L’evoluzione è qualcosa che puoi guardare da più punti di vista: c’è quella umana, intesa come scimmiesca discendenza; c’è quella dei popoli, quale adeguamento storico e sociale; c’è quella del singolo che nel suo percorso muta e si adatta alle singole circostanze. Se vogliamo, cambia la scala su cui ragionare ma la sostanza è sempre la stessa.
Anche se non tutti sono d’accordo sul primo punto, e questo dovrebbe effettivamente far dubitare sull’effettiva applicazione indiscriminata della parola Evoluzione.
Ma passiamo oltre
L’evoluzione del singolo come percorso personale è qualcosa che bene o male ho affrontato molte volte nei miei articoli, perché è un qualcosa che mi sta davvero a cuore. Come ho detto e scritto spesso, secondo me cambiare è fondamentale: il cambiamento è meraviglioso e va abbracciato anche se fa paura e talvolta è male interpretato. Non è obbligatorio, non è costante, non c’è una regola fissa. Questo spaventa da morire specie chi preferisce ragionare per assoluti piuttosto che confrontarsi con la realtà circostante. Personalmente vedo cambiamento ed evoluzione assai connessi perché se non sei in grado di adattarsi continuamente a quel che hai intorno, non è che semplicemente rimani nello stesso punto. No, rimani invischiato, impantanato, all’apporto. Rimani indietro.
L’evoluzione darwiniana non è qualcosa di cui mi va di parlare perché è fuori dal mio ambito conoscitivo e pertanto non direi nulla in più del mio sussidiario a cui devo la maggioranza delle mie conoscenze scientifiche.
Dopo questa lunghissima premessa dove ho scritto “Non parlerò di questo” parlandone per mezzo articolo, eccoci al punto.
L’evoluzione dei popoli (che a dire il vero non è manco questo il punto)
Come forse saprete, studio culture molto lontane dalla mostra e viaggio moltissimo per andare a vedere dal vero che succede. Qui mi si dipanano due argomenti abnormi che non sono pertinenti ma voglio menzionare in favore di mie future dissertazioni e autocitazionismo che gli esperti di SEO mi dicono sia cosa buona.
Uno è quanto di storia non sappiamo. L’altro è quanto di quel poco che sappiamo o eventualmente quel tanto che arriviamo a conoscere sia fazioso e parziale.
Osservando da vicino l’ ignobile eurocentrismo di cui siamo pervasi (Ma Alessandra! Sei italiana, è normale! Pensi che in Asia sappiamo della Guerra dei Roses, di Giovanna d’Arco o dei Fenici? No, e penso che anche qui non lo sappiamo.) e di cui almeno un po’ si potrebbe fare a meno, vorrei in realtà contraddirmi e fare un’apologia.
Se proprio dobbiamo guardarci nelle mutande e basta, facciamolo con onestà.
Va benissimo ed è giustissimo conoscere da dove arriviamo, da chi ci siamo evoluti o da dove abbiamo cominciato ad andare indietro e in che cosa.
L’evoluzione è complicata perché non è in una sola direzione, è fatta di passi sì, ma verso dove? È fatta di rincorse, di balzi, di torna indietro, di salta il turno. È fatta di comprensione, coraggio, e anche consapevolezza (altra parola ricorrente ormai nei miei articoli).
Lo so che non è facile fare 2 cose insieme; ma sono sicura che a questo punto dell’evoluzione possiamo avere l’ardire di leggere-conoscere-informarci e al contempo applicare alla realtà le nozioni.
Perché se mai c’è alcuna evoluzione nell’ignoranza, il nozionismo vuoto non è la cura.
E non tutti possono viaggiare vivere e comprendere in prima persona (anche qui parentesi perché viaggiare non è sinonimo di capire, son fin troppo pieni gli aerei di neo neo-colonialisti pronti a visitare nuovi luoghi senza capirne una ceppa) che questo discorso vale ovunque, perché l’uomo è umanocentrico ovunque sia.
L’uomo racconterà la storia che vuole a chi vuole
Ma noi, siamo più smaliziati, più critici: utilizziamo il nostro scetticismo per essere curiosi.
Per capire meglio.
Per evolvere.
I punti di vista saranno sempre tanti e la nostra posizione potrà anche variare, ma l’importante è non stare fermi, non accettare le cose così come sono perché “tanto
funziona così”.
Siano più di così, siamo in grado di evolverci. Fermandoci quando serve e ripartendo quando siamo pronti.
Alessandra “Furibionda” Zanetti