Il Natale, o lo ami o lo odi. Quella stessa sottile ansia che mi prende all’arrivare del mese di settembre – per molti il vero Capodanno – la ritrovo anche durante le feste natalizie.
La fine dell’anno porta con sé quella leggera inquietudine delle cose che terminano e che ti sbattono in faccia che il tempo, inesorabilmente, scorre. Ti porta a stilare i famosi bilanci che presuppongono fare i conti con sé stessi, con ciò che si è stati, con ciò che si vorrà tenere e ciò che si vorrà buttare. Oppure ancora azzerare tutto e ricominciare da capo con un nuovo inizio.
Al netto di tutto questo, le feste sono anche un momento di leggerezza, anche se non sempre ci si rilassa come si vorrebbe.
Ammetto che nell’eterna lotta tra gli haters del Natale e quelli che addobberebbero la casa dal 1° novembre, io mi colloco nel mezzo. Mi piace il Natale, ma senza esagerare. L’alberello, tanto bello, lo tollero al massimo per un mese, poi basta.
E poi ci sono le canzoni natalizie.
Forse l’unica cosa capace di mettere più ansia dell’anno nuovo che bussa alla porta. Una playlist natalizia la sopporto giusto il tempo di addobbare l’albero, e forse la tolgo anche prima di finire. Allo stesso tempo mi diverto a giocare al Whamageddon e al Mariahgeddon, che consistono nel cercare di evitare di sentire rispettivamente Last Christmas e All I want for Christmas is you dal 1° dicembre fino allo scoccare della mezzanotte del 25.
Queste due canzoni sono talmente onnipresenti e capaci di creare stress al pari dei tormentoni estivi che hanno appunto generato questi meme che portano a fare in modo di non ascoltarle più a lungo possibile. E la cosa spesso non riesce, soprattutto se girate per negozi in cerca di regali. Per la cronaca, al momento in cui scrivo la Carey mi ha già buttato fuori dal ring, mentre non sono ancora finita nel “Whamhalla”.
Ma oltre queste due esiste un elenco infinito di canzoni natalizie degne di “odio”. Molti cantanti e band del panorama pop e rock, oltre agli Wham! e Mariah Carey, si sono cimentati con composizioni dedicate alla stagione festiva, con risultati più o meno disastrosi. Ecco una selezione delle cinque peggiori canzoni natalizie di tutti i tempi, secondo me.
1. Eight days of Christmas, Destiny’s Child
La girlband capitanata da Beyoncé, dopo una breve citazione alla celeberrima Jingle Bells nell’introduzione, prende liberamente ispirazione dal carol inglese del ‘700 Twelve Days Of Christmas, e già la reference di partenza non è che fosse delle più entusiasmanti.
A metà strada tra filastrocca per bambini e cantilena spaccamaroni, il suddetto brano tradizionale è il tipico esempio di “cumulative song”, esattamente come la nostra Alla fiera dell’est, in cui ogni strofa aggiunge un verso a quella precedente in una nenia apparentemente infinita. Ma se il brano nostrano di Angelo Branduardi aveva il nobile scopo educativo di illustrare come ogni azione e ogni vita siano strettamente interconnesse da un rapporto di causa e effetto, qui ci ritroviamo davanti a un semplice elenco di regali che si accumulano a ogni strofa.
Le Destiny’s Child nello specifico aggiornano alla sensibilità e ai gusti dei primi anni 2000 non solo l’arrangiamento R&B che prende il posto di quello folk tradizionale ma anche l’elenco di doni ricevuti che vengono menzionati nel testo del brano di riferimento originale. Non più “una pernice su un pero” (“a partridge in a pear tree”), ma un piercing all’ombelico e un massaggio ai piedi.
Tuttavia in Eight days of Christmas scelgono di non mantenere la struttura cumulativa, cosa che paradossalmente rende il tutto ancora più ossessivo, e inseriscono un ritornello nuovo di zecca quasi mononota che di certo non mette in risalto le doti canore di nessuna delle tre.
Potevano sforzarsi di più? Avrebbero fatto bene. Potevano non farlo affatto? Avrebbero fatto meglio.
2. Thank God It’s Christmas, Queen
Vi chiederete se sono impazzita. Io che inserisco i Queen in un elenco di brutte canzoni?
Diciamo che, osservando la discografia dei Queen, di certo Thank God It’s Christmas non brilla tra i brani migliori. È anche vero che, guardando le altre presenti in questa lista, forse non meriterebbe di stare qua in mezzo. Ma, ammettiamolo, è oggettivamente una brutta canzone dei Queen.
Tutto cominciò quando venne lanciata una sfida interna tra il batterista Roger Taylor e il chitarrista Brian May per un brano a tema natalizio. Il primo presentò Thank God It’s Christmas mentre il secondo propose I Dream Of Christmas. La band scelse all’unanimità il brano di Taylor, che venne registrato in pieno luglio e pubblicato a fine novembre 1984, diventando così la prima e unica canzone di Natale dei Queen. Il brano scartato di May vide invece la luce interpretato dalla sua seconda moglie, l’attrice e cantante Anita Dobson (lascio a voi la curiosità di andare a cercarvelo ma vi avviso, vivete benissimo anche senza).
Thank God It’s Christmas venne comunque accreditata col binomio Taylor-May perché l’idea della canzone natalizia fu di entrambi, anche se la paternità della composizione è effettivamente solo del batterista – tuttavia Brian May sosterrà in alcune interviste di aver messo il suo zampino nella creazione del ritornello. Ma com’è in fin dei conti questa canzone? Un testo e una melodia pigri e banali, qualche campanella da slitta che suona qua e là e, per concludere, delle armonie corali svogliate che sono solo l’ombra del marchio di fabbrica dei Queen. Facilmente dimenticabile.
3. Do they know it’s Christmas?, Band Aid
Penserete che sono proprio un’insensibile. Il progetto del supergruppo chiamato Band Aid (letteralmente “cerotto”) partiva sicuramente dai più nobili intenti. Tra il 1983 e il 1985 l’Etiopia venne colpita da una gravissima carestia causata tra le tante cose da siccità e instabilità politiche e che si stima abbia portato alla morte per inedia più di un milione di persone.
Bob Geldof e Midge Ure si fecero patroni del progetto di raccolta fondi da donare in beneficienza che culminò nel concerto del 1985 che fece la storia della musica: il Live Aid. Il concertone benefico si svolse in contemporanea a Londra e a Philadelphia, coinvolgendo in totale circa ottanta artisti.
Ma prima di questo evento colossale, ci fu la pubblicazione nel 1984 del singolo natalizio Do they know it’s Christmas?, scritto dagli stessi Geldof (per quanto riguarda il testo) e Ure (per la musica). Il brano vede la partecipazione di numerosi illustri nomi della musica, tra cui Phil Collins, Sting, George Michael, Bono Vox, Kool and the Gang, Bananarama, Spandau Ballet, i Culture Club di Boy George, Duran Duran e persino registrazioni di messaggi da parte di David Bowie e Paul McCartney.
Tuttavia, se il brano non ha raggiunto il successo e la consacrazione nella memoria collettiva pari a quelli di We are the world dei colleghi di USA for Africa, un motivo ci sarà. La strofa risulta avere una linea melodica poco afferrabile e il ritornello vero e proprio arriva solo alla fine, composto da sole due frasi ripetute in coro (“Feed the world, let them know it’s Christmas time again”). L’effetto di smuovere le folle a cantare a squarciagola non viene – a mio avviso – raggiunto appieno e il confronto con la melodia orecchiabile del supergruppo americano è impietoso.
Inoltre, la critica accusò il brano di Geldof e Ure di portare avanti inesattezze e stereotipi razzisti circa le popolazioni degli stati del continente africano. I due si sono difesi affermando che le critiche al testo erano irrilevanti rispetto all’obiettivo di aiutare gli etiopi. Ma quando lo stesso Bono Vox afferma di essere stato forzato a cantare frasi che in realtà lo disgustavano (“Stasera ringrazia Dio che tocca a loro e non a te”, ”Tonight thank God it’s them instead of you“), allora forse qualche problemino c’è sul serio.
4. Shake Up Christmas, Train
L’unico motivo per cui questa orribile canzone è rimasta incastrata in qualche mio cassetto della memoria è perché ci è stata propinata insistentemente grazie a (o per colpa di) uno spot della Coca-Cola datato 2010.
“Scuoti la felicità”, ci canta la band statunitense. E infatti nella campagna pubblicitaria vediamo Babbo Natale circondato da delle sfere di vetro. Di quelle che quando le agiti si muove la neve dentro, per intenderci. All’interno delle stesse, il nostro simpatico vecchietto vestito di rosso osserva delle scene che avvengono in varie parti di un’imprecisata città americana.
Santa Claus in questo spot dà letteralmente una spintarella alla felicità altrui in un modo un po’ inquietante, se mi è concesso. Mentre Babbo scuote le sfere, le persone al loro interno iniziano a essere sballottate da una parte all’altra, come se la gravità fosse impazzita. Questo aiuta due timidi ragazzi al loro primo appuntamento seduti su una panchina a scivolare uno verso l’altro e stare più vicini. Un commesso di un negozietto ventiquattrore invece vola in discesa su un carrello dal lavoro verso casa arrivando in tempo per la cena in famiglia.
Ma non è solo lo spot a essere poco ispirato. Il brano di accompagnamento sembra totalmente fuori contesto. Date le atmosfere da schitarrata sulle spiagge californiane più che da cenone natalizio tra parenti, i Train hanno sicuramente dimostrato di essere più a loro agio coi tormentoni estivi che con le canzoni da festività. L’anno dopo, lo stesso spot è stato riproposto partendo dagli stessi presupposti ma con alcune scene aggiunte. Di sottofondo, la stessa canzone ma reinterpretata da Natasha Bedingfield. Spoiler: la situazione non è migliorata.
5. DJ play a Christmas song, Cher
Praticamente una Believe meno orecchiabile e con il testo cambiato in salsa natalizia. Gli stilemi del tormentone estivo che ci ha fracassato le scatole anche con la complicità dello spot Vodafone (ai tempi Omnitel) con Megan Gale li ritroviamo tutti. L’autotune sulla scura voce ingolata di Cher, i ritmi da disco anni ‘90 e il testo pretestuoso poco impegnato.
Solo che DJ play a Christmas song è uscita nel 2023, mentre Believe nel 1998. Tra una canzone e l’altra passano 25 anni, ma la cantante americana sembrerebbe non essersene accorta.
La canzone non avrebbe praticamente niente di natalizio se non fosse per il titolo. Le liriche, in breve, parlano di una persona che passa le feste da sola. La protagonista si aggira per le strade della città poco intenzionata a rientrare a casa prima della luce del giorno. Per strada, ovviamente, sente freddo: siamo in pieno dicembre. Ed è qui che arriva l’idea geniale: perché non scaldarsi ballando per tutta la notte in discoteca canzoni natalizie? Quale miglior modo per passare la notte di Natale? In poche parole, la cantante interpreta la classica persona molesta che tormenta il DJ con le richieste più strampalate, impedendogli di fare il suo lavoro.
Raccontato così non sembra affatto il miglior programma per le feste, a mio parere. A dirla tutta mi fa anche un po’ di tristezza. Contenta lei…
A Natale siamo tutti più buoni?
Nel vostro bilancio di fine anno siete risultati troppo buoni e volete riequilibrare la situazione con un pizzico di perfidia? Potete usare questa playlist per torturare i vostri amici che odiano il Natale. Usatela con saggezza. Buone feste!
di Marta “Minako” Pedoni




