Quando ho iniziato a scrivere questo articolo, avevo in mente tutt’altro. Avevo stilato un discorso incentrato sul concetto di “sete”, in senso sfaccettato e metaforico, su più piani del significato di aspirazione, brama di sapere, una sana curiosità… Mi piaceva molto, per carità: considerati i tempi attuali, e il recentissimo lutto nel mondo del sapere con la scomparsa di Piero Angela, è sempre più raro e difficile trovare una pura sete di conoscenza, e ancor più raro un dissetarsi genuino. Troppe bevande ultrazuccherine, malfiltrate o peggio ancora tossiche, avvelenano quotidianamente anche chi ha sete.
Ma torniamo alla domanda: “Quanto hai sete?”
Cosa risponderesti? Anzi, cosa ti viene in mente a questo proposito?
Tiro a indovinare: bere, acqua, dissetarsi, o anche, come nel mio caso, la sete di sapere. Che ripeto, è importante e c’è una gran siccità al momento. Tuttavia, mi sono chiesta poi quanto le altre persone abbiano sete nel mondo.
Sete per davvero.
Ho fatto una brevissima ricerca che vi riporto: secondo le Nazioni Unite, due miliardi e 300 milioni di persone vivono in Paesi con problemi di acqua; secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità 884 milioni di persone non hanno accesso ad acqua potabile; secondo l’Unicef e il Global Water institute entro il 2030 queste condizioni andranno peggiorando se non si attuano politiche efficaci.
Solo una persona su tre nel mondo in media ha accesso a servizi con acqua. Non serve specificare, ma a scanso di equivoci, noi siamo una di queste persone su tre. E per altro, nella nostra gloriosa percentuale, esiste una notevole parte della popolazione che soffre di disidratazione cronica perché ci si è abituati a preferire bevande zuccherate o piene di anidride carbonica.
*inserire cori U-S-A! U-S-A!*
In questo panorama spaventoso mi sono sinceramente sentita un po’ sciocca ad aver pensato di fare un discorso sulla sete di conoscenza e la decadente attitudine al sapere reale. Eppure com’è evidente, ho riscritto tutto ma ho lasciato lo stesso un discorso sulla sete di sapere. Perché? Perché serve consapevolezza, conoscenza. Ma serve azione. Bisogna trovare soluzioni che siano proporzionate e adeguate al qui e ora. Dobbiamo chiederci “Cosa posso fare?”
Possiamo recriminare su quanto di sbagliato sia stato fatto in passato. Si può continuare a lamentare la mancanza di interesse della maggioranza degli individui nelle tematiche sociali. Posso additare una serie di comportamenti tossici o arroganti che allontanano dalla fonte pura della ricerca del sapere e della conoscenza. Oppure posso cercare di fare qualcosa. Mi sono sempre chiesta, a dire il vero, che cosa fosse possibile fare per migliorare un po’ le condizioni del mondo. E mi sono sempre risposta “Niente, non dipende da me”. È vero che moltissime persone non hanno accesso ad acqua potabile, e io sono una privilegiata persona su tre…. ma ehi, campo a stento, cosa posso fare?
Sono i potenti che devono fare cose. Sono i governi.
Verissimo e lo penso tutt’ora. Però, penso ci sia tanta responsabilità individuale in ciascuna azione che compiamo.
Da una parte è importante far conoscere informazioni e soprattutto alimentare la sete di sapere: una persona dissetata di acqua deve avere sete di conoscenza. Deve sapere che sta abbastanza bene da potersi impegnare. Deve essere protesa al prossimo. Sì. È un dovere. Perché se siamo cittadini di questo pianeta, dobbiamo comportarci con responsabilità e smettere di essere passivi. Ma come si trasmette questo “senso del dovere”? Con l’educazione, l’ispirazione… Certo, sono parole. E servono, serviranno sempre.
E le azioni? Quando chiudo l’acqua mentre mi insapono nel fare la doccia, quando lavo la frutta e la verdura in una bacinella e poi do da bere alle piante… non sto impedendo a milioni di persone senz’acqua di morire di sete, ma sto limitando lo spreco. Uno su tre.
Non sto dicendo che questo basta, e soprattutto, il punto non è sentirsi a posto con la coscienza facendo azioni palliative, si tratta di responsabilizzarsi. Adesso posso fare solo questo. Sono a posto? No. Quando potrò fare di più farò di più. Come faccio a sapere quando potrò fare di più? Cosa potrò fare di più? Non lo so ancora, ma sento di dovere e poter mantenere intatto un onesto e pulito senso di autocritica, di ricerca, di sete.
La sete di conoscere cosa possiamo fare per dissetare questo mondo.
di Alessandra “Furibionda” Zanetti