Dal giorno di Natale del 2018 Grazia Nidasio non è più su questa Terra, ma la sua arte sopraffina risuona ancora e lo farà a lungo nei nostri cuori.
Non sono molti gli autori italiani capaci di spaziare dall’illustrazione al fumetto, ancor meno quelli che passano dai servizi sui settimanali ai libri per ragazzi, uno o due quelli in grado di trovar spazio dalle vignette dei quotidiani a volumi di divulgazione scientifica… E tutto questo senza contare campagne sociali e pubblicitarie, nonché uno dei pochi adattamenti di un fumetto italiano in serie tv animata.
Grazia Nidasio: competenza e umiltà
Insomma, a dirla tutta nessuno era come lei: «L’avverto: è impossibile radunare tutto quello che ho fatto: non lo so nemmeno io!», si schermiva.
Se il nostro Paese fosse un po’ meno maschilista e più consapevole delle proprie bellezze (e certi editori più riconoscenti verso i suoi autori più importanti…), qualcuno le avrebbe già fatto un monumento. Di lei esistono pochissime foto, meravigliosamente rifiutate in ogni occasione come in una civetteria al contrario: quando le posi la celebre domanda finale di Fumo di China se c’è una cosa che non le chiedono mai, mi ha risposto «In verità ho ben poco da dire anche normalmente rispetto alle domande che mi vengono poste»… Sì, certo. Come no: per di più dopo esser stata la prima presidente in assoluto sia dell’Associazione Illustratori che del Sindacato dei Lavoratori del Fumetto, illustrazione, animazione e comunicazione visiva!
Stimata da tutti
Lo scrittore e sceneggiatore Tiziano Sclavi – da lei “scoperto” e portato al Corriere dei Ragazzi – ha scritto che quando ha visto «le tavole originali del suo Dottor Oss forse per la prima volta (o almeno per la seconda, dopo Little Nemo) ho capito quanto poteva essere grande il fumetto».
Lo storico Andrea Plazzi l’ha definita «un pezzo di storia del nostro costume e la sua Valentina Mela Verde – per quanto ampiamente storicizzata – è la sua opera più rappresentativa per respiro, continuità e carica innovativa. Fumettisticamente, è un florilegio di inventiva e soluzioni originali, in anticipo di anni su Will Eisner, unico possibile paragone».
Il fumettista Leo Ortolani ha ammesso: «Non sarei narratore di storie a fumetti se non avessi ancora sotto pelle, come l’inchiostro di un tatuaggio, le storie di Grazia Nidasio. La capacità di narrare il quotidiano, la vita che ognuno di noi viveva in quegli anni Settanta-Ottanta, ha alzato l’asticella di qualunque sceneggiatore di fumetti. Perché è facile raccontare di viaggi interdimensionali, il difficile è raccontare la vita di una famiglia normale, in un condominio normale di una città normale e lasciarti il desiderio di sapere come prosegue la storia, la settimana dopo».
E il collega Antonio Vincenti in arte Sualzo ne è sicuro: «Per me lei è stata la più grande».
Sempre un passo avanti
Saper scrivere e raccontare con testi e disegni inscindibili gli uni dagli altri – la risorsa più vera e bella del fumetto – le avventure di ragazzi e adolescenti (cioè quanto di più inafferabile al mondo, perfino a sé stessi) maschi e femmine nella vita di tutti i giorni, nel confronto continuo con la vita scolastica e quella del mondo che cambia intorno, i continui stimoli sul creare un club, fare teatro, organizzare un giornale, interagire con la tv…
L’arrivo del personal computer, Internet e i telefonini ha accelerato e amplificato tutto, ma la sua eredità è immensa e continua ancor oggi, tanto più che non amando guardarsi alle spalle in un’intervista arrivò a dichiarare: «Non ricordo mai il passato con affetto: non conosco la dimensione del rimpianto. Mi interessa solo il futuro e ci vado a capofitto». Come si faceva (anzi, come si fa, ancor oggi!) a non amare una persona così?
Al telefono, fino all’ultimo la sua voce dimostrava dieci o vent’anni di meno, trasmettendoti immediatamente quello che traspariva del resto nei suoi fumetti: un’estrema vitalità, capace di sottolineare gli aspetti positivi anche quando brontolava, rispettando le persone e senza rinunciare a uno sguardo ironico che non risparmiava niente e nessuno, men che meno sé stessi. La verità è che, anche se il tempo passa, per molti anni la più moderna resterà sempre lei.
di Loris Cantarelli