L’immedesimazione non è una via di fuga. Non è mascherarsi da qualcun altro per evadere dalla propria vita. È, piuttosto, un modo per guardarsi allo specchio. Solo che il riflesso può avere altri occhi, un altro nome, un’altra storia. Eppure, è come rivedere noi stessi. Almeno in parte.
Quando leggiamo, quando giochiamo, quando guardiamo un film d’animazione, c’è sempre un momento in cui ci fermiamo e pensiamo: questa potrei essere io. Non per somiglianza esterna, ma per affinità interiore. Perché quella battaglia “l’ho combattuta anch’io”. Perché quel dolore lo conosco. Perché quella scelta, forse, l’avrei fatta allo stesso modo.
Non sono mai stata una sola persona. Dentro di me, abitano tante donne (e qualche uomo, perché no, l’uguaglianza e la parità è anche questo), e tutte mi hanno aiutata a conoscermi un po’ di più.
Di seguito ho scelto una serie di personaggi che per me sono stati come ritrovarsi, riconoscersi… In cui ho rivisto parti di me.
Aster: l’amore che combatte in silenzio
Aster, da Good Luck Girls, libro edito Rizzoli di Charlotte Davis, è la sorella maggiore che vive per sé stessa e la sorellina minore. È una delle ragazze della Buona Fortuna, venduta quando era ancora bambina a una “casa di benvenuto”, marchiata con un tatuaggio maledetto e intrappolata in una vita che non avrebbe mai scelto. Come Katniss di Hunger Games, è pronta a sacrificarsi, a vendere sé stessa, per salvare chi ama. Ma a differenza di Katniss, Aster con la sorellina è tenera, materna, protettiva.
Aster rappresenta la parte di me che mette sempre gli altri al primo posto. Quella che lotta anche quando non si può più far nulla, che protegge senza chiedere nulla.
È la mia corazza e il mio cuore insieme.
Triss Merigold: la dolcezza che non si lascia schiacciare
Triss, dal mondo di The Witcher, è forte e vulnerabile allo stesso tempo. È una maga, ma prima ancora è una donna che sa ascoltare, che ama senza possedere, che resta accanto anche quando non viene scelta.
Triss è fuoco, ma è quel calore ardente che ti avvolge.
In lei riconosco quella me che sceglie il rispetto invece del giudizio. Che crede nella forza gentile. Che non urla per farsi sentire, ma resta, e costruisce. Una parte più assertiva che aggressiva.
Luna Lovegood: l’anima che non chiede permesso per essere sé stessa
Non servono presentazioni. Luna è l’unicità fatta persona. La “stranezza” che non chiede scusa. Quella parte che da adolescenti nascondiamo per paura di essere derisi, ma che con il tempo impariamo ad amare.
Luna mi ha insegnato che essere “diversa” non è un problema da risolvere, ma una ricchezza da custodire. Che non c’è niente di più bello che essere esattamente come si è, anche se nessuno capisce.
Sansa Stark: la dignità che sopravvive al dolore
Sansa Stark, dall’universo di Game of Thrones, è membro della casata di Grande Inverno. Sansa è stata derisa, sottovalutata, abusata. Ma alla fine, è lei che si siede sul trono. Il suo percorso non è una vendetta: è una rinascita.
Mi riconosco in lei nei momenti in cui ho dovuto ingoiare silenzi, imparare a proteggermi, rialzarmi anche quando non c’erano motivi per farlo.
Sansa rappresenta la forza elegante, quella che non fa rumore ma lascia il segno.
Andromaca: l’amore che non cede nemmeno alla distruzione
Andromaca, la moglie di Ettore nell’Iliade, è spesso dimenticata. Eppure è lei a sopravvivere alla caduta di Troia. È lei a perdere tutto, ma non se stessa. Ha visto suo figlio gettato dalle mura, è diventata bottino di guerra. Ma non ha smesso di amare, di lottare, di essere umana.
In lei c’è la mia resilienza. Quella che tiene insieme i cocci anche quando non c’è più vaso. Quella che non dimentica, ma va avanti.
Ettore: il dovere che pesa più della paura
Ettore non voleva combattere. Ma sapeva che se non l’avesse fatto lui, qualcun altro sarebbe morto. Era il suo compito, il suo destino: proteggere Troia. Scelse il dovere, anche se gli spezzava il cuore. Abbandonò Andromaca e Astianatte, suo figlio in fasce.
E io mi rivedo in lui ogni volta che ho detto “sì” per non mettere nei guai qualcun altro. Ogni volta che ho fatto ciò che andava fatto, anche se volevo solo fuggire o avevo paura.
Ettore è il mio senso di responsabilità, quello che non grida, ma che guida ogni passo.
Sophie: la forza che nasce dalla libertà di smettere di compiacere
Sophie, protagonista de Il Castello Errante di Howl, invecchiata da una maledizione, finalmente smette di cercare di piacere – e compiacere – tutti. Nel corpo di una donna anziana, si scopre finalmente libera. Diventa sé stessa, per la prima volta.
Mi insegna ogni giorno che non serve essere perfette per essere potenti. Che quando smetti di chiederti se vai bene, cominci a vivere davvero. Che quando impari a volerti bene, è lì che davvero inizia la vita e puoi fare qualsiasi cosa.
Non ho scelto questo personaggio a caso e lo trovo estremamente attuale e d’ispirazione, soprattutto per gli adolescenti di oggi.
Haku: il sé perduto che si ritrova grazie all’amore
Haku ha dimenticato chi è. Ma il suo cuore, quello, continua a fare la cosa giusta.
In lui ho visto la mia confusione nei momenti bui, quando non sapevo più chi fossi. Ma anche la mia salvezza, quando qualcuno mi ha guardata con gentilezza e mi ha ricordato il mio nome – e chi ero davvero e cosa potevo fare.
Haku è la speranza che ci sia sempre un modo per tornare a casa, anche dentro noi stessi.
Max: il dolore che si chiude a pugno
Max Mayfield, dall’universo di Stranger Things, è la parte di me che non sa come dirti che sta male, ma lo fa capire a modo suo. Max è forte, sarcastica, a volte distante. Ma tutto ciò nasce da un dolore che non ha spazio per uscire. La perdita, la colpa, il sentirsi sempre fuori posto. Eppure, anche quando sembra respingere tutti, Max ama profondamente. Protegge chi ama, anche a costo di spezzarsi.
È quella parte che scappa quando ha paura, ma solo perché non vuole far crollare tutto. Che si protegge con la rabbia, ma che in realtà chiede solo un po’ di pace.
Merida: la libertà di non chiedere scusa per ciò che si è
Merida, la protagonista di The Brave, rompe lo schema. Non vuole sposarsi, non vuole essere domata, non vuole essere “come si deve”. Eppure ama. Ama la madre, ama la sua terra, ama il suo destino — ma a modo suo.
In lei ho riconosciuto quella parte ribelle che vuole scrivere da sola la propria storia. Che sbaglia, ma ci mette la faccia. Che non vuole essere scelta, vuole scegliere.
L’immedesimazione per scegliere chi vogliamo diventare
Non sono tutte me. Ma ognuna mi ha insegnato qualcosa.
L’immedesimazione è anche questo: riconoscere le proprie ferite nei mondi degli altri. Ma è soprattutto scegliere chi vogliamo essere, e cominciare a diventarlo.
A volte mi hanno aiutata a sopravvivere. Altre volte, a scegliere. Altre ancora, a capire che non ero sola nei miei pensieri.
Immedesimarsi in un personaggio non è solo vedere noi stessi in loro, è anche scegliere chi vogliamo diventare.
Mille volti, mille personaggi, mille sfaccettature e mille parti di noi. Chi lo sa, magari conoscere i personaggi con cui ci immedesimiamo, può dirci di più su noi stessi.
di Giulia Previtali