Niente da perdere – Recensione

Niente da perdere” è un film francese diretto da Delphine Deloget, al suo esordio come regista di lungometraggi. È stato presentato all’edizione 2023 di Cannes nella sezione Un certain regard, e arriverà nelle sale italiane dal 1ºMaggio, distribuito da Wanted.

La trama

Niente da perdere è una storia drammatica, quella di una madre che si vede portare via il figlio dagli assistenti sociali come conseguenza di un incidente domestico, e della lotta che segue con una burocrazia a volte cieca e testarda che segue sempre lo stesso iter senza valutare caso per caso.

La protagonista del film, Sylvie, è molto lontana dallo stereotipo della madre che siamo abituati a vedere al cinema, e non solo. Non è una madre modello, che ha messo da parte sé stessa per dedicare ogni singola fibra del suo essere alla cura dei figli. Non è nemmeno una madre degenere, disinteressata, che abbandona la propria prole. 

La protagonista

Sylvie è umana, non sempre fa le scelte giuste e credo che questo sia uno dei grandi punti di forza del film: raccontare la quotidianità, senza giudicare o dare stelline per il merito in base ai comportamenti della protagonista. Sylvie è una donna che continua ad essere donna anche dopo essere diventata madre. Continua a lavorare e avere una vita sociale e sentimentale, non vive soltanto per i suoi figli. Anche dopo che il figlio le viene portato via, Sylvie non si colpevolizza mai, ma pensa soltanto a come agire per poter riabbracciare il figlio il prima possibile. L’interprete del personaggio di Sylvie, Virginie Efira, ha fatto un lavoro straordinario nel dare vita a questa donna incredibilmente sfaccettata.

Gli altri personaggi

Intorno a Sylvie orbitano tutta una serie di personaggi altrettanto imperfetti, altrettanto umani, ognuno col proprio bagaglio di pregi e difetti. Persino gli assistenti sociali, che sembrano accecati dall’applicazione di uno specifico protocollo senza tenere conto dei casi singoli, hanno la loro umanità e chi guarda il film ne capisce le ragioni, anche a volte non condividendole.

La situazione in Francia

Niente da perdere è un film doloroso da guardare in certi momenti, mi ha ricordato “Il processo” di Kafka per quanto riguarda il modo in cui la legge a volte sembra agire in modi incomprensibili e controintuitivi, risultando quasi aliena rispetto alle persone che dovrebbe tutelare.

Se il film è doloroso, la realtà lo è ancora di più: durante la conferenza stampa a Roma, la regista ha spiegato quanto le situazioni ritratte avessero a che fare con storie reali. In Francia, in quasi il 90% dei casi i bambini vengono sottratti alle famiglie dopo un singolo episodio di malagestione. Si agisce alla prima segnalazione, seguendo il principio per cui la priorità è la messa in sicurezza del minore. 

La storia di Sylvie, la protagonista, è la storia di centinaia di madri che devono combattere una battaglia che può durare fino a 10 anni per poter riabbracciare il proprio figlio.

La messa in scena

È un film che non lascia indifferenti. In Francia, gli stessi assistenti sociali hanno lodato il film per il modo in cui li rappresenta, anche nelle falle del sistema.

La messa in scena del film risulta essere quasi documentaristica. Più che un’opera di finzione, sembra di trovarsi davanti a degli eventi che stanno accadendo in diretta davanti agli occhi dello spettatore. Le reazioni dei personaggi non sono mai drammatiche o teatrali, ma sempre autentiche e verosimili. Possono essere condivisibili o meno, ma non risultano mai false.

In un’opera con un carattere così forte traspare bene la visione di Delphine Deloget riguardo quello che succede quando una famiglia viene messa sotto pressione fino al punto di esplodere, ma anche e soprattutto una visione netta e dura sui tempi e i modi in cui lo Stato possa o meno intromettersi nella vita privata dei cittadini. 

La sua visione è presente, ma non predominante, e lascia allo spettatore la possibilità di farsi una propria idea degli eventi.

Non è un film facile da guardare, per via dei temi trattati, ma per me merita assolutamente la visione.

di Antonella Liverano Moscoviti

Antonella Liverano Moscoviti
Antonella Liverano Moscoviti
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