Che sapore ha l’amore? Quali disturbi o benefici può apportare al nostro organismo? Mal di pancia, sazietà, inappetenza, estasi, indigestione: ogni sapore dell’amore ha un sintomo differente sul nostro apparato digerente.
Esso muta in base alle capacità organolettiche del bacio, al valore nutrizionale dell’intesa e alla qualità della materia prima.
Le esperienze evolvono il nostro approccio al sentimento, educano lo stomaco e il palato a ciò che è di nostro gradimento.
Anche sé, merito forse di ottime campagne marketing, si può confondere il cioccolato con… bè lo avete capito. Capita a tutti, anche a te che mi leggi in questo momento.
Parlare del sapore dell’amore è assimilabile al cercare di spiegare il sapore della filosofia: sono entrambi concezioni astratte. Ma io ci proverò ugualmente, secondo il mio personale palato.
Junk food, si parte dal cibo da strada
Come il cibo per gatti attira i piccoli felini nell’ingurgitarlo voracemente, così gli amori dal sapore ricco di spezie attira noi umani. Godiamo più dell’odore che del sapore: pasticciato, scadente, approssimativo.
Sembra uno dei sapori migliori del mondo, ma in realtà quel gusto porterà a lungo andare alla nausea. Un’insoddisfazione nutrizionale che si riflette in forze che cedono e mal di stomaco continuo.
Gastrite, colite, nausea.
Però sembrava così buono, così desiderabile, così appetibile. Ci sta, capita, soprattutto quando non si conosce il gusto del cibo vero.
Ma perché accontentarsi? È un po’ come provare a conquistare il cuore di Catwoman sapendo bene come il povero Bruce Wayne si stia leccando ancora le ferite. Quindi, la domanda successiva sarà: continuare a sfamarci di fast food o passare al prossimo piatto?
Piatti riscaldati, veloci, troppo
Ché poi è anche buona la pasta riscaldata, magari quella avanzata dal pranzo. Ma immagina di mangiarla tutti i giorni, continuando ad aprire vaschette ricoperte di cellophane per poi fiondarle in microonde.
Il motivo? “Il tempo che impiego per mangiare non può essere nettamente inferiore a quello che ci metto nel prepararlo, quel cibo”. La forchetta affonda in cibo riscaldato, che magari ha un altro nome sull’etichetta e non il proprio.
Cibo che si ripropone in tavola, con la testa di chi ci vuole bene che scuote leggermente mentre lo mangiamo. Per rispetto delle scelte, passano un tovagliolo. A lungo andare, poi, quei sapori possono diventare accettabili. Per altri versi, invece, sarà una sorta di zona di conforto: non sto né bene né male, ma neanche voglio sforzarmi per cambiare le cose.
Una definizione di questo sapore? Sciapo.
E forse, dico forse, qualche scappatella di nascosto dalla parmigiana surgelata potrebbe accadere. Senza farlo sapere, in silenzio, come nei migliori lovedrama Koreani.
False intolleranze, forse manca qualche enzima
E sì, alcune pietanze se non le digeriamo è colpa nostra. Il sapore è un po’ acidulo, la consistenza sgradevole, l’aspetto accettabile. Su quel piatto bianco, si servono sapori altamente piccanti, gravemente speziati, pieni di sale.
Sono io che ho qualche intolleranza momentanea o forse oggi non sono proprio in forma. Domani ci riprovo, a riassaporare quel cibo. Mi piace e non posso farne a meno.
Anche se fa male.
Magari per qualcun altro quell’assaggio è dolce, ma perché continuare ad assaporare un cibo che ci rende schiavi del gaviscon? No, non siamo noi, è la nostra forchetta che continua a essere impertinente nell’inforchettare tzundere.
Buona cucina, quella che sa di casa
Quella che si assapora. Ne conosci la consistenza, gli ingredienti e sai bene che quel gusto ti porterà a stare bene. Dopo aver mangiato tutti i cibi di qui sopra, sarà come spalancare gli occhi di colpo:
ma quindi è questo il sapore dell’amore?
Il cibo che non fa male, che non fa bruciare la lingua o che non porta alla nausea. Ti fa bene, ma un bene speciale. Perché accoglie la tua voglia di vivere, gioire, raccogliere la tua personalità e renderti unico. Prima da solo e poi con il piatto di spaghetti preparato con i San Marzano appena acquistati al mercato assieme a un ciuffo di basilico.
Non è un gusto ricercato, come quello dell’alta cucina, richiamato solo dal bene nel portafogli. Ma è quel bisogno che sfocia in vita.
Ogni tanto potrà capitarti di passare davanti a un furgoncino a lato strada, annusare il profumo di cibo sfrigolante e soffermarti per qualche secondo. Ma poi ricordi che quell’odore non corrisponde al sapore e il mal di stomaco parte in automatico: acre, bruciato, malevolo.
Quanto è buona la pasta al forno con gli ingredienti mescolati con amore? Mi ricorda quasi la cucina di food wars, dove il cibo brillava e si mangiava con gli occhi. Oppure, ancora, quell’alchimia di papille gustative e corpi: Spider-Man e Mary Jane.
Potrei descrivere altre decine di gusti, sapori, odori, interazioni. Ma, a grandi linee, i fili si congiungono in base alla qualità e all’alchimia del nostro cibo preferito.
La persona preferita, il migliore o la migliore amica, la nota che suona alle stesse frequenze. L’amore che desideriamo mangiare, come una metafora cannibalica dell’introdurre dentro sé stessi almeno una piccola parte di chi ci fa battere il cuore e svuotare lo stomaco.
I sapori si scelgono, le pietanze si desiderano. Bisogna, solo, fare attenzione a darci il giusto nutrimento: quello che ci meritiamo e non quello per cui ci accontentiamo. Buon appetito.
Miriam My Caruso