Il lato nascosto dell’arte e gli enigmi nelle tele

Si potrebbe dire che le opere d’arte, nel corso della storia, siano spesso state legate a doppio filo con enigmi e misteri. Tanto che la tematica ha affascinato scrittori e registi, i quali – approfittando proprio dell’aura di mistero attorno ad alcune storiche opere – hanno costruito fitte trame di fantasia per svelarne i segreti. Il primo esempio che può venire alla mente è Il Codice Da Vinci, famoso e acclamato romanzo dello scrittore Dan Brown. Di prodotti culturali come questi se ne possono trovare in gran quantità. Per quanto siano opere di fantasia, ciò non significa che in un certo qual modo esse non si fondino su basi reali – o per lo meno, realistiche.

Innanzitutto, però, è necessario inquadrare bene il significato che ognuno attribuisce al concetto di enigma. Per farlo, si può partire dalla cosa più ovvia, ossia la definizione da manuale. L’enciclopedia Treccani, in questo caso, viene in nostro aiuto con la seguente definizione da vocabolario:

“Dal latino aenigma -ătis, breve componimento, per lo più in versi, che propone, attraverso immagini e allusioni, un concetto o una parola da indovinare. Oppure – detto, frase di significato oscuro, espressione ambigua o velata”.

Nella nostra casistica – gli enigmi applicati alle opere d’arte – entrambe le definizioni possono essere allo stesso modo valide. All’interno delle tele possono essere presenti degli indovinelli, magistralmente inseriti dai pittori stessi. Al contempo, le opere d’arte hanno già intrinsecamente un lato enigmatico. Quadri, sculture, installazioni: ogni elemento che li compone non è solo rappresentazione ma nasconde in sé un altro significato. Questo significato, molto spesso, può essere compreso tramite un’approfondita analisi, che implica anche un’estesa conoscenza di autore e contesto. Molte altre volte, al contrario, quadri e sculture rimangono avvolte da un alone di mistero.

Mostrare gli enigmi: l’esempio del museo del Prado

locandina mostra reversos

Gli enigmi, però, non riguardano solo il lato visibile delle opere. Molti artisti hanno nascosto e continuano a nascondere indovinelli ed elementi misteriosi anche dietro i propri quadri. Il fascino di questa pratica è ciò che ha spinto il curatore Miguel Ángel Blanco a organizzare una mostra che porta il nome di Reversos. Il termine spagnolo, tradotto, sta per invertito. L’esposizione, infatti, mostra il cosiddetto “lato B” di famosi quadri, non solo di grandi maestri del passato, ma anche di importanti artisti contemporanei.

Reversos è stata organizzata all’interno delle imponenti sale del Museo del Prado di Madrid, uno dei più importanti poli artistici di tutta la Spagna. La mostra si è tenuta dall’11 luglio 2023 al 3 marzo 2024. Nonostante sia terminata, è possibile acquistarne il catalogo dallo store online del museo. Per l’occasione, le sale del museo hanno subito una temporanea trasformazione, allontanandosi in maniera sostanziale dalla luminosità che solitamente le contraddistingue. Le pareti, infatti, sono state dipinte di nero allo scopo di far risaltare maggiormente le opere esposte.

Le opere di Reversos

Per comprendere però al meglio la portata e la particolarità di questa mostra, è necessario entrare maggiormente nel dettaglio e fare esempi concreti, partendo proprio dalle opere presentate durante Reversos. L’opera principale, dal cui studio è nata l’idea e il concept stesso dell’esposizione, è Las Meninas di Diego Velàzquez. Questa tela, infatti, presenta al suo interno il dorso di una tela che il pittore stesso sta dipingendo. Il quadro, da cui ha anche fisicamente inizio il percorso espositivo, è stato posto in conversazione con Las Meninas  – Verso (las Meninas), opera concettuale dell’artista Vik Muniz, risalente al 2018.

Las Meninas quadro di Diego Velazquez

Una delle opere più particolari e di impatto è sicuramente la Monja Arrodillada – tradotto come la Monaca inginocchiata, del pittore d’epoca barocca Martin Van Maytensche. Si tratta di un’immagine “proibita”, non solo per quell’epoca: nel retro della tavoletta, la monaca viene infatti dipinta di spalle, con la veste alzata e le natiche nude.

La particolarità di questa esposizione è anche la scelta del curatore di non limitarsi solo a quadri e tele, ma di comprendere anche opere di altro tipo, specialmente di epoca contemporanea. A prescindere dalla cornice storica e temporale, di grande impatto è la presenza di una scultura, di cui si mostra il suo “retro”. Si tratta dell’interno dell’armatura di Carlos V y el furor, bronzo dello scultore italiano del Cinquecento Leone Leoni.

L’importanza del supporto, “opera” dimenticata

L’attenzione al cosiddetto “lato B” delle tele non può prescindere e distanziarsi anche dal supporto. La tela è essa stessa un supporto, sia di materiali che potremmo definire più classici, sia invece di materiali maggiormente “contemporanei”. Oltre alla tela, di vitale importanza e di grande significato simbolico è il cavalletto. Di base un semplice strumento utile al pittore, un mero mezzo. Un mero mezzo che può però diventare una vera e propria opera, soprattutto se inserita nel contesto dell’arte concettuale.

Pistoletto con la sua opera

Questo è ad esempio il caso del Cavalletto con Tela, opera di uno dei più grandi artisti nostrani contemporanei, Michelangelo Pistoletto. Cavalletto con Tela è inoltre frutto di un prestito, dato che fa parte della collezione permanente del museo madrileno Reina Sofia. L’opera fu sviluppata da Pistoletto tra il 1962 ed il 1975, mentre è stato acquisito dal Reina Sofia solo nel 1997.

Il cavalletto, inoltre, è spesso utilizzato a livello simbolico come una copia contemporanea di Cristo, dati gli incroci tra asticelle che formano, appunto, delle classiche croci. In questo caso, ha più senso però concentrarsi sull’importanza del mostrare il medium, il supporto, all’interno di una mostra di tale rilevanza. Per quanto lo studio del supporto come medium non è nuovo a studiosi ed esperti, non è per niente facile trasmetterne la centralità al pubblico, sia esso istruito sull’argomento o meno. Questa esposizione è però riuscita nell’intento, senza mai tuttavia risultare didascalica e senza ergersi al di sopra della comprensione del fruitore.

di Dorian Leva

Martina Dorian Leva
Martina Dorian Leva
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