Vi siete mai chiesti qual è il colore di Due – il vero colore?
Due è l’intelligenza artificiale creata da Everett Ducklair in PKNA, pensata per sostituire Uno in caso di malfunzionamento.
Io sì. Me lo chiedo fin da ragazzo. Alla fine dei volumi di PK si dice che Due, il gemello malvagio di Uno — entrambi avatar dello stesso inventore — è rosso, a causa di un sovraccarico, ipertensione, dei suoi “circuiti logici”. Sì, avete letto bene: ipertensione dei circuiti logici. La rivista PK era celebre per inventare paroloni complicati, o sequele di parole prive di significato, facendoti comunque credere di star leggendo qualcosa di profondamente intelligente. Ci riusciva sempre.
Ma quindi Due è davvero rosso?
O in origine era verde, proprio come il suo gemello? Oppure di un blu pacifico, distante da entrambi?
Più avanti, in una storia pubblicata su Topolino, apparirà un’altra intelligenza artificiale, e lì il colore sarà un verde scuro… Ma non credo abbia qualcosa a che vedere con i miei dubbi.
Immaginatevi un piccolo Rinoceronte seduto per terra, intento a leggere il numero 2 della serie originale di PK. Siamo alla fine degli anni ’90. Io sono quel Rinoceronte. E mentre gli altri si godono l’avventura, io mi faccio domande. E forse è proprio quello che voleva la redazione di PK: farci pensare, incuriosirci.
Così inizio a chiedermi: come sarebbe il mio avatar? Lo vorrei cinico come Due, o logico e di buon cuore come Uno?
Ducklair ha creato due intelligenze artificiali che sono, in fondo, proiezioni della sua stessa personalità.
Ma chi di noi non ha dentro di sé un gemello malvagio da tenere a bada?
Due: l’eterno secondo o l’altra faccia della medaglia?
Due, con la sua testa a punta e la sua condanna ad essere “il secondo”, mi ha sempre affascinato.
C’è qualcosa di tragico nell’essere l’alternativa, il piano B. Avere il nome stesso della sconfitta, dell’attesa. Una mente sconfinata, piena di possibilità, costretta all’inazione solo perché qualcun altro sta già occupando il posto. Non è sfiancante? E non è, forse, quello che viviamo tutti, almeno una volta?
Creare un avatar e vedere come interagisce col mondo è qualcosa che dovremmo fare più spesso. In fondo lo facciamo già, nei videogiochi o online. Ma quella è solo una nostra versione, non un essere davvero indipendente. Non c’è Tamagotchi che tenga.
Allora, dove possiamo guardare per vedere davvero chi siamo, senza finire vittime delle nostre stesse decisioni? Neppure uno specchio ci aiuta, perché riflette soltanto ciò che facciamo, mai ciò che potremmo fare.
E questo è ciò che mi spaventa: il potenziale inespresso che si agita dentro di noi. Una voce che scalpita per uscire, come Due. L’avatar malvagio. O forse solo l’altro lato della stessa, complicata medaglia.
di Daniele “il Rinoceronte” Daccò