Un certo tenore di vita – PS4 nello zaino

Ho sempre amato recitare, forse è per questo che è nata la mia passione per i videogiochi. Potreste chiedervi cosa hanno a che fare le due cose tra loro, e non avreste tutti i torti. In sostanza il concetto di base è lo stesso: agire, muoversi e pensare nei panni di un personaggio. Tra interpretare il ruolo di un romanticone disperato e fare i salti mortali tra piattaforme galleggianti la differenza è minima: stai vivendo la storia di qualcun altro! Colpo di scena!

Faccio il cantante lirico

Non è difficile intuire che il mio lavoro ruoti intorno alla musica, di quella che ad alcuni sembra difficile e noiosa, adatta solo a un pubblico anziano e altolocato. Ammetto che molti dei più affezionati al teatro lirico corrispondono allo stereotipo, scherziamo spesso tra colleghi dicendo: “Cosa ne penserà la signora in pelliccia seduta in prima fila?”. In realtà l’Opera è molto di più.

Quello che facciamo sul palco è raccontare delle storie. Le celeberrime melodie, le parole astruse che fuori contesto perdono tutto il loro significato, sono pezzi di un mosaico estremamente complesso. Possono essere riflessioni intime, slanci di furia omicida, litigi fra padre e figlio, confessioni d’amore, sogni di gloria, promesse di vendetta e chi più ne ha più ne metta. Si snocciola quindi una storia, che può essere avvincente, divertente, terrorizzante, a volte noiosa, di cui noi interpretiamo i protagonisti.

Pippo e Battista

È un lavoro complesso che ti spinge allo sdoppiamento di personalità, nel mio caso potremmo chiamarle Pippo e Battista.

Battista è il nostro protagonista. Si innamora di Dudulla, la bella fanciulla, promessa in sposa a Maiale, l’eterno rivale. Con l’aiuto di Pupella, la fedele amica e ancella, si nasconde nel castello, marcondirondirondello. Con la voce appassionata canta stretto alla sua amata, con la mano contro al muro sogna e spera nel futuro. Ma scoperto da Baffone, vile parroco spione, vien Battista incarcerato, da Dudulla separato, da Maiale processato, quindi piange disperato.

Nel frattempo Pippo controlla tutto dal centro di comando. Sguardo trasognato al 60%, ci siamo, attenti che il sorriso non arrivi a livello 8 di felicità, non vogliamo fare la figura dei fessi, altrimenti il regista ci ammazza. Ma questa musica non era più lenta ieri? Oh no, codice giallo: Dudulla ha mangiato pesante, tenersi a 50 cm di distanza di sicurezza dal volto! L’abbiamo pagata la quota del condominio? Siamo prigionieri nel castello, disperazione al 75%, guarda i fari dritto negli occhi che piangi meglio! Bravo! Oh no, Maiale mi ha messo le manette vere, non sono scherzi da fare proprio durante una recita!

Per capirci meglio: Pippo controlla Battista proprio come se stesse giocando a un videogioco.

Figlio degli anni ‘90

Sono nato nel 1989. Cadeva il Muro di Berlino, con me nascevano i Simpson e il World Wide Web, la Disney ci faceva sognare con i suoi capolavori al cinema e i bambini imparavano a memoria le sigle dei cartoni in TV. Io, vestito da Batman, combattendo come i Power Rangers, con una voglia di pizza degna delle Tartarughe Ninja, prima che a scrivere imparavo a far saltare i ricci blu sopra gli scienziati pazzi volanti con il Sega Mega Drive di mio padre.

I videogiochi li ho amati e vissuti sin da quando ho memoria, e ho avuto la fortuna di veder nascere e crescere una delle meraviglie degli ultimi decenni, la PlayStation. Ho giocato a tutti i tipi di giochi che mi possano venire in mente: platform, sparatutto, picchiaduro, strategia, macchine, sport, RPG, JRPG, GCNMRMACHGSECMSPT*… tutti quanti!

Sono un rarissimo fan di Final Fantasy: mi piacciono tutti senza esclusione e senza criticarne nessuno. Adoro Grand Theft Auto e tutto ciò che esce da casa Rockstar. Crash Bandicoot continua a essere il mio compagno di avventure preferito. Ma quelli che adoro sono i giochi che mi tengono incollato allo schermo per ore, quelli con le trame che al cinema se le sognano, con ritmi lenti e immersivi, mondi interi in cui perdersi e sognare.

(*Giochi Che Non Mi Ricordo Ma A Cui Ho Giocato Sicuramente E Che Mi Sono Piaciuti Tantissimo)

PS4 nello zaino

Se pensate che la mia vita da nomade viaggiatore mi abbia messo i bastoni fra le ruote per dedicarmi al mio piccolo hobby, vi sbagliate di grosso. Le ho pensate tutte in questi anni: PS4 nello zaino (alla faccia di Ryanair), mini monitor portatili, cavi lunghi mezzo chilometro, porta CD stracolmi e pesantissimi. E come i tempi cambiavano optavo per console più piccole, ma molto meno soddisfacenti, fino ad arrivare al gioco in streaming gestito direttamente dal tablet col Remote Play, soluzione malefica e geniale al tempo stesso.

Ma perché questo attaccamento ai videogiochi?

Il tema di Niente Da Dire di questo mese mi ha permesso di indagare un po’ più a fondo su gusti personali e necessità. Credo anche che la mia sia una storia simile a quella di tanti. Esiste una forte relazione fra la recitazione, che non solo è il mio lavoro ma assieme alla musica una delle mie più grandi passioni, e il mondo videoludico. Sta tutto nel voler vivere qualcosa di diverso dalla propria vita, anche per un momento, e forse volerne proprio fuggire via.

Si parla di avatar, una copia virtuale di sé stessi con cui poter fare ciò che non è possibile, o che non è concesso. Oppure, un personaggio immaginario in cui trasferire temporaneamente una parte di sé. Non ho gli strumenti necessari per disquisire di psicologia, ma a questo punto si aprono innumerevoli porte, vi trovo domande, dubbi, spunti, paure. Fa paura pensare anche a chi ci si nasconde, dietro un avatar, dietro a una maschera, un account sui social, magari un profilo falso. E quanto potere sentiamo quando siamo dall’altra parte di uno schermo, liberi di esprimerci come di fare del male?

Io recito, faccio rivivere per poche ore delle persone mai esistite, lo faccio di lavoro ma anche perché mi fa stare bene. Accendo la console e risolvo misteri su pianeti lontani, magari potrei usare meglio il poco tempo libero che ho, ma mi fa stare bene. È quasi terapeutico. Ed è paradossale: per fuggire dallo stress e dalle pressioni del mio mestiere, nonché dall’alienazione che comporta interpretare per giornate intere personaggi fittizi, torno a casa e mi rifugio controllando altri personaggi fittizi con un joypad. Se non è ironia della sorte questa…

Ma sono fortunato

Arriva sempre il momento in cui mi annoio, mi stanco e spengo tutto. Sono fortunato perché ho un tetto sopra la testa, degli amici che mi vogliono bene (confermo qui lo stereotipo del “meglio pochi ma buoni”), una famiglia meravigliosa. Sono queste le mie vere ancore di salvezza, perché di salvezza si tratta, di voler vivere una vita vera e piena, nel Mondo reale.

Sono fortunato perché, nel mio caso, queste evasioni in teatro e nei videogiochi sono solo delle valvole di sfogo che mi aiutano a gestire lo stress, e tante volte sono anche molto divertenti.

C’è chi non è così fortunato. Per alcuni avere un avatar è importante, avere un alter ego più forte, consapevole e sicuro, in cui davvero rifugiarsi e trasferire tutto ciò che conta, tutto ciò che si è, e migliorarlo. Per altri, qualcosa di peggio.

Ho tante domande, ma tante speranze.

Per ora.

di Matteo Desole

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