In un giardino incantato: la fantasia è il nostro scheletro

Ci sono luoghi che non si visitano: si attraversano. Come sogni. Come ricordi. Come un giardino segreto cresciuto al confine tra la realtà e un altro mondo.

Uno di questi è emerso nel  mese in cui la natura si tinge d’oro, il cielo si fa più vicino e i castelli tornano a sussurrare storie, tra le mura senza tempo del Castello di Paderna, l’11 e 12 ottobre 2025, in occasione della nuova edizione de “I Frutti del Castello”. Non una semplice mostra di piante rare o un mercato di frutti antichi, ma un evento botanico incantato, dove la bellezza si respira e la natura si trasforma in poesia visiva.

Ogni passo all’interno del castello è stato come varcare la soglia di una dimensione sospesa. Un mondo dove la fantasia non è un gioco da bambini, ma un’architrave invisibile, una forma di resistenza, un modo per continuare a camminare. Avanzando ci si lasciava alle spalle il tempo quotidiano.
Davanti agli occhi, un sentiero di foglie scricchiolanti portava dentro un giardino che sembrava vivo, come se respirasse assieme agli alberi. Le mura antiche, coperte d’edera, parevano proteggere quel luogo dal rumore del mondo.

E anche lì è il Giappone, tra aceri di fuoco, crisantemi d’oro e scheletri silenziosi

Il sentiero si apriva tra aceri rossi infuocati, le cui foglie sembravano lingue di fuoco leggere, e bonsai giapponesi modellati con una pazienza antica. Attorno, crisantemi splendenti ricamavano l’aria con i loro petali scolpiti, come piccole armature floreali di samurai dimenticati.

Ma non era solo la bellezza a colpire. Tra le radici, nei viali ombrosi, sotto gli archi e i pergolati, si nascondevano scheletri silenziosi. Non inquietanti, ma quasi benevoli. Ossa simboliche, ossature di ciò che è stato e ancora vive in altra forma. Sembravano parlare con chi sapeva ascoltare: “Tutto ciò che cresce lo fa sopra qualcosa che è stato”.
Sembravano sussurrare il segreto della lentezza, della cura, del rispetto per ogni forma vivente. Non era solo una mostra: era un rituale, un omaggio al respiro lento della natura e della storia.

Piante rare e frutti [non] dimenticati

Ogni angolo era un invito a scoprire qualcosa che non sapevi esistesse.
Tra questi banchi — pieni di piante esotiche, erbe officinali, semi antichi — l’aria profumava di una biodiversità che non si studia sui libri, ma si assapora tra le mani.

Gli espositori, veri custodi di saperi dimenticati, narravano leggende tra un vaso e un sacchetto di semi. C’era chi parlava di fiori antichi, chi raccontava di piante come spiriti guida. E i frutti parevano usciti da un giardino dello Studio Ghibli, restavano impressi negli occhi come una visione.
Gli artigiani raccontavano storie antiche, tra confetture dimenticate, semi provenienti da giardini segreti, e profumi che risvegliavano memorie d’infanzia. C’era una dolcezza diffusa nell’aria — non solo nei sapori, ma nei gesti, negli sguardi, nella meraviglia condivisa.

Un evento che parla al cuore

“I Frutti del Castello” è molto più di un’esposizione botanica: è un invito a rallentare, a riscoprire il legame profondo tra l’uomo e la terra. Famiglie, appassionati di giardini, collezionisti di meraviglie naturali — ognuno trovava qualcosa che gli parlava, che lo riportava a casa.
E il Castello di Paderna, con i suoi fossati, le sue torri silenziose, le pietre riscaldate dal sole d’autunno, era parte viva di questo incantesimo. Sembrava quasi che le piante crescessero non nella terra, ma tra le pagine di un racconto.

La fantasia come scheletro: ciò che ci tiene in piedi

Mi sono ricordata che la fantasia è ciò che ci tiene in piedi.
È il nostro scheletro invisibile.
È l’ossatura della meraviglia, la struttura segreta che ci permette di affrontare ogni momento della vita con occhi spalancati.
Non si vede, non fa rumore. Ma è lì, come le ossa sotto la pelle. Sottile, resistente, silenziosa.

Sempre è necessario coltivare la parte più magica di noi. Perché senza immaginazione, senza stupore, senza poesia… Cosa resta?
Perché in fondo, camminare in un giardino incantato ci ricorda come si cammina anche dentro noi stessi.

Stay kind
Love, Monigiri

Monica Fumagalli
Monica Fumagalli
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