Il gioco inizia così: avete perso.
La vostra Regina è morta, la missione è fallita, e ciò che ne rimane è solo un simulacro magico, ricostruito dalla Strega della Gravità.
Nostra Maestà Infranta, gioco di ruolo masterless creato da Jason Brown ed edito in Italia da Nessundove, parte da un fallimento e costruisce attorno a esso un’esperienza intensa e profondamente soddisfacente. È un gioco che parla di perdita, di memoria, di vendetta, e lo fa con le tinte cupe e malinconiche di un dark fantasy lirico e frammentato.
I giocatori si ritrovano attorno a un tavolo, senza un master che li guidi, per ricostruire i pezzi di una storia spezzata.
Sceglieranno la loro Regina — forse una sovrana giusta e amorevole, forse una tiranna crudele —, il suo simulacro (una statua di pietra? una boccetta di vetro con la sua effigie? uno specchio?) e il suo assassino, con tanto di motivazioni, più o meno condivisibili.
Nostra Maestà Infranta: un GDR unico nel suo genere
Ma la vera particolarità del gioco risiede nei personaggi; i giocatori potranno scegliere tra coloro che hanno amato la Regina, raggruppati per archetipi: una sorella, un figlio, un genitore, un amante. Questi personaggi archetipici intraprendono un viaggio insieme al simulacro, che lentamente si deteriora, si incrina, perde forma, fino a diventare irriconoscibile rispetto alla persona che era.
Durante il cammino, i giocatori visiteranno diversi luoghi; a turno, ognuno di loro diventerà Capo Attore, guidando la scena e tessendo i frammenti della storia.
La meta ultima del viaggio è l’Albero sotto la Montagna. Solo dopo aver attraversato tutte le scene e raccolto gli indizi, i personaggi potranno raggiungerlo: lì troveranno l’assassino, potranno affrontarlo, ottenere la loro risoluzione. Ma la Regina, a quel punto, smetterà di esistere.
Le tinte di Nostra Maestà Infranta sono grigie e contrastanti, proprio come la color story del manuale.
La costruzione collettiva lo rende accessibile anche a chi non ha esperienza con i giochi di ruolo più tradizionali, ma i suoi temi lo rendono inadatto a un gruppo troppo leggero o poco incline all’improvvisazione. Chi fatica a esporsi o a improvvisare potrebbe sentirsi escluso da una dinamica così centrata sul dialogo, e qualcuno potrebbe reagire sdrammatizzando, mandando tutto un po’ “in vacca” — ma credo che non sia questo il punto.
Dare spazio alla perdita
Camminare nel mondo di Sacràvia, accanto alla mia Regina che perdeva pezzi lungo la strada, mi ha ricordato mia nonna: la malattia che l’ha consumata, che le ha confuso i volti, svuotato le parole, tolto le passioni e la presenza.
Penso che la forza di Nostra Maestà Infranta stia proprio qui: nel dare spazio a chi ha conosciuto la perdita, offrendo un modo per toccarla, per comprenderla, per trovarne, anche solo per un momento, una forma di pace, in un contesto sicuro.
Non tutti i giochi sono per tutti i momenti o per tutti i gruppi. Ma alcuni, come questo, diventano strumenti preziosi: piccole cassette degli attrezzi dell’anima, da aprire quando sentiamo il bisogno di rimettere ordine in ciò che abbiamo dentro.
Perché il finale, sì, è già scritto.
Ma quello che conta è come ci arrivi
di Irene H. Generali




