorato la malinconia attraverso una lente personale e cruda, facendo emergere la sofferenza interiore come parte di una lotta esistenziale e femminile. Ma è una malinconia diversa dagli uomini che hanno dato la loro interpretazione nel corso delle epoche. Si tratta di qualcosa che sa di determinazione, di energia, perché in quel periodo essere donna, con un talento del genere, non era una di quelle accoppiate vincenti. Eppure, hanno dato il loro contributo, modificandone l’approccio. Niente passività, c’è attivismo in questo sentimento.

La malinconia continua a essere una forza potente nella letteratura, capace di ispirare riflessioni profonde sulla condizione umana. Ogni autore ha trovato nella malinconia un elemento capace di rivelare verità scomode e sublimi – che ancora oggi pronunciamo con sicurezza e nostalgia.

Essa è l’eco di una costante ricerca, il segno che l’anima umana è capace di trasformare il dolore in arte.

di Giulia Previtali

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