Le espressioni di libertà portano sempre a nuovi cambiamenti, siano essi personali e introspettivi o rivolti verso ciò che ci circonda.
Un cambiamento importante, ad esempio, lo sto incidendo in queste prime parole di editoriale.
Mi presento, sono Miriam My Caruso e sono la nuova caporedattrice di Niente da Dire. Un’esperienza arrivata tra le mie dita per caso, quando un caparbio Rinoceronte ha bussato alla mia porta per propormi di lavorare a stretto contatto per una redazione di scrittori, colleghi, professionisti, amici.
Una proposta che mi ha colta impreparata, quasi titubante nel desiderio di accettare qualcosa di grande che, però, avrebbe lasciato il nervo scoperto sulla mia insicurezza di fondo.
Sarò all’altezza? Porterò un valore aggiunto a un progetto che, di per sé, vola alto e ad ali spiegate?
Ho scrollato le spalle, ho riposto le bende con cui mi stavo fasciando la testa prima del tempo nel cassetto del pronto soccorso e ho messo sul tavolo il bagaglio di esperienze che porto dietro da un po’ di anni, dal giornalismo al digital marketing.
Infine, ci ho versato sopra tutta la mia passione Nerd da un comodo barilotto di 5 litri e BOOM: ho accettato.
Un atto di libertà, il dono più intenso del sentimento amoroso. Non parlo della sua accezione romantica, ma di quella generata da ciò che sono le proprie aspirazioni.
Quindi, quale miglior esordio su queste pagine del 15 del mese se non con il tema che della libertà ne ha fatto un urlo ininterrotto, da quel lontano 1969 allo Stonewall Inn di New York ad oggi: il Pride.
Libertà di espressione, un racconto umano
La concezione di libertà degli individui coincide in maniera inevitabile con l’impossibilità di possesso da parte dell’altro.
Cosa significa ciò?
Che le unicità di ogni persona, nell’esistere come forza espressiva all’interno di un contesto sociale, si scontrano con chi quell’espressività non la comprende o non la vuole accettare. Giustificato banalmente con retaggio culturale limitante o rifiuto dell’alterità, i motivi possono essere diversi. Tutti, però, portano il segno della violenza e della rabbia verso ciò che non può essere represso con altri modi, se non ingabbiandolo, allontanandolo e privandolo della propria identità.
La parola, oltre che il rispetto, in molti casi sono annullati in quello che è uno scontro aperto contro ciò che è erratico e anarchico, come sono i sentimenti e le pulsioni umane. E cosa può portare la mancanza di comunicazione, se non a conseguenze negative?
Libero arbitrio, capacità di compiere scelte e conoscenza del bene e del male: questo è ciò che discerne l’uomo dagli animali, ma che spesso dimentichiamo di esercitare.
Ora, immaginiamo due persone, o anche più di due, nell’atto di congiungere i loro occhi e abbandonarsi al sentimento, che è di per sé naturale e biologico.
Le mani che si intrecciano, il cuore che marcia veloce contro la maglietta di chi è prescelto, la gola che si secca e i sussurri che si abbassano. La mancanza di parola, ancora lei, giustificata dall’emozione che sospende i discorsi: solo in questo caso dovrebbe essere accettata. Una sensazione che, chi legge, spero conosca bene. E se così non fosse, auguro con tutto il cuore che ciò possa accadere nella propria vita.
Parole che non hanno sesso, eppure che possono essere provate da qualsiasi individuo, senza eccezioni.
Pier Paolo Pasolini e Ungaretti, omosessualità e normalità
Ma facciamo un passettino indietro. Portiamo avanti poche semplici frasi. I poeti, si sa, prestano le parole a chi ha bisogno di esprimere i propri sentimenti, trasgredendo di continuo con la loro essenza le leggi della natura.
Questa breve intervista potrà far luce su un concetto semplice quanto bruciante.
Era il 1967 quando Pier Paolo Pasolini interrogò diverse personalità dell’epoca sulla tematica dell’omosessualità.
“Esiste la normalità e l’anormalità sessuale?”
Tra questi, una risposta molto pacata e incisiva venne registrata dalla voce di Giuseppe Ungaretti. Ancora oggi questi pochi minuti di intervista danno modo di pensare e riflettere su argomenti che, in tempi moderni, sono trattati in maniera retrograda e poco informata:
«Ogni uomo è fatto in un modo diverso. Dico, nella sua struttura fisica è fatto in un modo diverso. È fatto in un modo diverso anche nella sua combinazione spirituale. Quindi tutti gli uomini a loro modo sono anormali. Tutti gli uomini sono in un certo senso in contrasto con la natura. È questo sin dal primo momento, con l’atto di civiltà, che è un atto di prepotenza umana sulla natura: un atto quindi contro natura».
L’educazione sessuale, la conoscenza, la cultura. Questi sono alcuni degli strumenti proattivi più efficaci che possiamo adottare per educarci al contatto con gli altri.
Si parla di amore, di comunicazione, crescita, contaminazione e vita.
La normalità è solo un punto di vista sul mondo. Il proprio. E non bisogna avere paura dei punti di vista.
Perché la paura ci accartoccia, avviluppa i sentimenti, ci blocca nel provare in modo istintuale quanto di più bello esista al mondo.
Forzarsi a non provare niente per non provare qualcosa…che spreco. (Call me by your name, 2017)
Quindi sono qua a scrivere tutte queste parole, che hanno l’amore tra i polpastrelli, per augurarvi un buon Pride Month.
Engage!
Miriam My Caruso