Definizione del verbo cancellare: eliminare o rendere illeggibile una scrittura, parafrasando la definizione consultabile sulla Treccani.
Ma anche: danneggiare, rovinare, deteriorare.
E quando si tratta di cancellare una serie televisiva, non si fanno entrambe le cose?
Quando si parla di cancellazione di una serie, la maggior parte delle volte, si intende in realtà un suo mancato rinnovo da parte del network o della piattaforma di streaming che la rende disponibile.
O ancora, si può parlare di sospensione. Questa avviene nel caso in cui la serie rimanga in una sorta di limbo, per cui non è sicuro che avvenga un rinnovo ma, al tempo stesso, non se ne dichiara la cancellazione in maniera definitiva.
La questione dovrebbe essere affrontata tenendo conto del fatto che siano presenti due fronti: quello dello spettatore, in particolar modo del fan, e quello dell’industria stessa, nello specifico di tutti quegli individui che, su più livelli, sono coinvolti nella produzione di una serie, dagli show-runner agli attori, comprendendo anche tutto il resto della crew.
Per quanto riguarda lo spettatore è necessario prima comprendere chi sia, per poi addentrarsi nelle probabili conseguenze che le cancellazioni hanno su di lui.
Da spettatore a fruitore: una storia
Nel contesto della televisione contemporanea sarebbe in realtà più corretto parlare di fruitore. Questo perché non è più possibile parlare di spettatorialità di tipo passivo: oggi il fruitore è passato ad una posizione diametralmente opposta, è attivo, attivo a tal punto da avere addirittura il potere, in alcuni casi, di cambiare le sorti di una serie anche a livello creativo e narrativo.
Il passaggio spettatore – fruitore è stato un percorso graduale all’interno della storia delle pratiche spettatoriali ma, se volessimo riconoscere una data, o meglio, un periodo più specifico, anche per avere un contesto di riferimento, allora questo coinciderebbe con gli anni Novanta e gli inizi del Duemila.
Perché proprio loro? Principalmente per le grandi innovazioni, sia a livello tecnologico che per quanto riguarda le forme di serialità televisiva.
Durante gli anni Novanta, infatti, in primis vi è l’avvento di Internet, o meglio, di una tipologia di Internet cosiddetta “democratica”: visto l’abbassamento dei prezzi dei computer e della connessione, infatti, un numero sempre maggiore di individui e di famiglie riusciva a permettersi di comprare questi device.
Internet delle origini, era popolato da un gran numero di blog, personali e non, anticipatori di social network odierni come Tumblr. Questo ha permesso la creazione di community online basate su interessi comuni tra cui, per l’appunto, determinate serie televisive.
Ad un tratto, il fruitore non era più solo nella sua passione. Ed è così che da semplice spettatore, oltre che a diventare fruitore, nasce il concetto di fan e di fandom, legato ad uno specifico prodotto culturale.
Per quanto riguarda i fan, probabilmente ne esistono tante tipologie quante sono le persone che guardano una determinata serie. Comunque, è possibile riconoscere prevalentemente due categorie: il fan investigatore e il fan creatore.
Il fan investigatore tratta la serie, a partire dagli episodi fino ad arrivare a intere stagioni, quasi come fosse un corpo da aprire e sezionare: compie analisi minuziose e, nel caso in particolare di serie basate su un qualche tipo di mistero, arriva anche a stilare teorie, ad esempio su come una scena possa essere una sorta di foreshadow per eventi successivi.
Il fan creatore, invece, utilizza la serie come punto di partenza per la creazione di storie parallele, in forma scritta, quindi di fan fiction, oppure sotto forma di fanart o fanvideo. Quest’ultima tipologia è quella che solitamente si attiva maggiormente nelle casistiche di cancellazione o sospensione di una serie, partendo dall’intenzione di creare dei finali, per dare una degna conclusione alla narrazione.
Una delle conseguenze di cancellazione più visibile e quindi analizzabile è quella del rewatch. Questa pratica consiste nel riguardare una serie, oppure dei singoli episodi, per numerosi scopi: solitamente è un metodo molto utilizzato dai fandom investigativi, per riuscire meglio ad analizzare e comprendere la trama e le sue diramazioni.
La psicologia risponde su questi comportamenti
Ma non si tratta solo di questo: ci sono anche delle sottese motivazioni psicologiche che giustificano questa pratica.
Secondo Shira Gabriel, professoressa di psicologia presso l’Università di Buffalo, il guardare un prodotto audiovisivo più volte è una questione istintuale: l’uomo è biologicamente portato a trovare conforto nelle storie e, la natura stessa dell’individuo come animale sociale, fa sì che lo spettatore si leghi ai personaggi, quindi prescindendo dal fatto che siano reali o meno. Anche per questo motivo, numerose ricerche in questo campo hanno dimostrato che a livello psicologico il rewatch possa portare benefici nei momenti di difficoltà, grazie anche al senso di comunità che si crea attorno ad un determinato prodotto culturale.
Ritornando alla definizione stessa di cancellazione, per quanto riguarda le serie televisive, dopo questa breve riflessione è forse più sensato affermare che si tratti più di danneggiare, rovinare e deteriorare, piuttosto che di eliminare completamente. Tutto questo non nei confronti però del prodotto, bensì nei confronti della comunità spettatoriale.
Inoltre, non è possibile assimilare la cancellazione ad una eliminazione, questo perché non vi è alcuna possibilità di eliminare completamente una serie. Questo sia a livello fisico, adesso anche grazie a Internet e alle sue infinite possibilità, che a livello astratto e mnemonico, dato che la serie rimarrà sempre in una qualche maniera nei ricordi di chi ha guardato.
Questa è una delle cose che ha insegnato, ad esempio, una serie come Doctor Who: nemmeno la perdita delle pellicole e dei supporti fisici può fermare un tale fenomeno culturale.
Martina “Dorian” Leva