I peccati e i correlati atti peccaminosi sono da sempre stati dei soggetti prediletti all’interno della storia dell’arte. Da sempre, infatti, pittori, scultori, e artisti sono così affascinati da questi da fornirgli centralità in numerosi nuclei di opere, siano esse dipinti o sculture. Si potrebbe inserire questo interesse quasi ossessivo all’interno di un più ampio e diffuso atteggiamento che attraversa la storia dell’arte in tutti i suoi secoli. Infatti, uno degli obiettivi che le espressioni artistiche da sempre si propongono è quello di svelare e sviscerare la realtà, sollevando il velo di Maya che tutto ricopre. Questo significa però anche svelare gli aspetti umani più bassi e istintuali, come appunto i peccati che da sempre accompagnano l’uomo.
La storia delle arti figurative, dunque, è costellata di opere di questa tipologia, di cui esistono numerosi e illustri esempi. Inizialmente, la rappresentazione dei peccati era strettamente correlata all’iconografia cristiana. Molti dipinti prediligevano come soggetto l’episodio biblico della tentazione di Eva nel giardino dell’Eden, per fare un esempio. Attraverso la secolarizzazione, però, questo genere di opere inizia a diventare sempre meno frequente e viene gradualmente sostituito da altre tipologie di rappresentazione. Al tempo stesso vi è un ritorno al passato: alle allegorie cristiane si sostituiscono rappresentazioni legate agli dei greco-romani, in particolare alle personificazioni dei vizi umani come Dioniso.
Un esempio illustre: La Carriera di un Libertino
Un quadro di particolare rilievo che si può prendere in esempio, slegato dall’iconografia cristiana come dalla simbologia greca, è La Carriera di un Libertino: l’Orgia. Si tratta di un dipinto del pittore inglese William Hogarth, realizzato nel 1734. Si tratta del terzo di una serie, la quale segue il declino di un personaggio immaginario, il ricco ereditiero Tom Rakewell. Questa tela in particolare presenta una scena ambientata all’interno di una taverna che ospita uomini e prostitute intenti ad amoreggiare e bere. Sullo sfondo troviamo una donna che dà fuoco ad un planisfero con la scritta TODUS MUNDUS. Questo gesto indica come la corruzione sarà la rovina stessa del mondo.
Al momento, sia questo quadro che gli altri della serie sono conservati all’interno del Sir John Soane’s Museum di Londra. Le tele fanno parte del secondo ciclo di una serie, preceduto da La Carriera di una Prostituta (1731). In particolare, il pittore desiderava criticare, attraverso l’ironia e la satira, la classe dirigente inglese dell’epoca.
Il peccato nell’arte contemporanea: chi è Johan Creten
La tematica dei peccati nelle arti figurative, dunque, si potrebbe dire non sia mai stata realmente superata. Anche nel contesto dell’arte contemporanea si tratta di un soggetto di rappresentazione estremamente in voga. Un esempio degno di nota è sicuramente la serie di sculture dell’artista Johan Creten presentata in particolare all’interno della mostra I Peccati. Prima di addentrarci in questo specifico lavoro di Creten, però, è bene delineare il suo profilo d’artista e il contesto in cui opera.
Creten, da sempre affascinato dalle belle arti, ha iniziato a praticare il disegno e la scultura fin da piccolo. Nel 1985 si è diplomato all’Accademia Reale di Belle Arti di Gand e in seguito ha studiato alla Scuola di Belle Arti di Parigi. Nonostante sia formato come pittore, l’artista predilige la scultura con l’argilla. Inizialmente includeva semplicemente elementi di ceramica nei suoi dipinti ma, con il tempo, è diventato colui che ha aperto i confini dell’arte contemporanea a questa poco utilizzata tecnica. Johan Creten è attualmente rappresentato dalla Perrotin Gallery di New York, Parigi e Hong Kong, dalla Almine Rech Gallery di Bruxelles, dalla Transit Gallery di Mechelen e dalla Pilevneli Gallery di Istanbul, Turchia.
Johan Creten è considerato dunque un pioniere dell’introduzione della ceramica nell’arte contemporanea. La scelta di questo materiale è legato in parte alla sua bellezza ma soprattutto al suo impatto simbolico e alla sua storia. La formazione pittorica di Creten crea un’ulteriore dimensione del suo lavoro: lo smalto e i suoi colori assumono un ruolo primario. Lo scultore crea un mondo fantastico tramite forme fantasmagoriche volte soprattutto a far nascere domande e riflessioni nel pubblico, ad esempio sull’ambiguità della sessualità umana.
I Peccati di Johan Creten
Tra il 28 aprile del 2021 e il 23 maggio dello stesso anno, presso l’Accademia di Francia a Roma – situata all’interno di Villa Medici – si tenne la personale di Creten I Peccati. La mostra riunì per la prima volta una serie di ben cinquantacinque sculture dell’artista belga, non solo in ceramica, ma anche in bronzo e resina. Nel contesto di questa exhibition, le opere erano state anche contrapposte ad alcune opere risalenti al periodo del Cinquecento, centrali nelle ispirazioni di Creten. La mostra si interrogava tramite le opere dello scultore in particolare sull’ambiguità dei sentimenti umani e sulle relazioni tra questi.
Anche Creten, in questo contesto, fa riferimento alla tentazione e al concetto dell’esistenza di un paradiso perduto. Nella prima stanza, infatti, erano state inserite sculture, sia nuove che rielaborazioni di lavori passati, come The Garden. Questa, in particolare, fu creata da Creten proprio durante una residenza artistica a Villa Medici tra il 1996 e il 1997.
Lo storico dell’arte Colin Lemoine, il quale si è occupato di redigere i testi per il catalogo della mostra, si domandava a riguardo: “Il peccato non sarà poi in fondo la forma stanca della purezza? Non indica forse la nostra condizione di uomini estremamente fallibili? Il peccato non é forse, per riprendere le parole di Victor Hugo, una meravigliosa gravitazione?”.
di Dorian Leva