Cinema: le sorprese del mese di giugno

Pronti alle sorprese del mese che ci attendono al cinema? Io sono Matioski e mi vedrete spesso su questi lidi a condividere con voi ciò che di buono (o di meno buono) ci aspetta prossimamente sul grande schermo.

Ecco qui le cinesorprese di giugno:

Paternal Leave

Esordio alla regia per l’attrice Alissa Jung, che dirige con grande perizia il marito, Luca Marinelli. Al centro, la storia di una giovane ragazza tedesca alla ricerca del padre italiano, mai conosciuto. L’incomunicabilità tra lingue diverse è solo uno dei temi sviscerati all’interno di una racconto di formazione atipico. La ricerca ossessiva della figura genitoriale permetterà alla protagonista di conoscere meglio sé stessa, i propri limiti ma anche le tante potenzialità. Due ore di racconto che scorrono piacevoli, nonostante il ritmo lento. Nessuna pedanteria, nessun momento troppo didascalico. Recitazione spontanea e naturale da parte di tutti gli attori coinvolti, compresa la debuttante Juli Grabenhenrich. Uno spaccato di vita, una storia che appare tristemente plausibile, tra poche gioie e tante delusioni. Non mancano tuttavia momenti ironici, e una sottile speranza di fondo verso un futuro migliore e ricco di opportunità. Delicato, mai stucchevole, e capace di emozionare con poche pennellate.

Final Destination Bloodlines

La saga, famosa per le morti improbabili dei suoi protagonisti, abbraccia la via di Scream. Non a caso, gli sceneggiatori sono gli stessi degli ultimi capitoli delle “avventure” di Ghostface. Così, i nuovi personaggi sono perfettamente consapevoli della sorte nefasta che li attende, e reagiscono con prontezza in modi sempre più divertenti e imprevedibili. Lo spirito da commedia horror mette al bando qualsiasi tentativo di inquietare. L’obiettivo, conseguito con successo, è quello di divertire lo spettatore con umorismo macabro e splatter. Il messaggio di fondo acquista così più potenza: se la “destinazione finale” è l’unica certezza dell’esistenza umana, tanto vale approfittare di ogni attimo a dispozione con spirito leggero e goliardico. Ce lo dice anche Tony Todd, che si congeda dal pubblico con un piccolo monologo meta-narrativo scritto con grande intelligenza. Se i tempi dello shock culturale e delle fobie create ad hoc (ceppi di legno in autostrada) sono lontani, Final Destination può ancora permettersi di deridere la Cupa Mietitrice. Non è poco.

Flight Risk

Pellicola action con un soggetto degno del ciclo Alta Tensione, diretta da Mel Gibson con tre attori e una singola location. Cosa potrebbe andare storto? In effetti, quasi nulla. Il regista riesce a catturare l’attenzione dello spettatore dall’inizio alla fine, nonostante la scarsa varietà di situazioni ed elementi presenti in scena. Flight Risk non si prende sul serio, cosa che lo avvantaggia. L’umorismo, certo, è di grana grossa, e il personaggio di Topher Grace risulta troppo macchiettistico nelle fasi iniziali. Quando la narrazione prende quota (letteralmente), le cose cambiano. I comportamenti dei malcapitati sono perlopiù sensati, e si instaurano dinamiche piacevoli. Mark Wahlberg, nei panni dell’antagonista, risulta davvero spregevole e si fa odiare al punto giusto. Ottimo l’espediente narrativo che vede alcuni membri del cast interagire solo con la radio del velivolo-trappola al centro della vicenda, facendosi ascoltare senza mai apparire a schermo. Durata ridotta e ben calibrata, momenti action ben dosati, per un lungometraggio senza grandi ambizioni ma capace di intrattenere.

di Mattia “Matioski” Pozzoli

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