Entra un mostro deforme sul palco. Il mostro è spaventato, innocuo, ha paura, ma tira una poderosa scoreggia. Tutti ridono, inorridiscono e lo scherniscono. Sipario.
Non è facile spiegare la dinamica di uno show, cosa succede nella mente umana quando gli occhi proiettano sulle pareti del nostro cranio alcune immagini. Entrano dinamiche che le definiscono “orribili”, altre “meravigliose”. Questo balletto di banalità è diretto dal maestro “ordine sociale”.
Il film The Substance, diretto da Coralie Fargeat, prende questo direttore d’orchestra, ci balla assieme, lo mena anche un po’ e alla fine lo lascia. Dopo una poderosa scoreggia.
L’estetica in questo film votato alla bellezza mette in mostra crudelmente ambizioni perverse, che portano una persona persino a considerare di cambiare la propria dinamica cellulare, con un prodotto di fatto estraneo e sperimentale, pur di essere “bellissima”. Da qui un vorticoso declino dentro la vita di una conduttrice televisiva divenuta icona della bellezza, sempre sotto pressione per apparire giovane e in forma.
Una lotta contro sé stessi, fino all’ultimo lembo vitale e liquido verdino.
Chi vince in una battaglia contro la sua stessa carne e, osiamo dire, anima?
Tu sei uno, uno e trino
In The Substance, Demi Moore interpreta Elisabeth Sparkle, un’istruttrice di aerobica sull’orlo dell’obsolescenza mediatica che ricorre a un siero miracoloso per diventare “Sue”, la versione più giovane e perfetta di sé stessa, interpretata da Margaret Qualley.
Elisabeth e Sue condividono un legame tanto fisico quanto emotivo, dovendo letteralmente spartirsi una settimana di vita ciascuna. Tuttavia, questo rapporto non è affatto simmetrico: mentre Elisabeth percepisce il successo di Sue come un riflesso di sé stessa, Sue inizia a prendere il controllo. Questo tema dell’invecchiamento come perdita di controllo riflette sia il fanatismo estetico di Hollywood che l’insicurezza legata al corpo che attanaglia molte persone nel mondo dello spettacolo.
Coralie Fargeat ha realizzato scene che spingono lo spettatore a interrogarsi sulla superficialità del successo e del potere nel mondo mediatico, rappresentando un’immagine brutale e quasi parodistica delle dinamiche che regolano le aspettative di giovinezza e bellezza.
Lo scontro fisico e psicologico tra le due versioni della stessa donna riflette l’insostenibilità di questo ideale di bellezza imposto dalla società. Un’insostenibilità accentuata da un dettaglio mostruoso: uno degli elementi centrali del film è l’estrema trasformazione fisica, rappresentata da scene come la “nascita” di Sue dal corpo di Elisabeth, un momento in cui le ossa della schiena si aprono letteralmente per lasciar emergere una nuova incarnazione.
The Substance e il body horror
Il tema del body horror, cioè la rappresentazione orrorifica del corpo e delle sue mutazioni, è centrale in The Substance. Il corpo di Elisabeth si apre letteralmente per generare Sue, un processo che evoca l’immagine di un sacrificio rituale in cui l’anzianità e l’esperienza sono eliminate per far spazio alla gioventù. Fargeat utilizza questo aspetto per rendere visivamente l’orrore dietro il mito della giovinezza eterna, evidenziando quanto l’ossessione per l’apparenza porti a una sorta di schiavitù psicologica e fisica.
Un elemento particolarmente significativo è come Fargeat abbia utilizzato primi piani dettagliati delle trasformazioni, dei tagli e delle cuciture sui corpi delle protagoniste. In modo simile a film di body horror come Titane e Raw, la regista adopera effetti visivi intensi per sottolineare le tensioni interne dei personaggi, rendendo la loro disgregazione fisica una rappresentazione esterna delle loro lotte interne e della pressione sociale che le attanaglia.
Margaret Qualley ha raccontato che girare le scene nei panni di Monstro, il mostruoso doppio di Elisabeth, è stato fisicamente e mentalmente estenuante: il costume pesante e le protesi rendevano il movimento quasi impossibile, provocandole attacchi di panico. A differenza dell’uso comune di CGI, Fargeat ha voluto basare il body horror sul realismo fisico, usando effetti pratici e prostetici per enfatizzare la realtà tangibile del dolore corporeo. Non c’è niente di più spaventoso della cruda realtà.
The show must go on
Oltre a rappresentare una relazione tesa e disturbante tra una donna e il suo doppio, il film critica il culto della giovinezza imposto dalla cultura popolare e dalla chirurgia estetica. In The Substance, Elisabeth non riesce a trovare conforto o approvazione nel suo nuovo corpo, poiché ciò che dovrebbe renderla “perfetta” la rende solo più insoddisfatta.
Le procedure di chirurgia e le trasformazioni fisiche a cui Sue si sottopone sono una parodia oscura del mondo reale, dove il desiderio di apparire giovani porta spesso a interventi chirurgici estremi.
In questo modo, il film funge da specchio di una società ossessionata dalla bellezza e dalla perfezione a ogni costo, che molto spesso finisce per scatenare proprio ciò da cui cerca di fuggire: l’invecchiamento e la decadenza.
Curiosamente, l’ossessione di Elisabeth per la perfezione e l’eterna giovinezza richiama alcuni dei più celebri ruoli di Demi Moore in G.I. Jane e Striptease, dove già l’attrice esplorava temi simili di forza fisica e sessualità in un mondo che oggettivizza e consuma le donne. La sua interpretazione di Elisabeth è stata lodata come una delle migliori della sua carriera, rendendo omaggio alla sua capacità di incarnare personaggi che sfidano, e allo stesso tempo soffrono, le pressioni dell’industria dell’intrattenimento.
The Substance: il prezzo del successo
Un’ultima curiosità, sempre alquanto mostruosa: la regista Coralie Fargeat si è ispirata alle sue esperienze personali e alla pressione dell’immagine nel mondo dello spettacolo, affrontando il concetto di bellezza eterna e l’ossessione per la giovinezza come elementi centrali.
Come ha spiegato, l’idea del film è nata dalla sua esperienza di vivere con un’immagine “mai abbastanza buona”. Un tormento amplificato con l’età e con la consapevolezza che, nella società, oltrepassare i 40 anni spesso significa perdere visibilità. Fargeat ha espresso la sua volontà di esplorare la violenza psicologica e fisica dell’industria della bellezza, dove la ricerca della perfezione diventa una vera e propria ossessione autodistruttiva.
E alla fine dello spettacolo, quando i resti sanguinolenti e purulenti dell’ennesima attrice abbandonano il palco, forse qualcuno si potrebbe chiedere: che prezzo ha il successo?
E la risposta si potrebbe trovare in coloro che, al contrario, in fondo alle costole si sono chiesti “che prezzo potrebbe avere una dose di The Substance?”.
di Elisa Erriu