Seduzione, jeux à deux. Gli amanti si sfiorano, diventano un racconto tra le costole, svelando lati che noi stessi ignoravamo di possedere.
Un serpente nell’atto di avvolgere le spire sul tuo stomaco, sempre più strette. Esso ha il volto della persona che è oggetto del desiderio: un’idealizzazione fatta di squame lucide e colpi di lingua rosee.
La seduzione ci rende vittime del primo incontro, grazie a quel sapore di ignoto e fantastico: se ci pensi, quando osservi da vicino la persona che ti piace, quando ne cogli le sfumature che sembravano dettagli insignificanti a primo acchito, comprendi che ne stai costruendo una sua forma indipendente dal reale. Una forma che andrà ad abitare la tua immaginazione.
E non puoi farci niente: quel dettaglio disegnato, che porta un nome e un’identità, ormai dimora nei tuoi pensieri, si sdraia tra le tue parole, riscalda il basso ventre.
La seduzione, ancora lei, quell’arte che a volte può apparire ferale, sembra dettata da un istinto che tende all’eccesso: gesti teatrali, risposte misurate, sguardi lascivi, mimica rallentata per far memorizzare ogni singolo movimento. Una carezza che si posa delicata sul volto, ad accendere le pupille dilatate.
I dettagli non appartengono mai al caso e il gioco brucia tra le labbra.
Seduzione o manipolazione, un coltello tra le costole
La danza del corteggiamento, gesti che seducono: atteggiamenti ludici che si insinuano lentamente nel nostro immaginario, rendendo le giornate schiave del pensiero dell’altro. Similmente, indossiamo una maschera e attiriamo quell’attenzione che appartiene al desiderio, in modo tale da farci piccoli piccoli per scarpicciare sullo stomaco e nei sogni della persona a cui vorremmo rubare qualche attimo di respiro.
Eppure, molti confondono la seduzione con la negatività della manipolazione.
La prima è un’arte che si compie in due: fatale ed erotica.
La seconda appartiene al lato oscuro di chi riduce a oggetto un essere umano, che sia per smania di potere, utilità o semplicemente per sentire di poter avere un ascendente forte su qualcun altro.
Ma la seduzione è un gioco lunare, morbido e malinconico, viscerale e fecondo, doloroso e sensuale. Un tango di sguardi, un’attesa di pelle e odori. Nella consapevolezza, nel consenso, nell’attesa di un bacio alla luce dei lampioni, di notte, come solo gli amanti possono concedersi.
Ché manipolazione appartiene ai bassifondi, al degrado, alle intenzioni malevole.
Seduzione, scoperta della natura personale
Vittime delle nostre stesse pulsioni, cadiamo in ginocchio nel riconoscere particolari che sembravano non appartenerci. Desideri che noi stessi abbiamo sempre negato di provare, esperienze del tutto aliene alla consapevolezza di chi pensiamo di essere davanti allo specchio.
Ma è corretto dire ciò? Parlo del confronto a due con il proprio privato, confuso spesso con il rapporto con la moltitudine, che devia la nostra attenzione verso il socialmente accettato.
Ed è così che l’istinto è castrato, le pulsioni represse, la seduzione privata della passione che la nutre.
Impariamo a conoscerci nell’interazione con l’altro. Quanto può essere disorientante il prendere coscienza di quante privazioni ci imponiamo durante il nostro percorso di vita? Ecco perché, a volte, l’altro ci spaventa: nella sua idealizzazione mentale, riesce a scoprirci dalle lenzuola della vergogna. Ci costringe ad ammettere tutte le peccaminose umanità di cui dovremmo vestirci più spesso.
Il gioco della seduzione, ancora, potrebbe essere considerato come il rinnovamento della nostra coscienza. Conquistarci per conquistare, bruciarsi per bruciare, sedurci per sedurre. Può dimorare nella poesia, negli occhi che urlano, nelle parole che tacciono.
Sembra quasi una dolce ambrosia, che lascia la bocca riarsa di desiderio. Così, ecco proiettate nella testa tutti gli scenari possibili che potrebbero coinvolgere i due seduttori. Una passeggiata con le dita che strofinano polpastrelli caldi, le mani che annodano i capelli.
I corpi che finiscono inevitabilmente per scontrarsi.
Sedotti dalla luna, dicevo. Dal richiamo dell’alchemico erotismo.
Miriam My Caruso