Negli ultimi anni sono stati numerosi i momenti capaci di farmi tornare alla stregua del me stesso adolescente. Molte delle mie passioni passate sono ritornate di moda, molti dei temi che ho affrontato per anni sono entrati a fare parte dei contenuti che propongo a chi mi segue e ho finalmente incontrato molti personaggi verso i quali ho nutrito e nutro tuttora sconfinata ammirazione.
In quest’ultimo caso subentra la professionalità ed è molto raro che io mi conceda attimi da puro fanboy perché ne risentirebbe il lavoro. Eppure, in occasione del Casale Comics & Games, tenutosi il 18 e 19 giugno a Casale Monferrato, ho seriamente rischiato di vanificare ogni sforzo al riguardo. Perché quando ho scoperto che a pochi tavoli di distanza da noi di “Niente da Dire” c’era lo stand di Claudio Castellini mi sono diviso tra la volontà di intervistarlo il prima possibile e la tentazione di restarmene nascosto a contemplarlo mentre lavorava.
Claudio Castellini, per i lettori di fumetti della mia generazione, ha rappresentato un tratto assolutamente inusuale, fuori dagli schemi e più attinente al fumetto americano che a quello italico. Dalle prime storie di “Dylan Dog” da lui disegnate tra il 1989 e il 1990 e nel suo contributo artistico alla genesi di “Nathan Never” nel 1991 (del quale ha realizzato le spettacolari cover per i primi cinque anni) emergeva uno stile spettacolare, trascinante, colmo di dettagli nei quali affondare lo sguardo. Noi lettori adoravamo scrutare ogni centimetro delle sue tavole per riconoscerne la firma, sovente “mimetizzata” graficamente in modo da renderla quasi un easter egg. E il suo stile lo fece arrivare nel grosso mercato americano dove mise mano a personaggi come l’Uomo Ragno, Conan, Silver Surfer, Batman, Wolverine, Superman e molti altri. Negli ultimi anni, però, ha gradualmente abbandonato il mondo del fumetto seriale per dedicarsi al collezionismo e a prodotti su commissione.
Abbiamo avuto la possibilità e il piacere di avvicinare Claudio Castellini per porgergli alcune domande e non ce la siamo fatta sfuggire.
Da profondo estimatore di tutto il suo percorso appartengo a quella categoria di lettori intristiti dal suo progressivo allontanamento dalla scena fumettistica contemporanea. Questa sua scelta a cosa è dovuta?
Le ragioni sono molteplici e alcune delle quali molto personali. Sicuramente ho visto un cambiamento dell’industria del fumetto supereroistico, quello che più amavo. Dal punto di vista personale, ad esempio, ho percepito un accentuarsi dei contenuti violenti. Io sono un cristiano praticante e vedevo un conflitto fra ciò che volevo trasmettere con la mia arte e alcuni contenuti che andavano sempre più verso l’uso di una violenza esplicita e sovente gratuita. Dal mio punto di vista l’eroe doveva conservare quell’aspetto non adattato ai tempi che viviamo e, proprio per questo, edificante. Percepivo un deterioramento della figura del supereroe che molti hanno apprezzato ma che, secondo me, dovrebbe restare qualcosa a cui aspirare e non dotata dei difetti di qualunque essere umano.
Di certo, anche dal punto di vista della tempistica, va detto che non sono mai stato un disegnatore abituato a ritmi molto serrati e chiusi perché ho sempre dato più importanza alla qualità piuttosto che alla quantità. La situazione non faceva che peggiorare ma, a onor del vero, avrebbe potuto essere un fattore superabile perché le case editrici per le quali lavoravo mi conoscevano bene e spesso riservavano il mio lavoro a progetti speciali come cover o miniserie. Ma la ragione sopracitata relativa al cambio di stile nell’industria resta quella più determinante.
Il mercato del collezionismo si è fatto sempre più interessante perché mi permetteva di gestire completamente il mio lavoro. Non mi dedico a un personaggio che non sia nelle mie corde e questo risulterebbe difficile nel caso di una storia commissionata da una casa editrice. Sono più libero con le tempistiche e mi offre la possibilità di illustrare una gamma di personaggi più vasta. Insomma, tutto è figlio di una serie di fattori uniti tra di loro.
Nel corso della sua carriera ha lavorato su innumerevoli personaggi e generi ma ce n’è qualcuno su cui non è ancora riuscito a “mettere le mani” e che adorerebbe affrontare per imprimergli la sua impronta autoriale?
Sarò sincero: ho la soddisfazione di avere toccato tutti i personaggi che avrei voluto disegnare. Anche solo per un esperimento o per lo spazio di una vignetta, basti pensare alla miniserie “Marvel Versus DC” del 1996 dove, praticamente, li ho disegnati tutti! Quelli che non ho toccato nei lavori per le case editrici li ho poi recuperati nei progetti su commissione. Ho avuto il piacere di disegnare anche personaggi manga che mi avevano tanto emozionato da bambino come Tekkaman e che non avrei potuto affrontare diversamente quindi posso ammettere di essermi tolto tutte le soddisfazioni che avrei voluto cogliere nel mio percorso professionale.
Parlare con un autore che stimi e scoprire una persona disponibile, simpatica e ancora animata da un profondo entusiasmo verso ciò che fa è tutto quello che una persona come me potrebbe desiderare.
Grazie di cuore a Claudio Castellini per il suo tempo e per avermi portato, una volta tornato a casa, a passare nuovamente in rassegna tutte le sue cover di “Nathan Never”. Ho scoperto che l’ammirazione verso il suo lavoro è ancora ben salda nel sottoscritto. E che sono ancora bravissimo nell’individuare la sua firma “nascosta” tra i clamorosi dettagli del suo tratto.
di Roberto “Mr. Rob” Gallaurese