Voglio iniziare questo nuovo articolo precisando una cosa per nulla scontata: questa non è una recensione di Dune Parte II.
Il film è già in sala da un pezzo e molte testate giornalistiche, esperti cinematografici e influencer hanno già detto la loro in maniera molto dettagliata ed esaustiva sul nuovo capolavoro di Denis Villeneuve, uscito nelle sale il 28 febbraio di quest’anno, a distanza di tre anni dal primo capitolo di questa incredibile saga colossal sci-fi tratta dai romanzi di Frank Herbert.
È già stato detto tutto su questo film ed io non porterei nulla di nuovo se non la mia opinione personale e poco oggettiva, visto che ho avuto modo di vedere il film in anteprima per Niente Da Dire a Milano lo scorso 19 febbraio e, non contento, l’ho rivisto una seconda volta con la mia amata Persebeau: Dune Parte II mi è piaciuto molto e lo reputo all’altezza del primo, seppur abbia riscontrato problematiche molto più nette rispetto alla prima parte. Quindi, cos’altro dire su Dune Parte II che non sia stato già discusso?
In verità, una cosa c’è. E riguarda il mio personale campo di lavoro: la recitazione. Da bravo Attore Novizio quale sono, non potevo esimermi dall’analizzare le performance di tutto il gigantesco cast di Dune. E qui c’è da prendere in esame un fenomeno che accade raramente nei film di questo calibro, colmo di attori/attrici di fama internazionale: una totale recitazione corale.
Come una sola voce
Quando si parla di “recitazione corale” subito si pensa alle grandi opere della tragedia greca, dove il coro era una parte fondamentale nello sviluppo della storia: tante voci che recitano all’unisono o che declamano battute concatenate l’un l’altra in un’unica, potentissima voce. Molte volte essi interpretavano il popolo, un gruppo di fedeli, soldati o rappresentanti di una parte della società, ma era impossibile distinguere il singolo visto che tutti erano in totale simbiosi, senza che nessuno di loro prevalesse sull’altro per spezzare la sinergia.
Con Dune (Parte I e Parte II, non c’è differenza) questo tipo di recitazione assume una nuova forma, come già accaduto in passato in altre pellicole, come L’Amleto diretto e interpretato da Kenneth Branagh o Il Signore Degli Anelli di Peter Jackson, che per me è stato un grande esponente di questa tipologia di evoluzione recitativa: la performance del singolo attore è legata a doppio filo con quella dell’altro. Si eleva una grande ed unica voce composta dalle doti attoriali di tutti, non di un singolo o di un paio di membri del cast.
In Dune si sente la potenza della recitazione costruita in ogni singola scena che i personaggi portano sullo schermo. Il pubblico non si ricorderà soltanto del protagonista o dei comprimari principali, ma di ogni singolo volto e voce che vedrà ed ascolterà in quel film, senza alcuna distinzione, come fosse un solo, singolo attore. Questa costruzione paritaria e memorabile rende la recitazione di Dune impossibile da dimenticare, a prescindere da qualsiasi motivazione vi abbia spinto ad andare a vederlo e da quello che vi ha lasciato, in positivo e in negativo.
Una fusione basata sulla fiducia
Ma come ci si arriva ad una simile recitazione, senza che nessuno rimanga indietro e venga rimosso dai ricordi dello spettatore? Come possono tanti attori di grosso calibro, abituati a riempire le sale con soltanto il loro nome scritto sulla locandina, adeguare la loro potente ed istrionica tecnica recitativa al servizio della coralità?
La risposta è sia semplice che tremendamente difficile da portare in scena: avere fiducia. Innanzitutto nelle loro doti e in quelle dei loro compagni d’avventura, con cui condividono il percorso che verrà costruito già dalla prima lettura della sceneggiatura. Poi, nelle direttive del regista, che infonderà sicurezza nelle sue scelte e che calibrerà ogni singola scena in maniera minuziosa senza tralasciare nulla. Infine, si deve avere fiducia nelle scintille che vanno a crearsi tra un ciak e l’altro. Scintille di pura energia che plasmano i rapporti e uniscono il tutto in una rete di emozioni e sensazioni che convergono tutte in una sola direzione: la trasformazione della fantasia in realtà.
In Dune tutto questo accade e lo si può sia vedere, sia sentire: gli sguardi glaciali o rassegnati di Timothée Chalamet, con i suoi scatti repentini e inaspettati e i silenzi che raccontano una storia nella storia; la dolcezza dei sorrisi di Zendaya, che si tramutano in feroci ringhi di collera, pronti a uccidere il proprio avversario; la gestualità e la vocalità di Javier Bardem, che si fondono con la sabbia del deserto, gli esseri mastodontici che vi vivono e i mistici segreti che nascondono; le micro espressioni e le sfumature del volto di Rebecca Ferguson, così ben inserite e precise che riesci ad avvertirle anche sotto il velo di Reverenda Madre; la follia omicida e falsamente onorevole nella camminata di Austin Butler, un Feyd-Rautha Harkonnen inquietante e sanguigno.
E non ci si dimentica nemmeno della fisicità di Dave Bautista, il desiderio di vendetta di Josh Brolin, l’austerità di Charlotte Rampling, il sorriso disgustoso e gonfio di crudeltà di Stellan Skarsgard… Persino i ruoli minori di Lea Seydoux, Florence Pugh, Soheila Yacoub e Christopher Walken hanno lasciato il segno in questo film, contribuendo alla ramificazione di questa recitazione così intrecciata, supervisionata attentamente dal talento di Villeneuve che li ha saputi condurre all’unisono senza lasciare indietro nessuno.
Ogni battuta, ogni volto, ogni incrocio di sguardi e colpo di lama è memorabile per il pubblico, niente viene dimenticato. Anche la più piccola comparsa ha il suo momento di gloria, rappresentato al meglio da questa fusione recitativa in cui tutti emergono, distinti ma uniti.
Il mio Dune
È diventato abbastanza difficile trovare film con questa incredibile coralità recitativa, in un periodo cinematografico in cui si costruiscono film sulla base di un’unica performance attoriale, come il recente Maestro di Bradley Cooper o anche Black Mass di Scott Cooper, in cui le capacità recitative di Bradley Cooper e Johnny Depp oscurano completamente le prove degli altri membri del cast, rendendo il film scarno e insipido se due personaggi così ben recitati vengono a mancare, come un dolce che non ha minimamente sapore senza il suo gustoso ripieno.
In Dune questo non succede, perché è tutto perfettamente omogeneo ed equilibrato. La storia è raccontata da ogni singolo personaggio e i loro interpreti lasciano un’impronta indelebile sulla sabbia del tempo. Una realizzazione attoriale che difficilmente verrà dimenticata dagli appassionati di recitazione, perché essa verrà usata come studio ed analisi di una buona fusione tra cast. Come fu per i suoi famosi predecessori e come spero sia anche in futuro.
Questo era quello che mi premeva raccontarvi di Dune Parte II più di ogni altro aspetto che non sia già stato commentato, analizzato e scritto.
Questo, novizi e novizie, è il mio Dune.
Attore Novizio al vostro servizio!