Le mani giganti del dinosauro, un enigma preistorico

Tra tutti gli innumerevoli misteri preistorici che rendono la paleontologia una scienza estremamente affascinante, l’enigma delle mani giganti di un dinosauro misterioso della Mongolia è uno dei più famosi.

Ci troviamo nel Deserto del Gobi, l’anno è il 1965. L’Accademia Polacca delle Scienze organizza una spedizione paleontologica, in collaborazione con i ricercatori dell’Accademia delle Scienze della Mongolia, nella parte meridionale del Deserto, a più di 400 chilometri dal paese più vicino, Dalanzadgad. La sabbia del deserto è tremenda, e il vento non è da meno, distruggendo le tende di stampo europeo e costringendo gli esploratori ad improvvisare tende mongole.

Due anni prima, nel 1963, una ricognizione identificò le aree esatte per gli scavi, e adesso, nel 1965, i frutti di quel lavoro di preparazione iniziano a essere raccolti. Tarbosaurus baatar, il cugino asiatico del più ben noto Tyrannosaurus rex. Pinacosaurus, un erbivoro tozzo e corazzato, armato di piastre, spine, e una coda a mazza. Protoceratopsuno degli antenati del Triceratops. Persino un enorme sauropode.

Ad un certo punto, nel 9 Luglio di quell’anno, Zofia Kielan-Jaworowska, prominente paleontologa polacca, scopre due enormi braccia di un dinosauro misterioso nel sito di Altan Ula III nel Bacino del Nemegt. Pensate che erano lunghe quasi 2 metri e mezzo! Una scoperta incredibile, inaspettata… Ma erano solo quelle, e poco più (il cinto scapolare, delle vertebre, e alcune costole). Le mani erano particolari, con enormi e terrificanti artigli. Nonostante queste poche ossa, le paleontologhe Halszka Osmòlska e Ewa Roniewicz sapevano di essere di fronte ad una nuova specie appartenente al vasto gruppo dei dinosauri carnivori (Theropoda), e battezzarono questo dinosauro Deinocheirus mirificus (“peculiari mani terribili”).

E l’enigma iniziò.

Zofia-Kielan-Jaworowska

Zofia Kielan-Jaworowska, la scopritrice di Deinocheirus, in una foto d’epoca

Cosa si ipotizzava?

Deinocheirus divenne l’emblema dell’enigma paleontologico.

In svariati libri di divulgazione, questa specie di teropode era definita come enigmatica, misteriosa, bizzarra, e per più di 50 anni nessuno seppe attribuirle un aspetto definito e chiaro. Inizialmente si pensava fosse un carnivoro, capace di squartare la preda con gli enormi artigli delle mani. Un po’ alla Freddy Krueger.

Successive analisi identificarono delle somiglianze con gli ornithomimosauri, dei bizzarri teropodi che ricordavano molto gli struzzi… Cosa peculiare, dato che gli struzzi stessi sono dinosauri, e derivano proprio da animali molto molto simili a questi ornithomimosauri. Ci sono persino specie di questo gruppo con piume fossilizzate, chiara indicazione di una vicinanza molto più forte tra loro e gli uccelli.

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Alcune delle svariate forme di Deinocheirus, da semplici braccia mortali ad un dinosauro molto generico

Deinocheirus, quindi, era pensato come uno di loro. Solo immensamente più grande. E con mani enormi. Il classico dinosauro bipede: muso lungo e affusolato, collo lungo conformato ad S, terrificanti braccia, lunghe zampe posteriori e una coda lunga e dritta. L’emblema del dinosauro.jpeg, se vogliamo. Interessante per le dimensioni, ma nulla di che.

I reperti di Deinocheirus vennero esposti in tutto il mondo grazie ad una mostra itinerante, che arrivò anche in Italia. Mi ricordo che andai a vederla, a Cremona, ma ero troppo piccolo per ricordarmi i dettagli. Ma quelle braccia me le ricordo. Anche perché apparirono in una puntata della serie documentaristica di Piero Angela “Nel Mondo dei Dinosauri”:

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Piero e Alberto Angela in posa tra le mani di Deinocheirus

Una scoperta inaspettata

Il gigante del mistero rimase tale fino al 2013.

In quell’anno, un gruppo di paleontologi annunciò che nuovi reperti di Deinocheirus sarebbero stati studiati e presentati. Erano due scheletri: uno trovato nel 2009 a Bugiin Tsav, l’altr0 a Altan Ula IV nel 2006. Entrambi, purtroppo, erano già stati trovati e rovinati dai predatori di tombe che, purtroppo, continuano a deturpare e affliggere il patrimonio naturalistico mongolo (abbiamo accennato qualcosa al riguardo qui).

In particolare, all’esemplare del 2009 fu rubata la testa.

Testa che, tra giri incredibili nel mercato nero dei fossili, dal Giappone alla Germania, dalla Cina alla Francia, arrivò presso una collezione privata europea. Nel 2011, un collezionista e rivenditore francese, François Escuillé, informò tramite un messaggio Pascal Godefroit, Direttore della Sezione di Paleontologia al Museo Reale delle Scienze Naturali di Bruxelles (e anche mio supervisor, ndr). Visionato il reperto, i due contattarono immediatamente il team coreano-mongolo che scavò l’esemplare del 2006, e il cranio fu acquisito da Escuillé dalla collezione privata e donato al museo belga.

Il cranio, insieme ad altre ossa (la mano sinistra e i piedi), combaciava perfettamente con l’esemplare del 2006!

Erano i pezzi trafugati dai predoni!

Dopo migliaia di chilometri e molti anni di ricerca, finalmente, lo scheletro si completava!

Nel 1 Maggio del 2014, tutti questi reperti furono rimpatriati in Mongolia grazie agli sforzi del museo belga, e ora si trovano al Museo Centrale dei Dinosauri Mongoli a Ulaanbaatar.

Ma quindi, che aspetto aveva?

Ricordo ancora quel giorno, come se fosse ieri.

Il giorno in cui Deinocheirus mirificus appariva in tutta la sua bizzarria. Totalmente inaspettata.

Per molti molti anni, paleontologi e appassionati si sono scervellati pensando ad un possibile aspetto di questo dinosauro. Ma mai, nemmeno nelle nostre ipotesi più azzardate (legate comunque ad un set di dati anatomici provenienti da animali simili), avremmo potuto immaginare l’aspetto finale del Deinocheirus.

Eccolo qua.

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I nuovi esemplari, la ricostruzione scheletrica (dall’articolo originale di Lee et al. 2014), e una ricostruzione in vivo di Deinocheirus (ThePaintPaddock)

Come descriverlo?

Un’enorme anatra ingobbita dalle mani artigliate.

Se avete in mente i semplici ornithomimosauri (come i Gallimimus di Jurassic Park, per intenderci), potete ben immaginare la sorpresa di tutta la community paleontologica. Questo dinosauro non ha nulla a che vedere con i suoi simili. Sotto certi aspetti, sarebbe l’analogo preistorico dell’ornitorinco: un marasma di caratteristiche anatomiche apparentemente alla rinfusa, mixate, cotte e frullate.

Cranio allungato con un becco a papera, senza denti. Piccoli occhi in posizione molto arretrata, e un neurocranio molto ridotto. Spine neurali delle vertebre allungate, a formare una gobba come in altri dinosauri (e anche animali differenti, pensate al bisonte). Una coda con un abbozzo di pigostilo, quindi probabile che supportasse delle penne. E le ormai note braccia estremamente allungate.

Un delirio di dinosauro, che racchiude in sé tutta la meraviglia di questa disciplina.

La scoperta di forme di vita quasi aliene, inaspettate, sorprendenti. Che ci narrano di un passato tanto lontano nell’immaginario quanto vicino nelle implicazioni di sopravvivenza delle specie in ambienti a rischio.

Risolvere gli enigmi del passato, vuoi che essi siano sui dinosauri o su qualunque altro gruppo estinto di forme di vita, ci permette di conoscere meglio la nostra posizione nel mondo, e di decifrare i segreti dell’adattamento ad una Natura sempre più instabile.

Studiare i dinosauri serve, vero Ministro Valditara?

di Filippo Bertozzo

Filippo Bertozzo
Filippo Bertozzo
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