Visitare il Salone del Libro quando fai parte di una redazione è sempre una esperienza imprevedibile.
La quantità industriale di eventi, incontri, presentazioni e sorprese riempie ogni singola giornata e la possibilità di intervistare personaggi che, fino a poco prima, conoscevi e seguivi solo per le loro gesta è all’ordine del giorno.
Gianni Fantoni ha attraversato il mondo della comicità al cinema e in TV a partire dagli anni ‘90. Creativo, brillante, sempre originale non ha mai nascosto l’amore sconfinato per il personaggio di Fantozzi, creato dal genio comico di Paolo Villaggio.
Da quest’anno ne è diventato l’erede ufficiale, vestendo i panni dell’iconico ragioniere nello spettacolo Fantozzi, una tragedia, diretto da Davide Livermore. Ho avuto la fortuna di poter scambiare due parole con Gianni Fantoni in relazione all’uscita del suo libro Operazione Fantozzi.
Realizzato con i contributi di Elisabetta Villaggio e Fabio Frizzi il libro racconta il lungo percorso che lo ha portato a ereditare il personaggio con l’approvazione di Villaggio stesso.
Ringraziamenti di cuore agli amici di Sagoma Editore, specializzati nella pubblicazione di magnifiche biografie dedicate a leggende della comicità, che hanno pubblicato questo libro e mi hanno permesso di realizzare una breve chiacchierata con Gianni.
Chi è Gianni Fantoni?
È quello a cui arrivano tutte le bollette. E quindi il mio alter ego, che soffre in questo mondo vero. Ma io dentro sono di un altro universo, dove le bollette non arrivano. Però momentaneamente sono qua.
Io ho la fortuna di averti seguito parecchio nel corso degli anni. E quindi so benissimo che l’amore nei confronti del personaggio di Fantozzi c’è letteralmente da sempre. Quindi mi viene da chiederti qual è stata la scintilla che ti ha fatto follemente innamorare del personaggio già agli inizi della tua carriera.
Ma tu mi chiedi questo perché non hai ancora letto il libro, vero?
Non l’ho ancora letto, confesso.
Ah, perché qua c’è il segreto di tutta la genesi del mio amore per questo signore e per tutto quello che ha combinato. Perché ho raccontato in questo libro come siamo arrivati a mettere in scena lo spettacolo teatrale e perché mi sono così tanto appassionato a Villaggio. Te lo riassumo in una riga.
È stato il mio professore d’italiano della scuola media. Che era un grande estimatore, lo imitava persino. Io, allora, nulla sapevo di Paolo Villaggio perché comunque, da ragazzino, mi interessavano forse comici un po’ diversi, non così profondi e intelligenti come Villaggio.
E da lì in poi mi si è aperto un mondo e non sono più tornato indietro. Mi sono infilato in un vicolo cieco, credo. Però pieno di scintille, quindi bene.
Convincere Paolo Villaggio ad affidarti questo personaggio non credo sia stata una passeggiata, ti va di ricordarci qualche momento divertente di questo percorso?
La trattativa per arrivare a impadronirmi e avere dei diritti ufficialmente pagati per fare Fantozzi in teatro si è protratta per un anno e mezzo.
La cosa più divertente che vi viene da dire è che a un certo punto, per una serie di vicissitudini, io sono arrivato a dovermi vendere una casa per comprare i diritti! Gliel’ho detto: “Guarda, Paolo, io mi compro i tuoi diritti ma ho dovuto vendere una casa!” Lui mi ha guardato e ha risposto: “Devo piangere?” – ride-
Però è stato un momento di grande soddisfazione ed esperienza che posso raccontare solo io. Io c’ero, c’eravamo io e lui e nessun altro. Per cui figurati.
C’è qualcosa di Fantozzi che tu hai scoperto solo adesso quando ne hai ufficialmente vestito i panni?
Intanto adesso la cosa che mi fa più impressione e a cui ho pensato i primi giorni di prove con il costume addosso è che adesso il vero Fantozzi sono io. Non è un’imitazione ma è una interpretazione per cui è una cosa completamente diversa.
È una cosa un po’ difficile da spiegare però nel momento in cui fai un’imitazione sei tu che, in quanto imitatore, lo riproduci. Nel momento in cui sei un interprete interpreti qualcosa, riesci a scindere di più il personaggio da te stesso.
Lo posso capire solo io quello che ho detto, mi rendo conto. Però è così, riesco a scinderlo di più di quando facevo invece la semplice imitazione.
Agganciandomi a questo, a proposito anche del tuo rapporto con l’interpretarlo adesso, c’è un qualcosa di tuo che hai inserito in un personaggio così iconico?
Sì, però ognuno chiaramente lo interpreta mettendo qualcosa di suo.
Non è un’imitazione. Se fosse un’imitazione direi che c’è tutto di suo. Essendo un’interpretazione ci sono dei capisaldi perché tu sai come parla, sai cosa direbbe, sai soprattutto cosa non direbbe mai. Sai come si veste, sai come reagisce di fronte a certe situazioni perché è tutto molto stabilito. Perché tu sai già in che binari ti devi muovere.
Nel contempo, se riesci a dare all’interpretazione la profondità dei tuoi sentimenti, quello è ciò che lo fa vivere di nuovo in una forma diversa. Perché io non ho il vissuto che aveva Paolo Villaggio, ho un mio vissuto che, però, si attaglia a questo personaggio. E quindi c’è tutto di mio lì dentro.
Che cosa può dire Fantozzi alle nostre nuove generazioni? Quanto può essere attuale per i più giovani?
Ma è sempre attuale perché lui è lo sconfitto sulla carta, il predestinato alla sconfitta che però non muore mai. Un messaggio più positivo di questo non c’è.
Noi di solito chiudiamo con…
Con un bonifico!
No, non ancora, ma forse in futuro – ridiamo-
La domanda che facciamo sempre è che cosa lascia Gianni Fantoni senza niente da dire?
-Afferrando il suo libro – ISBN 78865061657 Sagoma editore, “Operazione Fantozzi“! Non dico nulla se non questo, è questo ciò che lascio!
Dietro compenso naturalmente!
di Roberto “Mr. Rob” Gallaurese