Gentile lettore,
sono nuova a questo gioco, di solito stavo al tuo posto, spero che le mie parole si meritino il tuo tempo. Mi è stato chiesto di scrivere fra queste pagine virtuali e io, per citare il nome di questo progetto, pensavo di non avere niente da dire; poi mi sono accorta che nessun mio interlocutore si è mai salvato dalla mia voglia di parlare di libri! Così ho pensato che tramite questo progetto avrei trovato nuovi amici, o nuove vittime, cui parlare di questa mia passione. Mi chiamo Giulia e oggi scrivo dei miei amori librari su Niente da Dire.
Voglio cominciare dalle basi per il primissimo articolo, quale posto migliore per trovarle della biblioteca che mi ha cresciuta? Ho cercato fra gli scaffali, fra le pagine ingiallite nelle copertine stropicciate, ho cercato fra le scansie… Letteratura italiana… B… C…. Ca…. Cal…. Calvino! Eccoti qui! Scorro fra i titoli e lo trovo, è al fianco del mio preferito. Resisto e passo oltre. Separo dai suoi fratelli il titolo “Perché leggere i classici”. Ho rimandato il momento delle presentazioni, sapevo che ti avrei trovato qui ad aspettarmi. È una cosa che i libri fanno sempre, amici pazienti e fedeli, saranno sempre lì per te quando ne avrai bisogno. Due parole con la bibliotecaria e sono fuori. La luce del sole mi abbaglia, il libro pesa nella mia borsa, non provo l’urgenza di aprirlo come un romanzo agognato, anni di allenamenti quotidiani mi permettono di leggere mentre cammino, ma con i saggi ho bisogno di un maggiore raccoglimento, una concentrazione preparata e pesata.
Una volta a casa, mi guardo intorno circospetta. Nessuno. Mi butto sul divano, sempre con l’orecchio teso, tiro verso di me la copertina, nel posto più vicino alla finestra. Apro il libro. Sfoglio l’indice. Con i saggi è così, preferisco sapere prima a cosa andrò incontro. Il saggio che da nome al libro è il primo, pagina 11.
“Cominciamo con qualche proposta di definizione […]” una di queste definizioni la conosco a memoria, si trova su un mio segnalibro: “Il classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire”. Nel tempo è un po’ diventato il mio mantra da rilettura, quando mi concedo il piccolo piacere di rileggere un libro amato, mi aspetto di rincontrare un vecchio amico, ma so anche che avrà nuove cose da raccontarmi. Il saggio è semplice e scorre via liscio, amo la scrittura di Calvino. Chiudo il libro, sono poche pagine, ma tanta roba. Riapro. Leggo e prendo appunti, voglio fare un lavoro rigoroso. Chiudo e rileggo gli appunti. Ma sono incompleti e frammentari, leggo una terza volta quelle poche pagine e integro gli appunti. Alla quarta lettura ho praticamente riscritto in maniera disorganica l’intero articolo, ridacchio tra me e me. Mi alzo dal divano. Vado in studio a fotocopiare le poche pagine, mai e poi mai sottolineerei un libro, men che meno uno della biblioteca, il più delle volte mi trovo invece a cancellare segni lasciati da altri, una piccola mania consolidatasi negli anni.
Fotocopiato l’articolo mi ributto sul divano e lo riguardo, 9 pagine, 14 “proposte di definizione”, tutte adatte a finire su un segnalibro volendo.
In quelle poche pagine Calvino racconta di sé, del suo amore per la letteratura, quella classica e come cambia la percezione e l’emozione del classico rispetto all’età che hai quando lo scopri. Mi ritrovo nelle sue parole, la maggior parte dei romanzi che cita mi sono sconosciuti, vado ad infoltire l’elenco dei libri da leggere, raccolti sulla mia agendina. Ridacchio ancora, ma con una punta di tristezza, troppa poca vita per evadere quell’elenco di dolci incombenze. Ma Calvino stesso mi rassicura: “[…] per vaste che possano essere le letture «di formazione» d’un individuo, resta sempre un numero di opere fondamentali che uno non ha letto”. Il cuore un po’ più leggero, come un vecchio amico che mi strizza l’occhio. Non ti preoccupare, Giulia, nessuno può leggere tutto. Il saggio prosegue ma la mia attenzione rimane sulle poche righe successive, un’ultima rassicurazione, chiudo la mia agendina dopo averlo ricopiato sotto l’elenco dei libri da leggere.
“Non resta che inventarci ognuno una biblioteca ideale dei nostri classici; e direi che essa dovrebbe comprendere per metà libri che abbiamo letto e che hanno contato per noi, e per metà libri che ci proponiamo di leggere e presupponiamo possano contare. Lasciando una sezione di posti vuoti per le sorprese, le scoperte occasionali”. Italo Calvino, Perché leggere i classici, Milano, A. Mondadori, 1991.
La vostra personale biblioteca è così composta? O come me i titoli che dovreste leggere è fuori scala rispetto a tutto il resto? Fra i grandi in sospeso ho un Moby Dick fermo alle descrizioni delle varie balene… non ce la posso fare, ma prima o poi vincerò io!
Alla prossima lettura! Baci,
G.