Utilizzando l’acronimo GTO modificato con Onigiri al posto di Onizuka, sembra che io me la stia cantando e suonando da sola, scegliendolo come titolo per il mio articolo. In realtà volevo semplicemente riportarvi alla mente un’opera che ha avuto molto da dire, diciamo che ha quasi creato uno zoccolo duro di fan sfegatati.
Trattava il tema della scuola vista da un punto di vista particolare: non gli studenti ma gli insegnanti.
Nello specifico, certo, abbiamo come protagonista un giovane decisamente ignorante e troppo violento per il ruolo, ma allo stesso tempo in grado di raggiungere il cuore degli adolescenti guidandoli nella crescita. Che non è facile, ve lo assicuro. E quindi una buona dose di incoscienza ci vuole.
Quella sì, ce l’ho in comune con Onizuka!
Qual è il ruolo di un docente?
Vi parlo per esperienza. Intorno al 2014/2015 ho cominciato ad insegnare alle scuole superiori (il cui vero nome è scuola secondaria di secondo grado, ma è così brutto che continueremo sempre a chiamarle superiori e basta) ed è stato difficile, molto difficile.
Non importa quale sia l’attitudine con cui ti avvicini agli alunni, il danno è già stato fatto a monte, probabilmente molto prima che tu anche solo cominciassi a pensare di voler fare l’insegnante.
Come studenti ci inseriamo nella scuola sentendocela spesso già stretta addosso, considerando i docenti già un nemico da affrontare, consciamente o inconsciamente.
Per quanto mi riguarda ero entrata nella mia prima classe con l’idea di stravolgere le vite dei miei studenti, di aprir loro gli occhi, guidarli e aiutarli il più possibile…
Ovviamente non è andata in questo modo.
Come supplente ho avuto giusto un paio di settimane per capire chi ero e che cosa stavo facendo, figuratevi se ho avuto il tempo di creare un collegamento con i ragazzi per far sì che si fidassero di me.
Per costruire un rapporto proficuo c’è bisogno di costanza, tenacia e diverse ore, settimane se non mesi.
Io non sono il nemico
Allora, nel corso delle mie esperienze, ho cercato prima di tutto di dimostrare da subito che mi importava. Credo sia in assoluto la cosa più importante, dimostrare che ti importa di ciò che hanno da dire, di ciò che pensano, di ciò che vogliono.
Perché alla fine la scuola non è (forse dovrei scrivere “non dovrebbe essere”) un luogo in cui si collezionano voti, ma in cui si acquisisce conoscenza, una conoscenza che dovrebbe aiutarci a crescere come esseri umani completi.
Purtroppo però questo concetto viene fagocitato dalle necessità imposte dal Ministero, dal sistema scuola, dai genitori… dai soldi, e chi ne paga il prezzo non sono altro che gli studenti.
Come al solito, nelle faide dei potenti, chi subisce sono sempre le persone sbagliate.
Trovare una soluzione
In un certo senso potrei dire che ho fallito nella mia lotta contro il sistema. Ho fallito perché ho deciso di aggirarlo senza aggiustarlo dall’interno. L’ho fatto anche principalmente perché non ci sono scuole superiori che hanno la lingua giapponese come materia curricolare e allora mi sono ingegnata per portarcela comunque, perché volevo poter raccontare di una cultura lontana dalla nostra, per aprire le menti e far comprendere da subito che il mondo è sconfinato. Ma soprattutto per dimostrare che ci sono varie prospettive per guardare la stessa cosa, che la verità non esiste e che se esiste non è uguale per tutti gli occhi che la osservano.
La lingua giapponese non potrebbe essere un mezzo migliore per dimostrarlo.
Fintanto che ci sarà qualcuno che vorrà imparare qualcosa, per hobby, per curiosità, per necessità o per mettersi alla prova, io sarò disponibile ad insegnare. A chiunque.
Perché non importa l’età, siamo sempre capaci di imparare qualcosa di nuovo.
E quindi che tu abbia appena cominciato la scuola, che stia cercando il tuo percorso, che te ne sia allontanata o allontanato con disillusione, sappi che esistono, lì fuori, degli insegnanti a cui importa di te, che vogliono davvero trasmetterti qualcosa da portare con te a lungo.
Stay kind
Love, Monigiri