Io da grande voglio diventare…

Quante volte, nella nostra vita, abbiamo pensato “Io da grande voglio diventare…“?

Io molte volte, e la risposta è sempre stata una e una soltanto: “io da grande voglio diventare un paleontologo”. Quello è sempre stato il mio sogno, la forza motrice che mi ha portato avanti nella vita e che mi ha spinto a prendere decisioni impegnative e difficili.

Ora mi ritrovo ad essere dall’altro lato della cattedra (non sono – ancora – un professore, però dai, le mie lezioni le tengo), e la frase “io da grande voglio diventare…” me la sento dire da quei ragazzi e ragazze che mi contattano privatamente per avere chiarimenti, sciogliere dubbi, dipanare la nebbia che inevitabilmente troviamo lungo la nostra strada.

Eppure mi salgono i dubbi, l'”imposter syndrome” si fa forte e mi porta a pensare: chi sono io per dire cosa fare alle persone? Per poco, nemmeno io sapevo cosa fare, e forse non lo so nemmeno adesso.
Ma posso usare la mia storia e la mia esperienza come spunto di riflessione, e quest’oggi voglio proprio parlare di questo, della forza che i nostri sogni, sia provenienti dall’infanzia che sviluppati nel corso della vita, ci donano.

I SOGNI DELL’INFANZIA

Da piccoli, la nostra mente era libera di vagare in ogni anfratto della nostra fantasia. Ci immaginavamo potenti cavalieri, coraggiose principesse, sagaci furfanti o importanti ricercatrici, con il mondo nelle nostre mani e la forza di ottenere ciò che volevamo. E, in quei periodi, volenti o nolenti, iniziavamo a mettere giù i paletti del nostro futuro, pensando a ciò che saremmo voluti diventare.

Ogni piccolo sogno, ogni singola puntata di un cartone o di una serie TV, ci donava tanti minuti elementi che noi immagazzinavamo e catalogavamo all’interno del nostro animo a formare la figura di un “noi” futuro.
Nel mio caso, per esempio, il sogno della paleontologia mi venne passato dal caro e compianto Piero Angela, durante la sua serie di documentari “Nel Pianeta dei Dinosauri”, il prodotto che mi fulminò già in tenera età (avevo 3 anni) e che iniziò a modellare pesantemente la mia vita. Guardare lui e il figlio Alberto parlare di questi grandi animali del passato, girovagando nel tempo e nello spazio, dissotterrando antiche ossa di un mondo perduto, mi affascinò così tanto da non riuscire più a liberarmi di quel chiodo fisso. Io volevo diventare un paleontologo.

UN RIFUGIO NEI MOMENTI DURI

Inizialmente, tutto era rose e fiori. Quasi tutti noi riempivamo la testa dei propri genitori con le solite frasi “io da grande voglio diventare un medico!”, per poi passare il mese dopo a “io da grande voglio diventare una veterinaria!”. Le professioni cambiavano, passando di palo in frasca. Ma capitava che qualche bambino o bambina rimaneva ancorato/a al sogno iniziale. Per me fu così, non cambiando mai il complemento oggetto della frase che dà il titolo a questo piccolo pezzo.

E in quel sogno trovavo conforto e forza. Ci sono dei momenti, soprattutto nel fatidico cambio “fine delle medie/inizio delle superiori” caratterizzato da una presa di coscienza nel mondo, dove si cerca una adultità fittizia e superficiale e si prova ad essere qualcuno che non si è. E sì, ci sono stati – brevi – momenti dove il mio sogno venne accantonato (non abbandonato, badate bene) per motivazioni varie.

Ma nei momenti difficili, nei momenti di sconforto, sia scolastico che personale, sapevo in cuor mio che potevo trovare del calore all’interno di quel pensiero. La frase “da grande voglio diventare…” veniva gradualmente rimpiazzata da “resisti, che presto diventerai…“, aiutandomi a vincere paure, disagi o anche semplicemente a superare un brutto voto scolastico o una litigata con i genitori.

I sogni, soprattutto quelli che portiamo avanti dall’infanzia, hanno una forza incredibile.

NON È MAI TROPPO TARDI

Alla fine ci sono riuscito. All’età di 31 anni ho realizzato il mio sogno (che faccio coincidere con l’ottenimento del mio dottorato di ricerca): diventare un paleontologo! Quella frase, che tanto mi ha accompagnato, che si è modificata nel corso del tempo, ha trovato un punto finale. Anzi, un punto e virgola. I sogni non si esauriscono, ma si modificano, la fine di un sogno non è altro che una porta verso quello successivo. Nel mio caso, trovare un lavoro stabile, ma più che sogno è un incubo, quindi lasciamo questo pensiero negativo da parte.

Spesso, le persone che mi interpellano per un consiglio, mi dicono “ma forse è troppo tardi“.
Non è mai troppo tardi per inseguire un sogno. Pensate agli anziani che si laureano perché hanno sempre sognato di farlo, per esempio. Certo, il mercato del lavoro e della ricerca è spietato, tende a favorire le persone più giovani, ma fino ad un certo punto. Alcune branche della ricerca ancora valutano la qualità della ricerca stessa, invece che i dati anagrafici della persona. Quindi, la risposta che mi trovo a dare è sempre la stessa: prendetevi il vostro tempo, ponderate quanto sicuri siete di intraprendere un percorso, capite quanto forte sia il vostro sogno, e solo quando siete sicuri al 300%, buttatevi (il 100% è troppo poco).

DIETRO AL SORRISO

Un messaggio importante che vorrei far passare dalla mia esperienza verso chi sta leggendo, e magari si trova agli inizi del proprio sogno (che non deve essere necessariamente “diventare un [professione]”, ma anche, non so, fondare un gruppo musicale, iscriversi ad un corso di arti marziali, dichiararsi alla persona del cuore…), è un piccolo avvertimento. I nostri sogni possono farci star bene, ma dietro al sorriso c’è molta tristezza.

Inseguire un sogno prevede molti sacrifici. E finché non lo provi sulla tua pelle, non sai quanto può far male. A me è successo, molte volte. Pensateci: per ottenere quello che più desiderate dalla vita viaggiate, fate esperienze distanti dalla vostra comfort zone, conoscete molteplici realtà. Tutto bellissimo, certo. Ma poi ti ritrovi a chiamare casa, e ti accorgi che stai perdendo momenti che non torneranno mai (la festa di pensionamento di papà, la nascita della nipotina, il funerale di una persona cara, la laurea di un amico…), solo, dall’altra parte del mondo. Stringi i denti, cacci indietro le lacrime, e, come un mantra, ripeti quella frase che tanta forza ti ha dato in passato “da grande voglio diventare…”.

Ma grande ora lo sei, e devi farti carico delle responsabilità e degli effetti delle decisioni che hai preso nella vita.

La frase che Grifis dice a Gatsu nel manga “Berserk” riassume tutto ciò che ho scritto finora. Quando la sentii per la prima volta, fu come un pugno nello stomaco.

“Per quanto siano irrealizzabili, la gente ama i sogni. Il sogno ci dà forza e ci tormenta, ci fa vivere e ci uccide. E anche se ci abbandona, le sue ceneri rimangono sempre in fondo al cuore…  Fino alla morte.”

LA PROPRIA STRADA

In cuor mio, penso che il significato della vita sia cercare e trovare il proprio sogno. E provare a raggiungerlo. Non importa che età tu abbia in questi passaggi, l’importante è visualizzare la propria strada (anche solo un metro più avanti, non serve necessariamente vedere l’intero tragitto) e costruirla mattone per mattone.
Però, le strade hanno dossi, semafori, curve, stop.
Se vi perdete o vi fermate, mettete in prima e ripartite. Avete sempre la possibilità di fermarvi ad un Autogrill per un Camogli, in caso.

di Filippo Bertozzo

Filippo Bertozzo
Filippo Bertozzo
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