Mia nonna, che ne sapeva una più del diavolo, mi ha insegnato che il demonio, prima di rubarti l’anima, ti accarezza.
Al contrario di quanto insegnano la Chiesa e tante altre religioni, il diavolo non è brutto, deforme. Anzi, è suadente, compiacente e molto convincente. Il diavolo ama gli esseri umani. Soprattutto le loro interiora.
Sono dettagli importanti questi, come tutti quei dettagli che spiegano perché il male dilaghi anche in una società così per bene come quella di una normale cittadina americana degli anni ‘90.
Il film Longlegs, diretto da Oz Perkins e interpretato da Nicolas Cage e Maika Monroe, si presenta come un thriller horror dai toni scuri, poco chiari e decisamente equivoci. Sono i dettagli inquietanti e i significati nascosti che mostrano il fascino del diavolo e della trama. Un film basato sul satanismo nelle sue forme più vere, come traumi infantili, psiche distorte, protesi che nascondono il volto, bambole che nascondono il male, violenza, sorrisi. E, mi raccomando, una preghierina prima di andare a dormire.
Il personaggio di Longlegs si rivela essere un enigma da decifrare più che un film, così provo a risolvere il rebus, mostrando i vari richiami a elementi di horror psicologico, le citazioni, i numeri e le canzoni (al diavolo piace molto la musica) che rendono questo un film di cui si parlerà… A lungo.
Alla fine della lettura, non dimenticate la preghierina.
Cantami, o’ Diavolo
Se non danno un Oscar a Nicolas Cage quest’anno per Longlegs, non c’è più religione. L’attore californiano fa paura in questa pellicola. Sembra che abbia fatto davvero un patto con Satana in persona per interpretare il suo personaggio: alienato, oscuro, esteticamente irriconoscibile, ipnotico nella sua orrida forma.
Cage ha raccontato del lavoro che ha svolto per mesi per dar vita a Longlegs, un assassino seriale dall’aspetto androgino e dai movimenti inquietanti. Per creare una presenza scenica tanto disturbante, Cage ha tratto ispirazione da figure di riferimento come Bob Dylan, il cui trucco bianco e alienante usato nel tour Rolling Thunder Revue è diventato un elemento chiave per definire l’aspetto del killer.
La scelta di Perkins di collegare il protagonista all’estetica glam rock, e in particolare alla musica dei T. Rex e Lou Reed, è un elemento che aggiunge un tono sinistro e nostalgico al film. Brani come Get It On dei T. Rex vengono riproposti durante momenti chiave, creando un parallelismo con i culti satanici degli anni ’60 e ’70 e con il controverso legame tra rock e occultismo.
Questo aspetto, secondo quanto spiegato dal regista, intende richiamare alla mente l’idea di corruzione e il potere dell’occulto in una veste pop: un ambiente apparentemente innocuo, ma contaminato da elementi sinistri che si rivelano solo con una visione più approfondita.
Il glam rock, sebbene generalmente distante dai temi occulti, viene reinterpretato in Longlegs come uno strumento simbolico del male, con Cage che rispecchia fisicamente un’estetica da “rockstar decadente”. Un parallelo ironico e disturbante che enfatizza il personaggio come una sorta di “santone oscuro”.
Un dualismo, insomma, tra grazia e orrore, tra musica e stonatura, i dettagli contrastanti così cari a Satana.
Il fascino oscuro della distruzione
Cage ha giocato con movimenti eleganti e ambigui per rappresentare un personaggio che trascende il genere, sfidando sia la morale che l’identità. Il suo aspetto deformato da una ricostruzione prostatica volutamente estrema – tutto pur di sembrare perfetto e affascinante come Lucifero – rende Cage una figura che incarna il male, che manipola le persone a suo piacimento, simboleggiando il fascino oscuro della distruzione.
Longlegs è il concetto di dualità: è sia giudice che carnefice, portando le sue vittime a confrontarsi con il proprio lato oscuro, un richiamo al tema del “doppio” che permea l’intero film.
Longlegs, “bello per il diavolo”
Dal punto di vista stilistico e narrativo, Longlegs richiama grandi classici del genere, come Il silenzio degli innocenti e Se7en.
Il killer di Cage viene mostrato solo in alcuni momenti, enfatizzando la sua figura come ombra e proiezione delle paure collettive. Perkins ha affermato di aver voluto creare un’opera che ridesse vita alla figura del serial killer come simbolo dell’occulto, evitando di rappresentarlo in modo del tutto realistico. La decisione di ambientare il film negli anni ’90 amplifica questa sensazione, facendo riferimento all’era pre-internet, quando i crimini rituali e i culti satanici erano ancora circondati da un’aura di mistero e terrore.
Tuttavia, ciò che più colpisce forse del lavoro di Cage è la sua confessione di essersi ispirato alla madre, la cui lotta con la schizofrenia ha dato all’attore una prospettiva più empatica e personale per interpretare il lato oscuro e tormentato del suo personaggio.
Cage ha anche rivelato che la voce inquietante e il comportamento stravagante di Longlegs sono stati sviluppati insieme al regista, dando origine a una figura che riflette sia un trauma personale, sia un’ossessione con l’estetica demoniaca.
Tutto è stato studiato per essere “bello per il diavolo”, tutto si prostra totalmente alle forze maligne, dentro il corpo e fuori. Come sopra, così sotto.
Quattordici volte citazionista
Ho detto quanto ci tenga il diavolo ai dettagli. Un’ulteriore prova di ciò, oltre alla cura con cui è stato dipinto il personaggio di Longlegs, è offerta dagli elementi nascosti nella trama.
C’è un’attenzione maniacale di Longlegs verso le ragazze nate il 14 di ogni mese. Tutto ruota attorno a questo numero: la parola “long” viene casualmente inserita nelle conversazioni per quattordici volte. Quattordici, come il numero della Via Crucis riportato nel Vangelo di Giovanni, lo stesso evangelista dell’Apocalisse. Questa data è un segno: potevano inserire il banalissimo triplo 6, il numero della Bestia, ma il 14 ha un’importanza più oscura, più matematica, più profonda, legata alla sequenza del pentagono rovesciato, simbolo tradizionale del diavolo.
Il 14 è un numero collegato tanto alla Bibbia quanto al Giudizio Universale, composto dalla decina, numero associato alla tribolazione, alla carcerazione dei capi della chiesa di Smirne e all’azione satanica, più il numero quattro, generalmente noto nella numerologia e nella cabala come il numero cosmico, manifestazione dell’azione divina.
Una dualità contrapposta ancora una volta? Pensa un po’ le coincidenze.
Ma i simbolismi non si limitano ai numeri e all’estetica
Un’altra delle peculiarità del personaggio di Longlegs è l’uso del termine “cuckoo”, ripetuto in diverse scene chiave del film. I cuculi sono noti per deporre le uova nei nidi di altri uccelli. Nidi che la loro prole poi distruggerà, spingendo gli altri volatili a credere che siano loro i loro adorati pulcini. Analogia tra il rapporto di Longlegs e la società, tra la vita di Lee Harker e di quelli che le gravitano attorno.
L’influenza satanica, a un certo punto del film, si mostra attraverso le sembianze di bambole rituali, simboleggiando un antico rito di possesso, e incorpora elementi iconografici cristiani reinterpretati in chiave oscura. L’intero film è attraversato dalla presenza di una bambola che ha legami misteriosi con Lee. Si scopre che la bambola le è stata consegnata durante la sua infanzia e contiene una parte del male che ha infestato Longlegs.
Questo dettaglio, che all’inizio sembra una semplice superstizione, diventa un elemento chiave per spiegare il legame telepatico tra Lee e l’assassino. La bambola diventa una sorta di canale che consente a Lee di percepire il male e di prevedere le mosse di Longlegs.
La madre stessa di Harker, vestita come una falsa Vergine Maria, distribuisce le bambole realizzate da Longlegs ad altre famiglie, manipolando l’immaginario religioso per attirare le vittime in una trappola maligna.
Longlegs: il male che abbraccia la quotidianità
Questo contrasto tra il sacro e il profano, questa rappresentazione del male, inteso come forza onnipresente e manipolatrice, si manifesta anche nel personaggio di Lee Harker, la cui scoperta della verità diventa un’odissea morale.
Attraverso il percorso di Harker, il film suggerisce una lettura allegorica della perdita dell’innocenza e del confronto con un male universale che abbraccia il mondo invisibile dell’occulto e della quotidianità.
Anche quella di oggi. Anche quella davanti a noi, attorno a noi. Sopra noi. Sotto di noi.
di Elisa Erriu