Marvel o DC?
Panettone o pandoro?
Porno mainstream o porno indipendente?
Il mondo è fatto di scelte. Scelte difficili, prese di posizione. Ma quando si parla di porno, cosa cambia tra quello tradizionale e quello indie?
Il porno tradizionale
Il porno mainstream è quello che conosciamo tutti. È da lì che vengono i nomi delle pornostar che sono diventati delle icone pop (basti pensare a Rocco Siffredi e Valentina Nappi). Nomi che conosce benissimo anche chi giura e spergiura di non aver mai visto un porno (vi crediamo, tranquilli). Il porno tradizionale è creato da grandi case di produzione, che distribuiscono alcune scene gratuitamente su piattaforme come Pornhub.
La maggior parte di queste produzioni ha un suo sito a pagamento, su cui è possibile trovare le versioni estese dei contenuti free. Anche se praticamente chiunque nato dagli anni ‘90 in poi trova assurdo pagare per il porno. Nel porno mainstream le donne sono bellissime, incarnano il desiderio di ogni uomo. I performer maschili, invece… Beh, di loro è importante solo una specifica parte del corpo. Anche perché il target del porno è l’uomo etero medio che difficilmente riuscirebbe a identificarsi con un sex symbol.
Bree Mills, la regista del “Netflix porno”
Nel mondo dell’industria si muove Bree Mills. Regista, sceneggiatrice, produttrice e fondatrice di AdultTime, il “Netflix del porno”. Si tratta di una piattaforma a pagamento, che offre una serie di contenuti più o meno espliciti, che vanno incontro a gusti molto variegati. Su AdultTime si punta non solo ai contenuti di sesso vero e proprio, ma c’è anche una grande attenzione sulla trama. Basti pensare alla serie Pure Taboo, che ha affascinato milioni di spettatori negli USA per la sua storia.
Bree Mills arriva al porno per via traverse: nel 2008, in piena crisi, si occupa di marketing e comunicazione per diversi E-commerce. Arriva così a lavorare ad un sito per adulti, e passa dal marketing alla produzione di contenuti. È un bel salto nel vuoto, ma scopre che raccontare attraverso il porno le piace davvero. Realizza persino un film per raccontare il suo coming out, Teenage lesbian, disponibile in streaming su Mubi.
“Solo perché è un film per adulti, non significa che non sia un film” è il suo motto. Sul set si preoccupa di far sentire tutti a proprio agio attraverso dei consent meeting, in modo che ogni attore sappia esattamente cosa andrà a girare. Contrariamente a quello che è il sentire comune, le grandi case di produzione sono le più attente al benessere dei performer. Anche perché sono quelle che hanno più da perdere in caso di scandali.
Al porno mainstream sono associate tutte quelle cose brutte e cattive che si dicono del porno: che sfrutta le donne, che comunica un’idea sbagliata del sesso, che incita alla violenza…
Il porno indipendente
Ed è proprio per allontanarsi da questa immagine che nasce il porno indipendente, che cerca di restituire una visione più realistica del sesso. Spesso è girato con un budget ristretto e pochi mezzi di produzione. Il porno indie ambisce ad essere una versione più etica dell’intrattenimento per adulti. Qui troviamo corpi non conformi, ci si allontana dalla feticizzazione delle persone trans, spesso mettono in scena kink/fetish poco conosciuti o rappresentati nel porno tradizionale. Generalmente il porno indie è disponibile quasi solo su piattaforme a pagamento. Questo da un lato lo rende più irraggiungibile, ma dall’altro attira solo lo specifico target a cui si riferisce.
Ovviamente il porno indipendente muove molti meno soldi del suo “fratello maggiore”, per questo i performer raramente diventano delle superstar milionarie. Ma non è questo il punto: chi si propone per l’indipendente generalmente lo fa per inseguire una visione ben precisa, un proprio ideale. Tra le sottocategorie di porno indie troviamo, per esempio, l’alt porn, che lascia spazio a modelle con tatuaggi e piercing, un’estetica ben lontana dalle “Barbie Girl” che dominano il porno mainstream.
Erika Lust, madre del porno indipendente
Erika Lust da vent’anni si dedica a un porno pensato per un pubblico femminile. È la più conosciuta dal pubblico mainstream, di lei si è scritto e si è detto molto. La sua estetica abolisce le bambole perfette per lasciare spazio a corpi imperfetti, con cui il pubblico femminile possa identificarsi. C’è più cura nella scelta del performer maschile, che in questo caso è l’oggetto del desiderio. Ma soprattutto viene posta attenzione su tutta la messa in scena: dalla sceneggiatura accurata alle scenografie, passando per la fotografia. Per Erika Lust il porno è una parte essenziale della lotta femminista, riappropriarsi del porno significa riappropriarsi del diritto di essere rappresentate.
Il suo sito, Xconfessions, negli anni ha smesso di essere solo una sua creazione e oggi ospita tantissimi performer e registi, che danno spazio a temi che non sono tabù solo nel porno tradizionale, ma spesso anche nelle conversazioni di tutti i giorni. Un esempio è Wash me, che parla della riappropriazione del proprio corpo e della propria sessualità da parte di una donna che ha affrontato il cancro.
Panettone o pandoro? L’importante è che sia porno.
di Antonella Liverano Moscoviti