Leggende urbane giapponesi: i maestri della paura

Se c’è una cosa che si può dire dei giapponesi è che sono particolarmente bravi a suscitare paura… In loro stessi o il prossimo, va sempre bene.
Le leggende urbane giapponesi, le loro storie di terrore, i loro incubi, non sono esagerati o appariscenti, non creano situazioni sanguinolente o splatter. Preferiscono giocare con l’ansia, l’attesa angosciante, con i silenzi che straziano facendoti solo venire voglia di urlare.
A volte, una risata nell’oscurità, un rumore indefinito in lontananza, è più agghiacciante di una testa mozzata.

Vi racconterò cinque storie, ma ognuna non è solo una storia nata per suscitare una viscerale paura, si tratta anche di racconti di tragedie, sono scrigni che racchiudono avvenimenti pieni di sofferenza che non hanno avuto un lieto fine.
Tra racconti metropolitani, creature del folklore e tragedie molto umane.

Hanako San

Tanto tempo fa viveva una ragazzina chiamata Hanako.
In alcune versioni si narra del terrore che ha provato durante un raid aereo della Seconda Guerra Mondiale, in altre del dolore e della paura perché era vittima di bullismo. Ma la sua storia finisce sempre nello stesso modo: Hanako si è tolta la vita nel bagno di una scuola elementare.
Si dice che il suo spirito sia rimasto legato all’edificio.

Bussando tre volte alla porta del terzo cubicolo del bagno delle femmine al terzo piano, è possibile evocarla chiedendo “Hanako san, ci sei?”.
Spesso i giovani si sfidano a chiamarla, per testare il loro coraggio, ma se non sono abbastanza veloci nel pronunciare tre volte il suo nome, vengono trascinati di sotto e nessuno saprà mai più che fine abbiano fatto.

Hanako san

Kuchisake onna

“La donna dalla bocca squarciata” non è proprio la creatura che vorreste incontrare di notte… O in nessun altro momento del giorno.
È un essere relativamente moderno e si tratta di una donna molto bella che indossa una mascherina chirurgica. Ferma gli uomini che vagano da soli per le strade e chiede loro con voce suadente “Mi trovi bella?”. Ma non c’è una risposta che possa salvar loro la vita.

Se l’uomo risponde di no, viene ucciso immediatamente, se risponde di sì allora la fanciulla si toglie la mascherina mostrando una bocca squarciata da orecchio a orecchio. Una nuova domanda verrà allora posta: “Mi trovi ancora bella?”.
Con un “no” si verrà smembrati, con un “sì” si otterrà lo stesso favore: avere la bocca lacerata da orecchio a orecchio.
Il tutto con delle forbici arrugginite e dalle lame rovinate.

Kuchisake onna nasce dal risentimento di una donna il cui marito, per punirla di un ipotetico adulterio, le ha sfregiato il volto.

Hitobashira

Nel 17esimo secolo si credeva che l’unico modo per rendere una struttura stabile e duratura fosse seppellire vive delle persone nei muri e nelle fondamenta. Che fossero castelli, templi o ponti, il processo era sempre lo stesso: sacrifici umani.
Infatti la parola “hitobashira” significa pilastro umano.

Durante il periodo Sengoku venne costruito il castello di Maruoka, ma continuava a crollare. Per renderlo più stabile decisero di utilizzare un hitobashira. Oshizu, una donna disperata, decise di farsi avanti poiché le avevano promesso che per ripagarla del suo sacrificio avrebbero investito il figlio del prestigioso titolo di samurai.

La promessa non venne mai mantenuta.
Da quel momento in poi, ogni anno, il castello è stato vittima di inondazioni.
Si dice che siano le lacrime della donna tradita che si prende la sua vendetta, ancora e ancora.

Banshu Sarayashiki

Rimaniamo in tema di edifici maledetti ma spostiamoci verso Himeji.
L’Airone bianco è uno splendido castello che si trova non lontano da Kyoto.
Nei tempi antichi, il signore che vi abitava era vecchio e malato e un suo attendente voleva eliminare il successore per prendere il potere. Per farlo, cercò di sedurre Okiku, una delle donne della corte, per indurla ad aiutarlo.
Lei si rifiutò e allora venne da lui incastrata per il furto di uno dei dieci preziosissimi piatti del castello, che rappresentavano un dono di successione.
Tuttavia, i piani del servitore non andarono come previsto e riversò la sua ira sulla donna.
La sospese sopra il pozzo che si trova nei giardini del castello e la torturò alternando bastonate con il bokken, una spada di legno da allenamento, e l’immersione nelle acque nere.
Tuttavia la donna non voleva tradire il suo padrone e non si piegò mai al volere del servitore.
Alla fine venne lasciata cadere nel pozzo e morì nel buio, da sola.

Dopo qualche tempo, e ancora oggi, in alcune notti è possibile sentire la donna contare i piatti, dal fondo del buco nero.
E, ogni tanto, striscia fuori per prendersi la sua vendetta.

Teke teke

C’era una volta una giovane ragazza che stava tornando a casa di sera.
Alcuni uomini l’hanno stuprata e poi spinta via, facendola cadere sui binari del treno, poco prima che il convoglio passasse. La ragazza è morta dissanguata dopo aver perso le gambe.

Oggi se ci si avventura da soli nelle stazioni di notte, capita che si senta uno strano rumore “Teke Teke Teke Teke”… Le leggende urbane giapponesi vogliono che sia la ragazza che si trascina con le braccia e i gomiti, alla ricerca delle sue gambe e di vendetta per la sua sorte.
Chi la incontra è vittima della sua ira e verrà ucciso tagliato a metà.

Se avete notato un pattern, un comune denominatore in queste leggende urbane giapponesi… Beh, è così: non è lasciato al caso.
E sono convinta che non sia strano che la maggior parte delle creature alla ricerca di rivalsa siano donne tradite, abusate e lasciate a morire da sole, dimenticate.

Stay kind

Love, Monigiri

Monica Fumagalli
Monica Fumagalli
Articoli: 38