“Faccio sempre ciò che non so fare, per imparare come va fatto.”
Chi lavora nel campo della cultura sa quanto sia un territorio accidentato e colmo di ostacoli. E uno degli ostacoli più complicati da debellare è proprio quello legato al pubblico. Perché tutti desideriamo una diffusione massiccia di opportunità culturali fruibili a tutti ma poi ci scontriamo con la diffidenza di una larga fetta di pubblico che fatica a lasciarsi sedurre da una visita a un luogo culturale come occupazione prediletta di una giornata libera.
Per questo ritengo siano necessari “esperimenti” capaci di abbattere le perplessità, suscitare curiosità e avvicinare le persone al mondo dell’arte. La Van Gogh Experience visitabile a Milano dal mese di maggio gioca proprio in questo campo e io e il Rinoceronte abbiamo avuto l’opportunità di visitarla.
Quella di Milano non è stata la “prima volta” di questa mostra in Italia (era stata già allestita a Napoli nel 2017) e ha già fatto il giro del mondo. La versione che è possibile visitare a Lampo Scalo Farini cerca di unire tante suggestioni.
Van Gogh Experience: La Mostra
Mentre attraversavamo le prime sale, colme di riproduzioni di opere di Van Gogh, siamo rimasti sorpresi dal vasto nozionismo presente e consultabile. Solitamente le esperienze virtuali o dinamiche come questa prediligono il cosiddetto Effetto Wow alla pura esposizione dei fatti ma, in questo caso, sembra che il primo step sia proprio quello di avvicinarsi a un artista leggendario attraverso il metodo tradizionale.
Il passaggio successivo inizia a immettere elementi insoliti alla fruizione. Luoghi come la camera da letto, ritratta in una serie di dipinti realizzati tra il 1888 e il 1889, vengono ricostruiti a grandezza naturale diventando spazi tridimensionali. Elementi caratteristici della sua opera come i girasoli occupano un’intera ala materializzandosi a ogni passo che il visitatore compie in un punto ben preciso.
Il momento che più di tutti sembra rappresentare il desiderio di immersione nell’opera di Van Gogh è l’ingresso in una stanza di oltre 1000 metri quadri che proietta quella che, a conti fatti, è una visualizzazione della poetica dell’artista. Le pareti, il soffitto e il pavimenti diventano schermi che ti avvolgono a trecentosessanta gradi e ti raccontano un pensiero, provando a rendere tangibile il genio e l’estro artistico di un uomo straordinario.
Tra foglie che si alzano da terra arrivando fino al soffitto in un turbinio che ti avvolge e quadri che si animano la sensazione è certamente efficace. Abbiamo avuto, talvolta, la percezione di una mancanza di vera interazione con ciò che veniva mostrato. Mancava la possibilità di toccare con mano qualcosa capace di reagire alla nostra volontà di sentirci parte del tutto. È, senza dubbio, un pensiero che nasce proprio dalla voglia di avere di più che simili iniziative suscita negli spettatori. E, da un certo punto di vista, lo abbiamo avuto nella parte finale della visita.
Van Gogh Experience: il viaggio in VR
Sì perché, per completezza, abbiamo sperimentato anche l’esperienza in VR disponibile in appendice alla visita e lì le cose si sono fatte affascinanti. Non appena indossato il visore mi sono ritrovato a combattere la piacevole vertigine di ritrovarmi in un dipinto di Van Gogh.
La mia anima da cinefilo ha pensato immediatamente al film “Sogni” di Akira Kurosawa dove, in uno degli episodi, un uomo finiva catapultato proprio all’interno delle opere del pittore olandese (interpretato, peraltro, da Martin Scorsese!). Qui si vive la medesima sensazione, percorrendo i ciottolati della Provenza per entrare nel Caffè “La Sera”, assistendo alla notte stellata sul Rodano, restando sorpresi e garbatamente spaventati dall’improvviso volo dei corvi sul campo di grano.
Quando all’inizio di questo pezzo parlavo di suscitare curiosità nei confronti dell’arte pensavo esattamente a quello che ho visto mentre percorrevamo il corridoio che ci avrebbe condotti fuori dalla Van Gogh Experience: volti di persone incuriosite da ciò a cui avevano assistito. Sono certo che molti di loro, mossi anche solo dalla curiosità, si siano concessi una sbirciata successiva alla visita sul web per saperne di più su quell’opera che tanto li ha affascinati in formato VR.
E questo è un traguardo al quale aspirano molti.
Roberto “Mr. Rob” Gallaurese