“Ciao! Ma l’intervista non era alle 10:30?” Io deglutisco amaro perché inizio a temere di avere sbagliato l’orario della chiamata e di avere iniziato la conversazione con mezz’ora di anticipo (Spoiler: non è così, per fortuna!)
Ma facciamo un passo indietro.
In un pomeriggio autunnale di venti anni fa mi recavo in una piccola saletta cinematografica nella provincia di Novara per guardare un film d’esordio italiano del quale avevo letto molto e che mi suscitava immane curiosità. Un film su ragazzi che affrontavano una vita di assoluta precarietà a colpi di citazionismo, sarcasmo, colloqui di lavoro fallimentari e leggerezza. Non lo facevano per immaturità, lo facevano per proteggersi da quella incertezza che stava già ammantando il futuro di molti di noi e che avrebbe contrassegnato tutte le successive generazioni. Uscii da quella sala con la convinzione di avere assistito alla nascita di un futuro cult movie che avrei citato fino alla nausea e che mi avrebbe fatto sentire meno solo nel mio scombussolamento giovanile. Sto parlando di “Santa Maradona”, l’opera prima di Marco Ponti.
In una mattina autunnale, vent’anni dopo, sono al telefono con il regista di quel film. Ha accettato di fare una chiacchierata per l’anniversario di quella pellicola che sembra ancora così ferocemente moderna. Non voglio trasformare il tutto in una intervista convenzionale; non ho atteso tutto questo tempo per impilare le classiche domande svogliate ma, contemporaneamente, ho il terrore di ammorbarlo facendo troppo il fan-boy. Per fortuna, mi tranquillizza ampiamente nel corso della conversazione. “Uno dei miei film di culto è Marrakech Express e, quando mi capitò di fare un viaggio con Gabriele Salvatores, lo tampinai letteralmente di domande… quindi ti posso capire!”
“Cult Generazionale” è il termine usato da due decenni per definire “Santa Maradona” ma non mi ha mai convinto. Ne ho avuto la riprova negli ultimi mesi grazie a numerosi nostri lettori giovani che lo hanno visto e amato per la prima volta, riconoscendosi nelle problematiche dei due protagonisti Andrea (Stefano Accorsi) e Bart (Libero De Rienzo). “Già all’epoca della sua uscita dissi che mi sembrava un film lontanissimo dal concetto di Pellicola Generazionale perché non voleva raccontare nello specifico una generazione. Se avessi voluto ottenere un simile risultato lo avrei chiamato Giovani, Carini e Disoccupati! Invece l’utilizzo di un titolo così criptico mi serviva a sottolineare il fatto che non avessi idea di quale generazione stessi parlando. Volevo fotografare uno stato d’animo e immortalare il passaggio all’età adulta. Riusciranno i nostro eroi ad alzarsi dal divano? Troveranno quella forza? Nel corso degli anni il film è stato proiettato in Paesi che mai avrei pensato di raggiungere come Giappone e Cuba e mi stupiva vedere il divertimento che suscitava anche lì. Se i ragazzi di oggi lo vedono e dicono “Loro sono proprio come noi” allora questo è il segnale di quanto sia lontano dal concetto di pellicola generazionale!”
Il fatto che “Santa Maradona” fosse un’opera prima già così profondamente caratterizzata mi ha portato a pensare spesso a quanto rispecchiasse la successiva carriera di Marco Ponti. Nell’arco di vent’anni ha diretto lungometraggi, videoclip, documentari, ha sceneggiato film altrui, adattato romanzi e molto altro ancora. Rivedendo adesso quel folgorante esordio pensa che sia ancora molto rappresentativo di quello che poi è stato il suo muoversi nel mondo del cinema?
“Guarda, è difficile dirlo dall’interno. L’opera prima, per me, è qualcosa di unico, è una vera e propria scommessa. Contiene tutto ciò che c’era prima ma non contempla un eventuale percorso. Solo dal secondo film inizi a pensare a tutto questo come al tuo effettivo lavoro. Qualcuno l’ha definita una Esplosione Controllata ed è letteralmente impossibile replicarla. Se ci si si prova, solitamente, si finisce per fallire: non è mai bello come la prima volta, lo sappiamo tutti.
Ma una cosa mi è rimasta, da Santa Maradona: il desiderio di fare sempre qualcosa che non vedevo fare in quel momento. All’epoca, lo realizzai perché non c’erano altri film simili in circolazione e negli anni successivi, spostandomi inevitabilmente verso altre tematiche, ho sempre conservato il desiderio di affrontare i generi in maniera personale. Vogliamo fare una commedia romantica? Ok, dico io, ma facciamo una commedia romantica diversa!“
Il 2021 avrebbe dovuto rappresentare semplicemente un anno di festeggiamenti per Ponti e “Santa Maradona” ma, come sappiamo, si è rivelato portatore di una notizia terrificante come quella della prematura scomparsa di Libero De Rienzo. Ho il timore di toccare un tema così delicato ma il mio amore per questo meraviglioso attore e per il lavoro che ha realizzato con questo regista (Marco è riuscito a renderlo persino un eroe romantico nel film “Andata+Ritorno”!) mi spinge a chiedergli quale fosse la caratteristica di Libero che gli aveva permesso di ricavarne una collaborazione così meravigliosa e memorabile. “Devo fare una premessa: la scomparsa di Libero è una perdita devastante. È la perdita dell’amico a cui ho voluto più bene in assoluto e anche a distanza di mesi faccio fatica a prenderne coscienza. Che molti abbiano pianto per la sua morte pur non avendolo mai conosciuto è una misura di quanto fosse amato.
Libero era una persona che, quando ti dava la sua attenzione, ti dava tutto. Una volta trovata la chiave per “entrare” diventava letteralmente tuo fratello. Io tendo a fare molte battute quando parlo e, parere personale, almeno otto su dieci non facevano ridere nessuno… tranne lui! Quindi, per rispondere alla tua domanda, potrei citarti la sua generosità, il suo darsi senza filtri, la sua attenzione a ciò che faceva, la sua capacità di farsi amare.”
Mesi fa, sul suo profilo Instagram, Ponti aveva condiviso la prima pagina di una sceneggiatura chiamata “Santa Maradona 2021”, scatenando una grande curiosità. Non resisto alla tentazione di chiedere lumi e scopro che quel progetto era reale (“l’ho scritta con Giordano Meacci e Francesca Serafini, gli autori di “Non Essere Cattivo”, e il rapper Willie Peyote”), che l’intero cast del primo capitolo era pronto a tornare in pista (“mi sentivo con Stefano [Accorsi], con Libero, con Anita [Caprioli] per confrontarmi e condividere idee”) ma ora, ovviamente, non se ne farà più nulla. “Mi hanno anche proposto di rimetterci mano e realizzarlo ugualmente ma non lo faremo mai.” Ribollo di curiosità e almeno una cosa voglio chiederla: avremmo visto il personaggio di Accorsi di nuovo alle prese con disastrosi colloqui di lavoro… ma a ruoli invertiti? “La risposta è sì. La prima scena del film, che avremmo usato anche come teaser, avrebbe rievocato la prima scena dell’originale ma con Andrea dietro alla scrivania, intento a sottoporre un giovane a un colloquio. Proprio il fatto di non ricevere risposte come “la sincerità” gli avrebbe fatto capire di essere ormai passato al Dark Side! I protagonisti avrebbero iniziato a domandarsi se fosse possibile tornare a essere quelli là, quelli di vent’anni prima, senza compromessi pur con qualche acciacco in più. E la risposta, al centro dell’intero film, sarebbe stata sì. Con Libero, poco prima della sua scomparsa, avevamo provato un suo monologo tanto esilarante quanto indecente!” Mi trattengo dal dire che avrei tanto voluto leggerlo ma mi rendo conto che il non poterlo sentire dalla viva voce di Bart non mi darebbe le medesime sensazioni.
Ma c’è una novità che emerge dalla chiacchierata e che riaccende il mio entusiasmo. “Attualmente, stiamo lavorando all’acquisizione in 4K della pellicola originale per restaurare il film e riproporlo su grande schermo nella bellezza originale. Se ne sta occupando il Museo del Cinema di Torino e sono molto grato a loro per tutto questo. Se dovessimo rientrare nelle tempistiche vorremmo ovviamente proiettarlo al Torino Film Festival (ci hanno già invitati) con un corredo di nuovi gadget, nuova riedizione in Blu-ray e altro ancora. Esisterà un solo Santa Maradona 2021 e sarà questo!“
Inevitabile concludere la conversazione ponendo la domanda che rivolgiamo a chiusura di ogni nostra intervista: che cosa ti lascia senza Niente da Dire? “Molto semplice: vedere come questi tempi contemplino una devastazione dell’umano senza che si faccia nulla. Stragi e barconi di morte che continuano senza che nessuno faccia nulla. Il tollerare la violenza sociale e morale verso chi è escluso e sempre a discapito dei più deboli. Mi ha sempre lasciato senza parole l’estrema vergogna di fare parte del gioco suicida di questa società e tutto questo finisce sempre per ridurmi al silenzio.”
Saluto Marco Ponti ringraziandolo di cuore per una chiacchierata che sognavo da moltissimo tempo. Ora non ci resta che attendere il ritorno di Santa Maradona per una celebrazione che farà venire a tutti noi la voglia di inforcare la migliore camicia hawaiana e alzarci finalmente dal divano al grido di: “Adesso proviamo a sistemare le cose!”
di Roberto “Mr. Rob” Gallaurese