Equilibrio e pace interiore. Esiste un traguardo che possa congiungere questi due elementi? La ricerca di pace è un chiodo fisso, quasi quanto il desiderio di felicità. Quella speranza di superare quello che “non è un bel periodo” e leggere sopra un muro che “il peggio è passato”.
Lo so, formuliamo un po’ tutti le stesse domande. Basta chiedere al proprio vicino di sventura, ecco che il quesito si ripete. Esiste un modo per raggiungere la pace? Abbiamo davvero bisogno di trovare un equilibrio?
Il treno sta per partire, la carrozza al magone è carica. Sono pronta a farvi vivere un viaggio poco confortevole tra le emozioni che sono mie, ma che forse qualcuno leggendole potrà riconoscerle come anche un po’ sue.
Iniziamo con il Caos.
Caos è Pace interiore
Il caos è il binario che muove la maggior parte delle nostre azioni. Parlo di quelle di noi poveri viaggiatori che sbandano per le strade della propria vita. Lontani dall’equilibrata routine in stile Perfect Days di Wenders. E a dirla tutta anche là, nonostante ci sia equilibrio, vi è sofferenza.
L’abbandono al caos, quella pozza di catrame che continua a sporcarti le gambe, farti camminare a stento, condurti a macchiare ogni ricordo o conquista.
Inconsciamente accade anche di allontanare la pace, uno spintone per volta, tra un sospiro d’ansia e una boccata di negatività, accoccolandosi nel dolce pensiero del caotico.
Perché guardare la vita attraverso un velo di Maya, convinti che possa essere tanto buia quanto inospitale, alcune volte può risultare quasi confortante. E ci si abbandona a tutti quei sentimenti che di pacifico non hanno proprio nulla, accelerando il respiro in attesa dell’esplosione.
Si sgretolano, tra le mani, amicizie, rapporti lavorativi, creatività, sogni. Ci si distrae tra le idee più disparate, perché il caos parla tanto e l’unico modo per placarlo è offrirgli in pasto altro caos. Oppure chiudere gli occhi e scappare sotto al letto. Solo che è proprio là, nel buio della propria stanza, che il disequilibrio diventa più grande e sconfortante.
Riconosci di cosa sto parlando? Se la risposta è un no, buon per te. Se, invece, è positiva, potresti trovare il vagone un po’ affollato.
Pace d’amore, odiata pace
Caotici e disequilibrati, a quale fermata dovremo fare scalo ora? Ovviamente a quella dei sentimenti.
I sentimenti più estremi possono essere la chiave di volta a una ricerca spasmodica di pace. Una scappatoia, diranno alcuni, una strage annunciata, diranno altri.
L’esperienza è soggettiva. Bisogna accettare di essere rotti. Non dobbiamo negare la bellezza del nostro aspetto, coronato da graffi e occhi gonfi di lacrime passate. Può essere un terreno comodo, abbandonarsi alle proprie pulsioni, come altresì diventare un’esperienza liberatoria.
Non si è mai pronti a provare sentimenti: sono irrazionali, non si possono controllare, sono esclusi gli schemi.
Anche qua, quindi, la pace interiore è possibile?
Già il doversi porre un filtro, presentare un problema, annienta l’essenza stessa di ciò che vorremmo sperimentare. Ne limita gli argini in modo violento e innaturale.
Amare in disequilibrio, amare nel caos. Che viaggio incredibile.
L’oltre non è un posto per chiunque.
Oblio, pulsione alla resa
Ma quella voce interna, ancora, non tace. Ricordi? Il caos dei tuoi binari. Quella che di notte stride e prende le fattezze delle peggiori ombre, nascoste dietro la lampada sul comodino. Sai, si può diventare giganti se si sfruttano i giochi di luce. Ma basterebbe premere l’interruttore per farli diventare infinitesimi.
In quella sensazione di vuoto, annichiliti dai propri fantasmi, si può rischiare di rimanere attoniti e arresi a sé stessi. Una sconfitta dopo l’altra, ogni notte. E ancora, tra le lenzuola, non perviene il sentore di pace. Basterebbe rilassare le spalle, sentire il proprio sangue nelle vene, respirare e disegnare cerchi di luce oltre le proprie pupille. Percepire il calore sui polpastrelli, accogliere quei fantasmi al nostro fianco.
Premiarsi, confortandosi e ascoltandosi, oltre la guerra nel proprio corpo.
È difficile. Lo so bene. Come lo sa altrettanto bene chi mi sta leggendo in questo istante ed è avvezzo a lasciare chiazze di acqua salata sul proprio cuscino.
Il caos, alcune volte, ha bisogno di ordine e nutrimento. Come pace necessita di osservare la tempesta scatenarsi nel proprio petto.
L’equilibrio non esiste, in realtà. Almeno non per me.
Esistono fasi di stallo, giorni in cui si sta bene e momenti pessimi. Umani, troppo umani, sempre in guerra con il mondo. Non è questa la meraviglia che fa di noi creature distinte e particolari?
Pace interiore ed equilibrio sono concetti che, per mia esperienza e opinione personale, relego a un ambito utopico, quasi da sceneggiatura. Ed è normale non trovare pace, come è normale non dover per forza inseguire una stabilità artificiale.
Sin da piccoli ce lo insegnano: per poter camminare, bisogna perdere l’equilibrio, al fine di ritrovarlo al passo successivo.
Il treno è giunto a destinazione, il viaggio termina qua. Per ora.
L’andamento è stato un po’ sgraziato, i passeggeri rumorosi e il fischio del vapore alto. Ci vediamo alla prossima stazione.
Miriam My Caruso