Gli effetti benefici della musica sulla nostra salute mentale sono largamente riconosciuti. Da ascoltatori, la musica ci può aiutare a tirare fuori le nostre emozioni, affrontare momenti difficili, rievocare ricordi, sensazioni e stati d’animo profondi, e in generale migliorare il nostro umore.
Anche dal lato compositivo, le tematiche e le esperienze legate alla salute mentale possono essere essere tradotte in note musicali. Questo mese, per il numero dedicato alla salute mentale, ho scelto di far suonare il Minako’s Jukebox con tre esempi che ritengo particolarmente significativi, pescati dalle discografie di Queen, Elisa e Giovanni Allevi.
I’m going slightly mad (Queen, 1991)
I’m going slightly mad (letteralmente “Sto diventando un po’ matto”) fa parte della tracklist di Innuendo, quattordicesimo lavoro in studio dei Queen uscito il 4 febbraio del 1991, l’ultimo pubblicato con Freddie Mercury ancora in vita.
Dopo la diagnosi di sieropositività all’HIV e in seguito di AIDS conclamata, e dopo la rivelazione del suo stato di salute ai suoi compagni di band nel 1989, Mercury decise che nonostante l’album precedente (The Miracle) fosse stato appena rilasciato, i quattro Queen dovevano richiudersi nuovamente in studio per mettere in piedi un nuovo disco ancora. L’arte era il modo con cui Freddie viveva e affrontava la sua vita, compreso quindi il suo stato di salute fisica, e mentale di conseguenza.
I disturbi neurocognitivi erano, tra le complicazioni legate alla sindrome da immunodeficienza, particolarmente temuti dal cantante. Non è irragionevole dedurre che tentò probabilmente di esorcizzare questa sua paura attraverso la musica. Tutto il disco è impregnato di malinconia e speranza, riflessioni sulla vita, sui giorni passati, sulla morte. Ma I’m going slightly mad fa tutto questo sotto un punto di vista diverso, ironico e nonsense.
In una notte di bevute e risate, Freddie Mercury compose per puro divertimento, con l’aiuto del suo amico attore di lunga data Peter Straker e ispirato dall’umorismo di Noël Coward, una serie di versi deliranti e surreali. Questi poi diventarono il testo di I’m going slightly mad.
Allucinazioni e vaneggiamenti vari si susseguono in liriche come “I think I’m a banana tree” (“Penso di essere un albero di banane”) e “I’m knitting with only one needle” (“Sto lavorando a maglia con un solo ferretto”).
Il video di I’m going slightly mad
Il videoclip che accompagna il singolo non è da meno. Troviamo un Brian May vestito da pinguino (un riferimento alle foto promozionali del loro primo disco, Queen), Roger Taylor in triciclo con una teiera fumante in testa e John Deacon con un copricapo da giullare. Poi un uomo in costume da gorilla, pinguini veri, altre stranezze assortite. E Freddie Mercury che, nonostante fosse visibilmente provato dalla malattia, non rinunciava al suo lato teatrale. Il cantante ci suggerisce la sua imminente trasformazione in un albero di banane, con un casco dei gialli frutti tropicali indossato a mo’ di parrucca.
Il filtro bianco e nero, inizialmente scelto per mascherare il più possibile i segni della patologia sul volto di Mercury, contribuisce a rafforzare l’atmosfera onirica e fuori dalla realtà che caratterizza la canzone.
Broken (Elisa, 2003)
Broken di Elisa è il singolo che ha lanciato Lotus, il quarto album in studio – interamente acustico – della cantante friulana, pubblicato nel 2003.
L’aspetto che più mi colpisce di questo brano è il contrasto tra l’arrangiamento, basato sulle chitarre, gioiose e brillanti, e il testo che parla di depressione. Le liriche raccontano in modo intimo ma diretto un momento difficile, dove in seguito a un’esperienza dura e travolgente qualcosa si rompe e si ha la sensazione di perdere una parte di noi stessi. Si sperimenta la perdita di fiducia nelle cose positive che ci riserva il futuro e la difficoltà nel riconoscere la bellezza nelle piccole cose quotidiane.
La voce di Elisa si muove morbida nelle strofe che ci cullano “come una bottiglia che galleggia nel mare”, per poi esplodere con determinazione nel ritornello, mantenendo sempre la dolcezza caratteristica del suo timbro.
Broken venne composta durante il tour del disco precedente, Then Comes The Sun, e ne rappresenta infatti, a livello di tematiche, la prosecuzione spirituale. Tutti i brani di Then Comes The Sun (Poi viene il sole, in italiano) avevano come ispirazione predominante la rinascita dopo la sofferenza, concetto espresso chiaramente fin dal titolo dell’intero lavoro.
In Broken, Elisa utilizza un linguaggio semplice e allo stesso tempo ricco di immagini e metafore che riconducono alla luce e allo sbocciare della natura, simboli di speranza e di guarigione. Perché “there will always be more worth moving on for”, ci sarà sempre qualcosa per cui vale la pena andare avanti.
Panic (Giovanni Allevi, 2006)
Sono gli anni 2000 e Giovanni Allevi esplode come popstar atipica. Stella mondiale del pianoforte solista, ha unito in maniera furba la sua formazione classica a una sensibilità pop e a qualche strizzata d’occhio al minimalismo. Un mix che conquista il grande pubblico, dall’Europa al Nord America e persino in Asia.
Proprio in Cina, Allevi si imbatte con le prime avvisaglie di un attacco di panico. Dopo due mesi intensissimi di tour, il giorno dopo il concerto culmine all’Oriental Art Center di Shanghai, prima di ripartire per l’Italia, il musicista sperimenta, come racconta nel suo libro La musica in testa (Rizzoli, 2008), “una strana sensazione al petto, concentrata sullo sterno. […] Sembra nausea mista a un enorme senso di colpa”. Il malessere passa quasi subito, il pianista ne attribuisce la responsabilità all’aria condizionata e torna a casa, alla sua vita “normale”.
Ma cosa è “normale”? Le sue mani fino al giorno prima sfioravano un pianoforte tra gli applausi di un teatro sold out. Ora quasi si spaccano sotto il peso delle buste della spesa. È certamente un contrasto netto e repentino. Questo porta un disorientato Allevi, sotto il sole cocente di Milano, a domandarsi chi sia in realtà. Il caldo è asfissiante, ma ecco che torna il sudore freddo, la vista si appanna e la crisi non passa come a Shanghai, anzi aumenta.
Tachicardia, pressione alta, difficoltà a respirare e sensazione di morte imminente spingono Giovanni Allevi a chiamare i soccorsi. Le analisi risultano essere a posto, era “solo” un attacco di panico.
Dentro l’ambulanza, scrive nell’autobiografia, ripensa a quanto è bella “la quotidianità o l’essere semplicemente vivi. […] Quante volte ho offuscato i miei sogni dietro ai fantasmi della paura. Se dovessi uscire di qui, canterò con la musica la gioia di vivere”. Durante il viaggio verso l’ospedale racconta di essersi fatto cullare “dalle note di una melodia dolcissima”, in Sol bemolle, che gli risuonavano in testa. Quella musica è poi diventata Panic, composizione di apertura di Joy, disco del 2006. “Ogni volta che il panico tornerà, mi farò abbracciare ancora da quelle note”, scrive ancora Allevi ne La musica in testa.
Il panico secondo Giovanni Allevi
Alla fine del capitolo dedicato a questa esperienza, il musicista esplicita la sua interpretazione personale del panico:
“Cosa c’è di soffocante nel mio sogno realizzato? […] Rifletto sulla parola: Panico è Pan, il Tutto. Il panico non è l’incontro con un vuoto paralizzante ma è l’esperienza del nostro tutto, della dirompente energia creativa che è dentro ognuno di noi. Sono stato travolto dal tutto, dal troppo, da un’emozione incontenibile, proprio nel momento in cui mi sono fermato. Penso al mondo interiore delle persone, infinitamente grande, che all’improvviso esplode all’esterno mostrando una poesia e una vitalità a cui la nostra quotidianità non ci ha più abituato”.
di Marta “Minako” Pedoni