Ho incontrato Laura Braga alla diciassettesima edizione del Giocomix di Cagliari, dopo anni che la seguivo su Instagram, ed è stato come conoscere la mia supereroina preferita. Provo un’enorme ammirazione per questa donna che, con tanto studio e duro lavoro, ha fatto del suo talento di disegnatrice e della sua passione per il mondo dei fumetti – in particolare quelli supereroistici – una carriera che porta avanti ai massimi livelli, collaborando con le realtà baluardo del genere stesso come Marvel e DC.
Un percorso lavorativo incredibile con cui ha raggiunto traguardi straordinari, sia a livello personale che professionale: ci confida che lavorare in DC significa anche avere la soddisfazione di disegnare i suoi personaggi preferiti come Harley Quinn, la sua favorita in assoluto e di cui si diverte in modo particolare a ritrarne le espressioni, e Batman con cui è già passata alla storia per aver originato nel 2021 la prima identità dell’uomo pipistrello incarnata da un afroamericano – Tim “Jace” Fox -, protagonista di Future State: The Next Batman, con le sceneggiature del Premio Oscar per 12 Anni Schiavo John Ridley.
Nel prossimo futuro, invece, alcuni progetti segretissimi legati a Star Wars, testata con cui collabora proprio da quest’anno, e a un horror targato Archie Comics che rilancerà un personaggio degli anni ‘60.
Ho avuto la possibilità di scambiare quattro piacevolissime chiacchiere con Laura Braga, una donna che “ce l’ha fatta” e rappresenta, a mio avviso, un modello per tante ragazze e giovani donne con un sogno da realizzare: ecco cosa mi ha raccontato.
Laura Braga: una carriera stellare
Ciao, Laura! Intanto, grazie per la tua disponibilità e per il tuo tempo. Hai iniziato la tua carriera da giovanissima, – sei ancora giovanissima – prima con l’incontro con Milo Manara, fino ad arrivare alle collaborazioni prestigiose per cui ora sei universalmente riconosciuta. Hai ancora qualche sogno nel cassetto da realizzare, professionalmente?
Intanto mi sento fortunatissima per tutto quello che ho potuto realizzare finora. In realtà, ogni volta che mi prefisso un obiettivo per l’anno successivo, o penso a un progetto a cui vorrei collaborare, poi magari mi capita tutt’altro: spesso si tratta di lavori a cui non avrei immaginato di prendere parte ma questo è un lato così stimolante e interessante del mio mestiere, anche dopo tanti anni, che mi diverto forse di più a lasciarmi sorprendere che a fantasticare.
Vorrei sicuramente continuare a lavorare per il mercato americano, che mi ha cambiato la vita e ha dato una svolta alla mia carriera. Da fan, per esempio, avrei sempre sognato di lavorare a Star Wars ma non avrei immaginato che sarebbe accaduto veramente: lo vedevo come un traguardo bellissimo ma irraggiungibile. E invece il mio 2024 è iniziato proprio con Star Wars!
Le case editrici americane e lo scouting via social network
Hai scelto di vivere in Sardegna, quindi su un’isola da dove invece molti professionisti di diversi settori “scappano via” perché la vedono come una gabbia che li taglia fuori dalle opportunità. Cosa consiglieresti agli illustratori e alle illustratrici che vivono in piccole realtà e che vorrebbero intraprendere una carriera nel mondo del fumetto?
La grossa fortuna che abbiamo oggi è sicuramente avere un mezzo come internet. Quando avevo vent’anni e volevo proporre i miei lavori alle case editrici americane, l’unico modo era investire dei soldi per prendere l’aereo e andare dall’altra parte del mondo alle convention statunitensi, dove dovevo incrociare le dita per incontrare qualcuno a cui poter mostrare il mio portfolio. Ero agli inizi, non ero ancora pronta, ma mi è sicuramente servito per fare esperienza e comprendere come va il mondo, soprattutto nel mio settore.
Ora è diverso, con l’avvento dei social network, se un artista utilizza in modo professionale il proprio profilo, curandolo e non mischiandolo alla propria vita privata (aspetto a cui le case editrici USA sono piuttosto attente) si ha la possibilità di essere notati e contattati dai talent scout e dagli editor che vanno alla ricerca di nuovi collaboratori da inserire nelle produzioni proprio in questo modo.
Anche una volta introdotti nel mondo professionale, sicuramente la possibilità di lavorare da casa e di mandare tutto il materiale via email permette di portare avanti la carriera da qualsiasi parte del pianeta.
Il mio consiglio è quello di studiare sempre tanto, a prescindere dal posto nel mondo in cui ci si trova, e di non farsi scoraggiare dai “no” e dalle porte in faccia, che – posso garantire – in questo mestiere continuano ad arrivare anche quando la carriera è già decollata.
Questa enorme possibilità, però, fa aumentare esponenzialmente anche la “concorrenza”?
Sì, questo è vero, però nel mio campo c’è comunque la possibilità di lavorare. Se si hanno tutte le carte in regola a livello di qualità dei lavori e di affidabilità, le case editrici americane cercano sempre nuovi professionisti da inserire perché la mole di lavoro è tanta, le scadenze hanno tempi strettissimi (si parla di 4-5 settimane al massimo) e a tutti capita di ammalarsi una volta ogni tanto: da qui la necessità di avere sempre dei “sostituti”.
Inoltre è importante essere la persona giusta al momento giusto: un lavoro con uno stile o con delle tempistiche non compatibili con un artista potrebbe invece essere il progetto adatto per qualcun altro. Come dicevo prima, i “no” arrivano anche a carriera già avviata!
Un’altra cosa importante per gli statunitensi è la disponibilità: l’artista deve sempre dimostrare di essere presente, disposto ad accettare le eventuali correzioni, ma soprattutto di non negarsi se gli viene richiesto di lavorare anche quando magari aveva altri programmi nel suo privato. La “concorrenza” è talmente tanta, in termini di professionisti a cui un editore si può rivolgere, che si rischia di non essere richiamati, a favore di qualcuno più disponibile.
Purr Evil e la collaborazione con Mirka Andolfo
Uno dei tuoi ultimi lavori è Purr Evil, in collaborazione con l’autrice Mirka Andolfo ed edito da Star Comics, che ha come protagoniste due donne, Rita e Deb, madre e figlia. In quale delle due ti riconosci di più?
A dire la verità, in entrambe. In ognuna di loro ho messo delle caratteristiche che mi rispecchiano. Rita ha una figlia adolescente, Deb. Anche io sono mamma di un figlio adolescente, e anche io come Rita sono una mamma un po’ punk, un po’ rock. Deb invece, come me, ama tutto ciò che è kawaii, “puccioso”, e ha una passione per il Giappone, i manga e i videogiochi, altre cose che mi accomunano a lei. Inoltre, come si intuisce dal gioco di parole del titolo, in Purr Evil hanno un ruolo i gatti, e io ho ben cinque gatti a casa!
Laura Braga: una grande professionista e non solo.
Mi raccontavi che sei una mamma: cosa ne pensi dello stereotipo che vedrebbe le donne “costrette” a scegliere nell’eterna diatriba tra la carriera e la famiglia, tu che sei riuscita a portare avanti entrambi gli aspetti della tua vita in maniera felice e realizzata?
Per me è stato fin da subito importantissimo continuare a lavorare. Quando è nato mio figlio non lavoravo ancora per gli Stati Uniti, ma collaboravo con la Mondadori in Italia nell’ambito dell’editoria per ragazzi: il metodo di lavoro e soprattutto le tempistiche per le consegne erano molto più diluite e meno serrate.
Quando ho iniziato a lavorare per l’America mio figlio aveva 3 anni, ma per me è sempre stato importante sia portare avanti la mia carriera, sia dedicarmi alla mia vita da mamma. Non nego che è stato difficile: spesso disegnavo con il mio bambino in braccio! D’altra parte, lavorare da casa mi permetteva di stare con lui per più tempo. È sicuramente possibile conciliare i due aspetti, non è semplice e bisogna volerlo fortemente, ma una cosa non esclude l’altra.
Poi, crescendo, mio figlio si è persino appassionato al mondo dei fumetti, e io sono felice di coinvolgerlo e di portarlo alle fiere con me, offrendogli la possibilità di comprendere meglio il mio lavoro e di avere, perché no, degli stimoli creativi.
Laura, cosa ti lascia senza niente da dire?
Mi lascia senza niente da dire il fatto che a volte si fanno tanti progetti, si organizza ogni cosa perfettamente – la giornata, il lavoro, gli eventi, addirittura anni interi – e invece poi ci si ritrova a dover rivedere tutto da capo perché la vita è una cosa imprevedibile. Non puoi avere la vita sempre programmata, perché poi arriva quella cosa che ti sconvolge tutto e che ti lascia spiazzata. Ma il più delle volte forse questi imprevisti portano a qualcosa di ancora più bello rispetto a ciò che avevamo pianificato. E questo mi lascia sempre senza parole.
di Marta “Minako” Pedoni